Un milione di sud sudanesi trova rifugio in Uganda
Urgente finanziare una crisi migratoria gravissima, di fronte alla quale l’Uganda potrebbe arrendersi: solo il 17% dei 673 milioni di dollari richiesti quest’anno dall’ONU è arrivato nel paese

Mentre l’Europa, continua a perseguire politiche di chiusura di porti e frontiere anche di fronte a uomini, donne e bambini in fuga da persecuzioni, guerra e fame, l’Uganda - uno dei paesi più poveri del mondo - ha aperto le porte a 1 milione di profughi in fuga dall’atroce conflitto in Sud Sudan.
Un annuncio, dato oggi dall’UNHCR, che dovrebbe far riflettere, perché l’Uganda è tra i paesi ospitanti quello che riceve meno aiuti dalla comunità internazionale, pur accogliendo rifugiati da Repubblica Democratica del Congo, Burundi e Repubblica Centrafricana, oltre che dal Sud Sudan.
Dei 673 milioni di dollari richiesti dall’ONU quest’anno - per far fronte alla crisi dei rifugiati sud sudanesi - ne sono arrivati per adesso solo il 17%. Mentre l’appello per 2 miliardi di dollari lanciato dal governo ugandese al recente Refugee Solidarity Summit - per far fronte ai bisogni primari di tutti i profughi a cui sta offrendo asilo - è stato finanziato per meno di un quarto.

In Sud Sudan, la sanguinosa guerra esplosa nel 2013 ha causato quasi 2 milioni di sfollati interni, circa 1 persona su 3. Mentre del milione di persone che hanno trovato rifugio in Uganda, l'86% sono donne e bambini cha hanno bisogno di aiuti immediati per non restare senza cibo e beni di prima necessità, così come di protezione dal rischio di violenza e abusi.
Insomma un intero popolo di profughi, il terzo più numeroso al mondo, di fronte a cui i paesi donatori, in primis, devono stanziare i fondi necessari a garantire un sostegno immediato ed efficace nel medio periodo. Anche se tutto questo non basterà.
Fin tanto che infatti non verrà trovata una soluzione politica per porre fine al brutale conflitto in corso in Sud Sudan, la popolazione sarà costretta a continuare a scappare.
Oxfam ha lanciato oggi un appello urgente perché i donatori internazionali stanzino i fondi necessari a far fronte all’emergenza in corso, e i paesi confinanti e la comunità internazionale rispettino gli impegni assunti per indurre i partiti in lotta in Sud Sudan a sedersi al tavolo dei negoziati, con l’obiettivo di riportare la pace in un paese devastato da anni di conflitto.
Se questo non avverrà al più presto la popolazione sud sudanese non potrà fare ritorno alle proprie case e sarà costretta a dipendere sempre di più dagli aiuti umanitari all’estero. Già in 6 milioni ne dipendono dentro e fuori dal paese.
Mentre nel dibattito pubblico e politico si continua a parlare della necessità di aiutare migranti e rifugiati nei paesi di origine, ci si dovrebbe per prima cosa chiedere cosa stiano facendo - o meglio non stiano facendo - la comunità internazionale e l’Europa, per garantire una vita dignitosa e in pace, in quelle aree del mondo da cui in moltissimi sono costretti a scappare. Decidendo di affrontare – laddove le forze e qualche risorsa economica lo consentano – viaggi lunghissimi e pericolosi per raggiungere le coste del nostro continente.
Non sarà certo spingendo le frontiere più in là, che potremo garantirci un mondo sicuro, fatto di diritti e dignità per le persone. Impedire il transito nei paesi africani, chiudere le rotte verso l’Europa costringerà solo a cercare nuove vie di fuga, forse ancora più mortali e infestate di trafficanti.
La campagna di Oxfam #StandAsOne chiede che siano garantiti la sicurezza e diritti delle persone che fuggono da guerra e povertà.
La risposta di Oxfam in Sud Sudan
Oxfam lavora in Sud Sudan per distribuire cibo, acqua e kit igienico-sanitari. Da febbraio sono stati forniti aiuti alimentari d’emergenza a oltre 415.000 persone. Si può sostenere la risposta di Oxfam nel Paese si può andare su https://www.oxfamitalia.org/savinglives/
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it