Il disegno di Salvini sui migranti tradisce lo spirito della Costituzione

Il nuovo provvedimento alimenta il “conflitto sociale” e potenzia il sistema dell’emergenza permanente, impedendo la vera integrazione. Anche Oxfam in piazza a Roma il 10 novembre per dire “no” a tutto questo

migranti salvini
Foto: Francesco Fotia / AGF 
 Matteo Salvini

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha definito “storica” la giornata del 7 novembre. Per una volta, siamo d’accordo con lui: passerà alla storia come il giorno in cui il sistema di asilo italiano è stato stravolto, contraddicendo palesemente lo spirito della Costituzione. 

Da un lato, la conversione in legge del Decreto Immigrazione e Sicurezza, attraverso l’imposizione del voto di fiducia in Senato. Dall’altro, la presentazione delle Linee Guida per i nuovi bandi per i Centri di Accoglienza Straordinaria.  Due provvedimenti di natura diversa ma con le stesse finalità, che vanno letti insieme come l’espressione di un unico progetto.

Ecco le prime e più gravi conseguenze

Innanzi tutto viene aumentato artificialmente - attraverso la cancellazione dell’istituto della protezione umanitaria- il numero di migranti irregolari, che saranno esclusi per questo da qualunque forma di accoglienza e partecipazione alla vita della comunità.  In secondo luogoverranno puniti i più vulnerabili- che non avranno accesso a forme di protezione sociale anche minima - mentre verranno gonfiate le presenze nei grandi centri di accoglienza (quelli che contano centinaia di ospiti), in cui però non saranno previsti servizi volti ad integrare e far contribuire queste persone al benessere delle comunità.

Un disegno preciso quindi, che avrà l’effetto di renderle sempre più irregolari, vulnerabili, escluse, in modo che la loro presenza aumenti quel senso di emergenza e allarme sociale che evidentemente, rileviamo, il “Governo del cambiamento” non è interessato a ridurre, bensì ad acuire.

Un passo indietro di vent’anni

L’abolizione della protezione umanitaria, istituita nel nostro ordinamento 20 anni fa e prevista, pur se in forme diverse, in quasi tutti i paesi europei, appare innanzitutto una barbarie dal punto di vista etico. Come il suo nome fa facilmente intuire anche ai non esperti, infatti, si tratta di una forma di protezione riconosciuta principalmente a persone in condizioni di grave vulnerabilità: minorenni e donne che viaggiano soli, persone con fragilità psichiche anche in seguito a traumi recenti, genitori soli con figli piccoli, ecc…Il fatto che venga frequentemente riconosciuta dalle Commissioni Territoriali dovrebbe far sorgere almeno qualche dubbio, all’interno del Governo, sulle condizioni semplicemente disumane che hanno caratterizzato il viaggio dei migranti arrivati in Italia e la loro permanenza in Libia e che Oxfam ha denunciato più volte negli ultimi anni.

I permessi di soggiorno che possono essere ottenuti in sostituzione di quello umanitario non coprono che una casistica residuale e prevedono in molti casi una presenza temporanea nel nostro paese. In parole povere, non saranno rilasciati a moltissime persone vulnerabili che ne avrebbero diritto, e scadranno presto, senza poter essere convertiti in permessi di studio o lavoro, riconsegnando perciò le vittime di questo circolo vizioso, a una condizione di irregolarità.

Standard in caduta libera nell’accoglienza 

Il nuovo disegno di legge impone inoltre ai richiedenti asilo la permanenza nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), rendendo per loro impossibile l’accesso al sistema SPRAR, che consente un livello di accoglienza e integrazione di per sé più efficace. Già questo basterebbe ad allarmare chi da tempo rivendica il ruolo di un sistema di accoglienza unico su tutto il territorio nazionale. Posizione che, fino a poche settimane fa, sembrava condivisa anche dal Ministro Salvini, quando scriveva che gli SPRAR sono “un ponte necessario per l’inclusione”. Ma quello che appare ancora più assurdo è che gli standard dei CAS – che da ora saranno per legge, e non solo per prassi, il perno del sistema di accoglienza italiano -vengono drasticamente abbassati, invece che alzati. Si dice che in questo modo sia finita “la mangiatoia” di chi speculava sull’accoglienza. Peccato che quello che ha consentito malversazioni ignobili in questo settore non sia stata certo la cifra pro-capite riconosciuta finora (i famosi 35 euro, in realtà appena sufficienti se utilizzati per garantire, oltre a vitto e alloggio, i servizi necessari all’inserimento dei ragazzi nelle comunità locali), ma proprio l’assenza di requisiti e di servizi minimi da offrire in molti bandi gestiti dalle Prefetture.  

Chi risponderà ai bandi per l’accoglienza?

Eliminare i servizi per l’integrazione dai centri per i richiedenti asilo non servirà certo a tenere lontani gli approfittatori, anzi: provocherà una naturale selezione al ribasso degli enti gestori, perché chi è interessato a svolgere un lavoro sociale di qualità, e non a gestire dormitori, non risponderà ai bandi, lasciando il campo a chi nell’accoglienza vede solo un profitto. Dall’altra parte, l’impossibilità di erogare questi servizi contribuirà a indebolire, separare e rendere sempre più subalterni proprio quei migranti di cui la nostra economia ha disperato bisogno per continuare a crescere e a garantire i servizi di welfare a una popolazione in costante invecchiamento.

Sappiamo infatti che pochissimi dei richiedenti asilo che non otterranno una forma di protezione lasceranno effettivamente il nostro paese: in moltissimi casi, non è tecnicamente possibile, e nemmeno sensato, visto che magari si tratta di persone che, durante il periodo in accoglienza, hanno trovato un lavoro e potrebbero mantenerlo.  E sappiamo ancora meglio che l’integrazione, a partire dall’apprendimento della lingua e delle competenze sociali, non si può certo fare in sei mesi (il tempo che i rifugiati, ottenuta una forma di protezione, potranno finalmente trascorrere nello SPRAR). Come potranno lavorare e integrarsi queste persone, parlando un italiano scadente e dopo aver trascorso un anno o due in totale inattività?

Obbligati a non fare niente

Perché di fronte a questo scenario una domanda sorge spontanea. Che faranno i richiedenti asilo nei CAS, ora che non potranno studiare l’italiano, frequentare corsi di formazione, o rendersi socialmente utili?

La risposta è semplice: non faranno niente, passeranno la giornata in strada o nei parchi, alimentando nelle persone la percezione dell’invasione e del parassitismo sociale.  Una percezione che, guarda caso, ha fatto in Italia e Europa la fortuna elettorale della Lega e delle altre forze “sovraniste”.  Oppure ingrosseranno le fila dei lavoratori in nero: la criminalità organizzata, che gestisce le tante economie sommerse del nostro paese, ringrazia. Che tutto questo avvenga con un decreto disegnato in nome della sicurezza dei cittadini italiani e del rispetto delle regole pare quindi quantomeno paradossale. Ma la colpa sarà data ancora una volta all’Europa egoista, alla Francia che respinge i migranti, ai governi precedenti, ai “buonisti” che si sono spesi per salvare vite nel Mediterraneo. A farne le spese, poi, saranno principalmente i sindaci, che infatti ormai numerosissimi si stanno dissociando dalle politiche migratorie del Governo e chiedono, invano, di essere convocati al Ministero per far sentire le loro ragioni. 

Migliaia di posti lavoro persi

Chi sa se il Governo vorrà, infine, prendersi la responsabilità delle migliaia dei posti di lavoro che si perderanno, e non certo perché non più utili: giovani che operano ora nel sistema di accoglienza come insegnanti di italiano, operatori sociali e legali, psicologi, formatori, animatori. OxfamItalia lo ha detto in molte sedi: sono le associazioni e le cooperative che lavorano nell’accoglienza con professionalità le prime a volere una riforma del sistema, per superarne la frammentazione ed eliminare le cooperative improvvisate, senza esperienza, senza qualifiche. Peccato che il Governo, con questi provvedimenti, intervenga proprio nella direzione opposta.

In piazza per dire “no” a questa deriva

Per tutti questi motivi Oxfam scenderà in piazza sabato 10 novembre, insieme a centinaia di altre realtà, per la manifestazione #Indivisibili: per dire no al razzismo, all’imbarbarimento del clima politico e sociale, a leggi come questa che calpestano i diritti umani e la convivenza civile. E per questo sosteniamo le iniziative della società civile per un sistema che tuteli i diritti delle persone che migrano, sostenendo la campagna Welcoming Europe per un diverso modello di accoglienza, e la modifica di alcune norme che garantiscano, davvero,  una società davvero più sicura per tutti.

 



Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it