Sorpresa: siamo un popolo di poeti, naviganti e fact-checkers

Nelle statistiche europee, dall’economia all’occupazione, finiamo sempre per occupare gli ultimi posti. E’ giusto dunque rallegrarci per una ricerca che, una volta tanto, ci vede al comando.

Sorpresa: siamo un popolo di poeti, naviganti e fact-checkers

Le classifiche non sono il nostro forte. Nelle statistiche europee, dall’economia all’occupazione, finiamo sempre per occupare gli ultimi posti. Non che la cosa ci deprima, ma, insomma, ammettiamolo, piacere non fa. E’ giusto dunque rallegrarci per una ricerca che, una volta tanto, ci vede al comando. Ed è un primo posto inaspettato perché riguarda la capacità di identificare le fake news. Insomma, le balle che circolano in rete e sui media.

Lo studio, condotto dalle università di Oxford e del Michigan, ha coinvolto 14.000 utenti internet di sette paesi: Italia, Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. Bene, non l’avreste mai detto, e neanche io: gli utenti italiani sono emersi come i più attenti e preparati nella verifica delle fake news. Se non abbiamo barato nelle risposte, non possiamo che rallegrarcene.

Due i fattori messi in evidenza dai ricercatori che hanno condotto il sondaggio:
1. Siamo il popolo che ha il maggiore livello di fiducia in internet;
2. Siamo i più diligenti nel cercare di smascherare le bufale utilizzando gli strumenti di verifica offerti dalla rete.

Che fossimo un popolo di fact-checkers è tanto inaspettato da rappresentare davvero una notizia. E pure buona. Ma, al di là dei nostri meriti, la ricerca - come sottolinea uno degli autori, Grant Blank, a “The Local” - ha messo in luce che le notizie ingannevoli in circolazione non siano un problema così diverso o maggiore di quanto non lo sia stato in passato.

Ma torniamo all’Italia. Dal sondaggio emerge che da noi gli utenti di internet dedicano più tempo al fact-checking e alla verifica delle fonti di quanto non si faccia mediamente negli altri paesi presi in esame. Per l’esattezza il 61% farebbe verifiche su quello che legge in rete, precedendo gli spagnoli, che si attestano sul 58%, e tutti gli altri paesi fino al 35,3% della Germania. Quanto ai media, internet risulta la nostra prima fonte di informazione politica, seguita da televisione, radio e quotidiani.

Da dove nasce questa diffidenza che si trasforma in controllo delle fonti? E perché gli italiani mostrano maggiore fiducia nelle notizie sul web che in quelle diffuse dai media tradizionali? I ricercatori azzardano una risposta che vedrebbe lo scetticismo italiano verso i media tradizionali essenzialmente legato alla “forte partigianeria” e ai legami tra media e partiti politici. Difficile dar loro torto. A forza di confondere le opinioni con le notizie, le une e le altre hanno perso autorevolezza e rilevanza. Se è un gioco di tutti contro tutti, a discapito del racconto del reale, dei fatti e della verità, allora diventa tutto buono e si può credere a tutto o a niente a seconda delle proprie convinzioni o convenienze. “La diffidenza verso i media tradizionali – spiegano i ricercatori – potrebbe essere connessa anche all’ambiente politico italiano, non molto stabile e caratterizzato da frequenti fenomeni di corruzione”.

Lo studio spiega anche come questo particolare contesto di fiducia nella rete e relativa sfiducia nei media tradizionali possa rivelarsi un elemento facilitatore per nuove forze politiche, come nel caso del MoVimento 5 Stelle. Non è un caso, dunque, che Beppe Grillo faccia dell’attacco alla credibilità dei media tradizionali un suo cavallo di battaglia, e affidi la comunicazione principalmente al suo blog.

Dunque, smettiamo di lamentarci e piangerci addosso. Almeno nel campo delle fake news non siamo dietro agli altri Paesi che normalmente ci sopravanzano in molti settori. Dai risultati dello studio - ammette Blank -  emerge un’immagine positiva dell’interazione degli italiani con i new media. “Ciò mostra che le persone si assumono le proprie responsabilità seriamente”. Almeno quando si tratta di news. Il che non è poco.