Giornalismo, ecco dove cerchiamo le news

Giornalismo, ecco dove cerchiamo le news

Nel 2004 Philip Meyer, giornalista e professore all’università del North Carolina, scrisse un fortunato saggio: “The Vanishing Newspaper: Saving Journalism in the Information Age” (University of Missouri Press). Usando gli strumenti del data journalism, del quale è considerato un antesignano, Meyer arrivava a sostenere che l’ultima copia di un giornale sarebbe stata stampata nel 2043. Allora l’affermazione suscitò un ampio dibattito fra gli addetti ai lavori. La circolazione di copie e i ricavi pubblicitari non andavano ancora così male. Tutt’altro. In molti, giornalisti e studiosi dell’informazione, si affrettarono a ribattere che la previsione di Meyer era alquanto pessimista.

Le cose sono assai cambiate da allora. Anzi, sono quasi precipitate. Se ancora vi fossero dubbi su come leggeremo le news nei prossimi anni, si può trovare una risposta nell’interessante ricerca del Reuters Insitute for the Study of Journalism. E la risposta, diciamolo subito, è: online e dalla televisione.  Sono questi i media che, più di ogni altro, si dimostrano in grado di influenzare l’opinione pubblica, e quindi gli orientamenti politici, nell’attuale ecosistema dell’informazione.

Dall’analisi, che abbraccia un arco temporale di 4 anni, dal 2013 al 2016, e prende in esame i comportamenti del pubblico britannico, emerge che anche la televisione, fino ad oggi quella che sembra aver subito meno l’impatto dei nuovi media, sta cedendo quote di mercato a favore di questi ultimi, tanto che nel 2016 si è registrato il sorpasso dall’informazione online rispetto al piccolo schermo.

Dal 2013 si registra un declino della carta stampata che è scesa dal 60 per cento a sotto il 40 per cento nelle abitudini dei cittadini del Regno Unito. Una perdita di circolazione e rilevanza che ha portato i quotidiani di informazione a condividere la stessa posizione dei social media. Quest’ultimi, insieme alle testate online, sono invece diventati la principale fonte di informazione, superando la televisione, come si è detto, e attestandosi poco sotto l’80%.

Come sottolinea Rasmus Kleis Nielsen, direttore di ricerca al Reuters Institute, lo slittamento delle abitudini di lettura delle news dai media tradizionali ai nuovi media digitali è ancora più evidente se si prendono in considerazione le fasce di età. Una dieta mediatica nutrita essenzialmente da fonti online è ormai saldamente attestata negli under 45. Se consideriamo poi che tra gli under 25 i social media sono già più popolari della televisione, non dovrebbe essere difficile dedurne che i calcoli di Philip Meyer sul declino dell’informazione stampata possono essere oggi considerati perfino ottimistici.