Così abbiamo stravolto il 22% delle aree abitabili della Terra
Le mappe pubblicate dall’Università dell’Ohio mostrano alcuni cambiamenti importanti della superficie terrestre provocati dall’uomo. E spiegano anche le carovane dei migranti in viaggio verso gli Stati Uniti

Ci sono mappe che spiegano più di qualunque altra cosa perché interi popoli decidono di spostarsi, abbandonando le loro terre natie. Poche settimane fa, l’Università dell’Ohio ha pubblicato un nuovo lavoro ricavato da alcune foto satellitari ad alta definizione scattate dal 1992 in poi. Sono immagini, raccolte soprattutto dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che raccontano come le attività artificiali abbiano modificato in maniera sostanziale il 22% delle aree abitabili della Terra.
La deforestazione del Guatemala e dell’Honduras
Secondo Tomasz Stepinski, uno dei curatori del progetto, l’azione delle attività umane ha portato a una lenta trasformazione di alcuni territori dell’America centrale, come quelli del Guatemala o dell’Honduras. L’eliminazione di intere sezioni di foreste e boschi, alla continua ricerca di scorte di legname e carburante, ha determinato un impoverimento delle risorse e delle opportunità per le popolazioni locali costrette, infine, ad emigrare verso lidi migliori. Le carovane di migranti in marcia verso gli Stati Uniti sarebbero un esempio lampante di questa metamorfosi.

Tutti gli altri effetti
La deforestazione e la riforestazione non sono le uniche informazioni che queste mappe forniscono. Osservando il lavoro dei ricercatori dell’università americana, pubblicato sull'International Journal of Applied Earth Observation and Geoinformation, appaiono evidenti diversi cambiamenti. Ci sono quelli relativi all’aumento delle regioni destinate ad uso agricolo, quelli sull’ingrandimento delle zone urbane, sull’avanzamento dei territori desertici e sulla riduzione delle fonti d’acqua dolce.
Fenomeni che appaiono, tutti insieme, davanti agli occhi del lettore che in questo modo può avere maggiormente coscienza della velocità con cui l’uomo sta modificando irreversibilmente ciò che lo circonda: "Sapevamo già della deforestazione, della perdita di molte zone paludose o della crescente urbanizzazione. Ma ora possiamo vedere esattamente dove sta accadendo tutto questo”.
I cambiamenti principali
Le mappe, a quanto raccontano i ricercatori, confermano alcune tendenze già denunciate in passato. Dalla consistente perdita dei polmoni verdi dell’Amazzonia all’avanzamento, inesorabile, del deserto del Sahara in Africa; dalla diffusione sempre meno controllata dell’urbanizzazione in Europa, In Cina e nell’America del Nord alla scomparsa del Lago d’Aral, tra Uzbekistan e Kazakistan. Per Stepinski non è un’affare da poco: “Parliamo di un grande lago salato alimentato da due fiumi. L’uomo ha deviato l'acqua per favorire le coltivazioni di cotone e il mare si è prosciugato. Oggi si vedono solo enormi barche ferme in mezzo ai campi”.
La ricerca, insomma, solleva importanti problemi da risolvere che rischiano, vista l’inarrestabile crescita della popolazione mondiale, di peggiorare ancora. E anche se quelli evidenziati “non sono campanelli d’allarme nuovi” non è un buon motivo per continuare a ignorarli.
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