Crolla il muro di omertà su Cucchi. Ma la strada per la verità è ancora lunga

Conoscendo la serietà e la disciplina che regna nell’Arma dei carabinieri, come ha potuto un fatto così grave essere stato nascosto, con l'occultamento di documenti ufficiali di denuncia, senza che gli organi superiori ne sapessero nulla?

Crolla il muro di omertà su Cucchi. Ma la strada per la verità è ancora lunga

Il muro di omertà che fino a poco tempo fa aveva impedito l’accertamento della verità sulle cause che provocarono la morte del giovane geometra Stefano Cucchi si sta sgretolando colpo su colpo, udienza su udienza. Fino ad arrivare alla confessione del carabiniere Francesco Tedesco (accusato insieme ad altri due militari dell’Arma di concorso in omicidio preterintenzionale). Ieri in aula davanti ai giudici della Corte di Assise, il pm Giovanni Musarò ha letto il verbale dell’interrogatorio durante il quale Tedesco, ‘vuota il sacco’ o meglio svuota la coscienza da quel peso che si portava dietro da ben 9 lunghi anni e accusa i suoi due colleghi coimputati, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, di aver sottoposto il giovane (arrestato per lo spaccio di poche bustine di hashish) a un vero pestaggio selvaggio "con calci, pugni e schiaffi", continuati anche dopo la sua caduta in terra. Tedesco, insieme a Di Bernardo e D’Alessandro, è accusato di concorso nell’omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi. Altri due carabinieri si trovano sul banco degli imputati: Roberto Mandolini (accusato di calunnia e falso) e Vincenzo Nicolardi (calunnia).

Le responsabilità ancora da accertare

Premesso che la presunzione di innocenza è sempre valida fino alla condanna definitiva, nel processo sulla morte di Stefano Cucchi, la confessione resa davanti al pm da parte di uno dei carabinieri imputati di omicidio preterintenzionale rappresenta un duro colpo alla tesi difensiva degli altri militari sotto processo e apre dei nuovi inquietanti interrogativi: come è stato possibile smarrire due annotazioni che Tedesco asserisce di aver scritto all’indomani della morte di Stefano Cucchi, avvenuta una settimana dopo il pestaggio che si sarebbe verificato nella stazione dei carabinieri  di Roma Casilina? E, soprattutto, conoscendo la serietà e la disciplina che regna fin dalla sua fondazione nell’Arma dei carabinieri, come può accadere che un grave fatto, come quello di cui sarebbe rimasto vittima Stefano Cucchi, possa essere stato nascosto, occultando documenti ufficiali di denuncia, senza avere informato gli organi superiori? Ecco, credo che il lavoro che sta affrontando la procura di Roma, non si fermerà esclusivamente con il processo sulla morte del giovane geometra. Penso che le fatiche e i dolori di Ilaria Cucchi non siano ancora terminati. La strada giudiziaria per accertare tutte le responsabilità che si celano dietro la morte di Stefano Cucchi è ancora molto lunga e lo dimostra la nuova notizia di oggi: la Procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo che vede indagati altri 4 carabinieri per falso ideologico e soppressione di documento pubblico.

Caro ministro, le parole pesano

È superfluo, ma lo voglio comunque scrivere, tutta la mia stima, solidarietà e vicinanza a Ilaria Cucchi che in tutti questi anni non si è mai arresa; tutta la mia stima al carabiniere Riccardo Casamassima che per primo denunciò i misteri che circondavano l’arresto di Stefano Cucchi e di quanto sarebbe accaduto nella stazione di Roma Casilina. E infine un consiglio alla politica, in questo caso al ministro dell’Interno Matteo Salvini: prima di lasciarsi andare a commenti a caldo (mi riferisco all’estate appena conclusasi, quando criticando la pubblicazione su FB da parte di Ilaria Cucchi della foto del carabiniere Tedesco ritratto al mare replicò: “È un post che mi fa schifo. Mi ricorda tanto il documento contro il commissario Calabresi", "Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma mi fa schifo", "si dovrebbe vergognare") dovrebbe soppesare le parole e vagliare bene i fatti. Perché, signor ministro, le parole a volte sono come massi che feriscono chi le riceve, e che creano risentimenti e indignazione. In questi casi, invece, bisogna misurare le parole e quindi comprenda la replica di Ilaria Cucchi al suo invito a recarsi al Viminale: "Il giorno in cui il Ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio". 



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