Intercettazioni: diritto di cronaca a rischio? Forse no
Mandare in carcere il giornalista che pubblica intercettazioni ritenute irrilevanti dal pm è un provvedimento a dir poco esagerato. Ma forse una certa autocritica da parte della nostra categoria non sarebbe male

Giro di vite sulla libertà di stampa. E ancora: "Le nuove norme sono un limite al giornalismo d'inchiesta". I giornalisti rischiano fino a 3 anni di reclusione. Fnsi e Ordine nazionale dei giornalisti insorgono contro il decreto sulle intercettazioni approvato nei giorni scorsi dal Governo e ora all'esame delle commissioni giustizia di Camera e Senato.
"In questo provvedimento è come se ci fosse un'equazione secondo la quale deve avere rilevanza pubblica, e quindi essere pubblicabile, solo ciò che ha rilevanza penale. Ma così non è: ci sono notizie di rilevanza pubblica e di interesse generale che possono non avere rilevanza penale", ha dichiarato recentemente il segretario nazionale della Fnsi Raffaele Lorusso. Certo - sempre se il decreto venisse approvato senza modifiche da Camera e Senato - mandare in carcere il giornalista che pubblica delle intercettazioni ritenute irrilevanti dal pm titolare dell'indagine (e quindi inviate in un apposito archivio segreto) è un provvedimento, a mio giudizio e non solo, a dir poco esagerato. Ma forse una certa autocritica da parte della nostra categoria non sarebbe male.
La nostra categoria ha spesso ecceduto nella ricerca dello scandalo
Non possiamo far finta di nulla, quante volte abbiamo letto su vari quotidiani e settimanali, o ascoltato in determinate trasmissioni televisive, intercettazioni 'pruriginose', scandalistiche, che erano contenute negli atti di un procedimento penale pur non contenendo fatti penalmente rilevanti. Forse se non si fosse ecceduto - anche da parte dei pm che hanno inserito quegli atti nel fascicolo del procedimento - da questo punto di vista non avremmo offerto il fianco a una gran parte della politica che non aspettava altro che togliersi di torno dei controllori scomodi.
Ma come dice il proverbio: "L'occasione fa l'uomo ladro", e quindi quando ti trovi sotto gli occhi delle notizie pruriginose o scandalistiche, anche i quotidiani più importanti non si sottraggono a quella pubblicazione. A mio giudizio, e non da oggi, il diritto di cronaca non può non tenere conto delle conseguenze che possono provocare la pubblicazione o la diffusione di determinate notizie. A Scanso equivoci lo ribadisco, non sono contrario alla pubblicazione degli atti processuali (che siano intercettazioni o verbali di interrogatorio o rapporti investigativi ecc. ecc.), ma penso che una normativa che regoli l'utilizzo delle intercettazioni ci debba essere. Spetta al pm valutare quale intercettazione sia di rilevanza penale e quindi inserirla nel fascicolo processuale.
I processi Ruby
Un esempio che vale per tutti: i processi Ruby (a Milano) e quello sulle escort di Bari. Bene, quotidiani e televisioni hanno pubblicato centinaia di atti processuali contenenti le intercettazioni delle giovani prostitute. Berlusconi nel caso di Ruby è stato assolto definitivamente dalla Cassazione, altri processi invece sono ancora in corso. Bene in questi casi la pubblicazione delle intercettazioni, alcune delle quali 'pruriginose' erano, a mio giudizio, sacrosante. Perché riguardavano precisamente la posizione dell'ex premier finito sotto inchiesta. Stesso discorso si può fare per i processi di "Mafia Capitale" e tanti altri ancora. Altro discorso se ci si trovasse di fronte a intercettazioni che non hanno nulla a che fare con la posizione dell'imputato. Con quale diritto io giornalista mi surrogo il potere di diffondere quella notizia che potrebbe provocare danni collaterali nei confronti di persone estranee alle indagini?

Sempre onde evitare che qualcuno mi etichetti come un giornalista prono al potere, ricordo che anch'io mi sono occupato di cronaca giudiziaria, andavo a caccia atti processuali, intercettazioni, verbali di interrogatorio e non erano tempi facili, parlo di Tangentopoli, mafia, terrorismo. E più volte mi sono trovato di fronte alla scelta di pubblicare o meno una determinata notizia che avrebbe potuto mettere in imbarazzo un personaggio noto che non era inquisito ma sul cui conto venivano raccontati fatti e circostanze della sua vita privata. In quei casi mi sono sempre confrontato con il direttore e di comune accordo decidevamo di non pubblicare quegli atti consapevoli che il giorno successivo altre testate le avrebbero comunque pubblicate. Autocensura? No, piuttosto deontologia professionale.
Quell'archivio ha un senso
Per questo motivo penso sia giusto che si introduca una norma che preveda un archivio segreto dove siano inseriti tutti quegli atti ritenuti penalmente non rilevanti; se un domani dovessero emergere nuovi indizi quegli atti sono sempre a disposizione della magistratura e quindi possono rientrare nel fascicolo processuale.
E le notizie di "rilevanza pubblica e di interesse generale" - come ricorda il segretario della Fnsi - contenute negli atti di un'inchiesta e considerati dal pm non di rilevanza penale? Bene, se mi dovessi imbattere in una situazione del genere certo non chiuderei gli occhi facendo finta di non aver visto nulla. Se sono così interessanti forse andrei a cercare riscontri fuori dagli atti processuali, in modo da ottenere lo stesso risultato assumendomi però direttamente la responsabilità di quanto scritto senza nascondermi dietro (in questo caso) l'alibi di aver esercitato il diritto di cronaca pubblicando degli atti di un'indagine, perché quegli atti sono stati considerati dal pm penalmente non rilevanti e quindi dovrebbero rimanere fuori dal processo proprio per evitare danni collaterali a persone che fino a prova contraria sono estranee a qualsiasi ipotesi di reato.
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