Caso Orlandi, quando Domenico Sica mi disse: "La verità si trova Oltretevere"
Una storia di segreti e depistaggi. Tante le tracce seguite, ma ancora nessuna verità

Dopo oltre 35 anni dalla loro scomparsa i misteri che circondano i casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sono destinati ancora a rimanere irrisolti. Stando infatti ai primi risultati effettuati dai periti medico-legali, lo scheletro rinvenuto il 30 ottobre scorso sotto il pavimento di una dependance della Nunziatura Apostolica, durante alcuni lavori di restauro, apparterrebbe a un uomo deceduto almeno in data antecedente il 1964 e non, come inizialmente e inspiegabilmente si era ipotizzato, a una delle due ragazze 15enni sparite nel nulla nella lontana primavera-estate del 1983 (Emanuela il 22 giugno e Mirella un mese prima, il 7 maggio).
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Sarà ora compito della magistratura dare un nome e cognome a quella persona seppellita alla Nunziatura e accertare anche le cause della morte. Insomma un altro mistero che però non ha nulla a che vedere con la scomparsa delle due giovani.
Un mistero lungo 35 anni
Ancora una volta, quindi, i famigliari delle due ragazze, che non si sono mai rassegnati, sono stati illusi di potere almeno dare una degna sepoltura a una delle loro congiunte e poter portare un fiore sulla tomba. Sono 35 anni che periodicamente si torna a parlare di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Soprattutto la scomparsa di Emanuela, figlia di un dipendente del Vaticano, per moltissimi anni venne collegata all’attentato contro Papa Wojtyla, ai Lupi Grigi di Ali Agca, il terrorista turco che sparò il 13 maggio in Piazza San Pietro ferendo gravemente il Pontefice.
Con falsi comunicati e misteriose telefonate anonime, con il ritrovamento di uno spartito musicale attribuito alla ragazza (che studiava il flauto), si era falsamente attribuita la scomparsa a un rapimento da parte dei Lupi Grigi che, in cambio della sua liberazione, chiedevano la scarcerazione di Agca. Nel corso di questi lunghi anni anche un ex giudice (ed ex parlamentare) Ferdinando Imposimato, che quando era ancora in magistratura si occupò sia della Banda della Magliana che dell’attentato al Papa, sostenne pubblicamente che Emanuela fosse viva e residente all’estero.
Dalla Banda della Magliana a Imposimato
La Banda della Magliana venne tirata in ballo dall’ex compagna di Enrico De Pedis, capo carismatico dell’organizzazione criminale ucciso a Campo de’ Fiori il 2 febbraio del 1990. La donna, interrogata dai magistrati, raccontò che Emanuela sarebbe stata tenuta prigioniera in un palazzo vicino all’ospedale San Camillo e poi uccisa. Una telefonata anonima alla trasmissione “Chi l’ha visto?” consigliava di andare a vedere nella cripta di Sant’Apollinare a Roma nella quale era stato tumulato De Pedis. La cripta venne aperta ma nessuna traccia di Emanuela venne trovata.
Per Imposimato, invece, la ragazza era stata rapita in stretta connessione all’attentato a Wojtyla: “Sì, è viva e vive in Turchia – dichiarò in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno il 30 agosto del 2011- con il suo compagno che è uno dei suoi sequestratori. Fu portata prima in Germania, poi in Francia e infine in Turchia. Ora non ha più interesse a farsi viva, la sua vita è altrove”. Ma anche questa pista non ha mai portato a nulla di concreto.
Il colloquio con Domenico Sica
E proprio in conseguenza di queste continue notizie (molte delle quali veri e propri depistaggi) che periodicamente riaccendono le speranze e il dolore dei famigliari Orlandi e De Gregori, ritengo giusto ricordare quanto mi riferì, in confidenza, Domenico Sica, il primo pubblico ministero che si occupò della scomparsa di Emanuela Orlandi. Siamo nell’estate del 1983 o 1984, non ricordo bene. All’epoca Ali Agca avvalorava l’ipotesi del sequestro della ragazza da parte dei Lupi Grigi. Quel pomeriggio di una calda estate andai a trovare Sica nel suo ufficio a Piazzale Clodio, il tribunale era praticamente deserto, e non c’era traccia neanche dei miei colleghi. Bussai alla sua porta e mi sedetti di fronte alla sua scrivania.
Non ricordo bene quale fu l’occasione per parlare della scomparsa di Emanuela, forse era stato ritrovato lo spartito musicale con degli appunti di Emanuela, o c’era stata un’ennesima telefonata anonima che faceva riferimento a particolari che solo Emanuela poteva conoscere. Fatto sta che io cercavo di capire cosa ci fosse di vero tra quelle notizie che spuntavano di punto in bianco accreditando sempre l’ipotesi del sequestro della giovane ragazza.
Fu proprio a quel punto che Sica mi stoppò e mi disse qualcosa del genere: “Luciano ascoltami, ma quello che ti dico non lo puoi scrivere, perché è solo una mia intuizione, un’ipotesi di lavoro che però non potrò mai riscontrare. Per sapere che fine ha fatto Emanuela Orlandi bisognerebbe indagare Oltretevere”. Il magistrato intendeva dire che bisognava indagare in Vaticano. Ma la Santa Sede a quanto mi risulta non ha mai concesso una rogatoria nel suo Stato e soprattutto una rogatoria che si sarebbe dovuta fare oltre 30 anni fa.
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