Per il Csm il caso Palamara è un terremoto senza precedenti

L’inchiesta sul sostituto procuratore Luca Palamara (ex presidente dell’Associazione Nazionale magistrati ed ex componente dello stesso Csm) ha minato le fondamenta del Consiglio, producendo danni gravissimi soprattutto per la credibilità del potere giudiziario

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Agf
Luca Palamara

Altro che il “verminaio” denunciato nel 1998 dall’allora vicepresidente della commissione antimafia Nichi Vendola parlando del presunto connubio tra imprenditori, criminali e magistrati messinesi. Altro che il “corvo” di Palermo (rimasto poi ignoto) che con i suoi messaggi anonimi gettava fango contro i magistrati Giovanni Falcone, Giuseppe Ayala ed altri ancora. Il caso Palamara oggi ha terremotato l’intero Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura a cui, in base all’art. 105 della Costituzione, spettano “le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i trasferimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”. E ovviamente anche la difesa dell’autonomia della magistratura.

L’inchiesta sul sostituto procuratore Luca Palamara (ex presidente dell’Associazione Nazionale magistrati ed ex componente dello stesso Csm) ha minato le fondamenta del Consiglio, producendo danni gravissimi soprattutto per la credibilità del potere giudiziario.

Secondo l’accusa, una cordata composta da magistrati, politici, imprenditori e avvocati - coinvolti o sfiorati dalle indagini – avrebbe dovuto pilotare le nomine dei capi delle procure. A cominciare da quella più ambita a livello nazionale, la Procura di Roma diretta fino a poche settimane fa da Giuseppe Pignatone, sotto la cui dirigenza sono stati scoperchiati i grandi scandali come Mafia Capitale;  ha dato un impulso determinante alle indagini sulla morte di Stefano Cucchi e la messa in stato di accusa di 8 militari appartenenti all’Arma dei carabinieri; ha inferto un duro colpo al clan Spada di Ostia e al clan Casamonica a Roma.

Ma in ballo non c’è soltanto la nomina del procuratore di Roma, a catena ci sono quelle della procura di Perugia (che sta conducendo le indagini proprio su Palamara e altri magistrati coinvolti nell’inchiesta) e altre importanti procure.

Bene, sempre secondo l’accusa, questa lobby di magistrati, avvocati, imprenditori e, probabilmente, qualche politico, si sono riuniti per orchestrare quelle nomine. A volte anche utilizzando i media (strumenti inconsapevoli?) veicolando notizie che gettavano discredito sulla gestione della Procura di Roma diretta da Pignatone e dall’aggiunto Paolo Ielo. Notizie che poi sono risultate del tutto infondate.

Fino a ieri, quando il Csm era chiamato a pronunciarsi sulle nomine dirigenziali negli uffici giudiziari, si confrontavano le correnti della magistratura che, in base ai titoli e ai requisiti dei candidati, sceglievano poi il magistrato dal destinare a quell’incarico. Certo, nelle votazioni influivano anche i voti dei laici. Infatti l’organigramma del Consiglio è così composto:

·        il Presidente della Repubblica, che ne è membro di diritto, in ragione della funzione svolta, e lo presiede

·        il Primo Presidente della Corte di Cassazione, che ne è membro di diritto, in ragione della funzione svolta

·        il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che ne è membro di diritto, in ragione della funzione svolta

·        16 magistrati, di cui 2 che esercitano funzioni di legittimità, 10 che esercitano funzioni giudicanti di merito, 4 che esercitano funzioni requirenti di merito

·        8 professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione (sono i cosiddetti ‘laici’ che vengono nominati dal Parlamento). Il vicepresidente del Csm è eletto dal Plenum di Palazzo dei Marescialli.

Bene, fino a prima del caso Palamara, il Csm non era mai stato coinvolto in vicende giudiziarie. Oggi invece il consiglio è decapitato: lunedì scorso si era dimesso Luigi Spina di Unicost, poi si sono autosospesi Antonio Lepre e Corrado Cartoni di Mi e a seguire la stessa scelta l’hanno fatta Gianluigi Morlini di Unicost (presidente della commissione che nomina i capi degli uffici, quindi anche Roma e Perugia), e Paolo Criscuoli di Magistratura indipendente. Dimissioni che per l’Anm non sono sufficienti, avrebbero auspicato le dimissioni. Un terremoto che ancora non si sa se è terminato o se avrà ancora altre scosse di assestamento. In questo caso il Csm potrebbe sciogliersi e quindi tornare nuovamente alle elezioni. 



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