di Cristina Pacciani
Parte da Sarno il racconto del rapporto sul dissesto idrogeologico che nsieme al Sottosegretario, Salvatore Miccillo e al Presidente di Ispra Stefano Laporta abbiamo presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 25 luglio. Parte da Sarno perchè quello che accade nella piccola cittadina campana ormai venti anni fa è emblematico di quanto sta avvenendo su scala nazionale. Se da un lato sappiamo di vivere un territorio molto particolare - due terzi delle frane europee sono segnalate in Italia - stiamo osservando un incremento nell’utilizzo del suolo che rischia di far lievitare, nel corso degli anni la quantità di edifici a rischio. Un po’ quello che è successo a Sarno tra il 1959 e il 1998 l’anno delle terribili colate di fango che distrusse gran parte dell’abitato e uccise 259 persone.
Il 5 e 6 maggio 1998 nei comuni di Sarno, Siano e Bracigliano (SA) e Quindici (AV) si innescarono 40 colate rapide di fango causando 159 vittime, 178 abitazioni distrutte, oltre 450 abitazioni danneggiate.
Gran parte delle zone del comune di Sarno, colpite nell’evento del 1998, negli anni ’50 non erano edificate, come si evince della cartografia storica dell’Istituto Geografico Militare del 1956.
Nel periodo tra il 1956 e il 1998 si è avuto un incremento dell’urbanizzato di circa il 500%, andando ad occupare anche le aree ad elevata pericolosità ubicate in prossimità dello sbocco dei valloni che nel solo Ottocento erano state interessate da più di quindici eventi analoghi di colate rapide di fango (es. 1837, 1884, 1893, 1895). Sovrapponendo lo scenario d’evento del 1998 all’edificato del 1956 e del 1998, il rischio da frana risulta aumentato del 900%.
L’evento tragico di Sarno, che ha rappresentato un esempio negativo della perdita della memoria storica e della non corretta pianificazione territoriale, ha determinato, con l’emanazione del Decreto Legge n. 180/1998 (cosiddetto Decreto Sarno, convertito nella L. 267/1998), un’accelerazione all’individuazione, perimetrazione e classificazione delle aree a pericolosità e rischio idrogeologico per frane e alluvioni, all’adozione dei Piani stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) e delle misure di salvaguardia con vincoli e regolamentazioni d'uso del territorio.
Per rendersi conto di quanto sia importante questo tipo di attività occorre guardare ai numeri del dissesto idrogeologico in Italia: nel 2017 è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. Aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (+4%); tali incrementi sono legati a un miglioramento del quadro conoscitivo effettuato dalle Autorità di Bacino Distrettuali con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi o di eventi alluvionali recenti. Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio.
Complessivamente, sono oltre 7 milioni le persone che risiedono nei territori vulnerabili: oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (PAI - Piani di Assetto Idrogeologico) e più di 6 in zone a pericolosità idraulica nello scenario medio (ovvero alluvionabili per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni). I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.
Le industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83 mila, con oltre 217 mila addetti esposti a rischio. Il numero maggiore di edifici a rischio si trova in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Al pericolo inondazione, sempre nello scenario medio, si trovano invece esposte ben 600 mila unità locali di impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori, in particolare nelle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria dove il rischio è maggiore.
Minacciato anche il patrimonio culturale italiano. I dati dell’ISPRA individuano nelle aree franabili quasi 38 mila beni culturali, dei quali oltre 11 mila ubicati in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre sfiorano i 40 mila i monumenti a rischio inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi; di questi più di 31 mila si trovano in zone potenzialmente allagabili anche nello scenario a media probabilità. Per la salvaguardia dei Beni Culturali, è importante stimare il rischio anche per lo scenario meno probabile, tenuto conto che, in caso di evento, i danni prodotti al patrimonio culturale sarebbero inestimabili e irreversibili.
I comuni a rischio idrogeologico: in nove Regioni (Valle D'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria) abbiamo il 100% dei comuni è a rischio. L'Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%.