Una fotografia completa dello stato di salute dell’ambiente in Italia, che ritrae temi di interesse e di attualità per il cittadino e per il decisore politico, con un occhio anche alla situazione europea. Si tratta dell’Annuario ISPRA dei dati ambientali, che nella sua XV edizione si arricchisce del primo rapporto Ambiente di Sistema con dati e situazioni rappresentate a livello regionale. Biodiversità, Clima: stato e cambiamenti, Inquinamento atmosferico, Indice pollinico allergenico, Qualità delle acque interne, Mare e ambiente costiero, Suolo, Rifiuti, Agenti fisici, Pericolosità geologiche, Agenti chimici, Valutazioni, autorizzazioni e certificazioni ambientali, Conoscenza ambientale. Andiamo per ordine.
Emissioni gas serra
Le emissioni totali di gas ad effetto serra si riducono nel periodo 1990-2015 del 16,7%, passando da 519,9 a 433,0 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Nell’ultimo anno, dal 2014 al 2015, si rileva, tuttavia, un incremento pari al 2,3%. L’andamento complessivo dei gas serra è determinato principalmente dal settore energetico, che rappresenta poco più dei 4/5 delle emissioni totali (82%); le emissioni provenienti dai processi industriali e dall’agricoltura hanno lo stesso peso sul totale nazionale (7%), mentre il settore dei rifiuti contribuisce al totale per il 4%.
La sensibile riduzione delle emissioni rispetto al 1990 (-16,7%), spiegata anche dalla recessione economica che ha frenato i consumi negli ultimi anni, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 (-17,9%), se analizzata in rapporto alla popolazione residente e al PIL, mostra un disaccoppiamento tra determinanti e pressione. Nel dettaglio, dal 1990 al 2015, si assiste a un incremento della popolazione residente del 6,9%, con il risultato del decremento delle emissioni pro capite del 22,1%.
Temperatura media
L’aumento della temperatura media registrato in Italia negli ultimi 30 anni è stato quasi sempre superiore a quello medio globale sulla terra-ferma. Nel 2016 l’anomalia, rispetto alla media climatologica 1961-1990, della temperatura media in Italia (+1,35 °C) è stata superiore a quella globale sulla terraferma (+1,31 °C). In Italia, il valore dell’anomalia della temperatura media del 2016 si colloca al 6° posto nell’intera serie e rappresenta il 25° valore annuale positivo consecutivo. Gli anni più caldi dell’ultimo mezzo secolo, in Italia, sono stati il 2015, il 2014, il 1994, il 2003 ed il 2000, con anomalie della temperatura media comprese tra +1,35 e +1,58°C.
Qualità dell’aria
Si osserva un trend decrescente statisticamente significativo delle concentrazioni di PM10 e biossido di ozono (NO2) in Italia. I livelli di ozono sono invece stabili nel periodo di osservazione. Rispettare i limiti previsti dalla legislazione vigente è ancora difficile su buona parte del territorio nazionale. l’obbiettivo di raggiungere i livelli raccomandati dall’OMS appare lontano. Per quanto riguarda PM10 e NO2, si può osservare una riduzione media nel periodo di osservazione (2007-2015) rispettivamente del 16% e del 19%, indicativa dell’esistenza di una tendenza di fondo alla riduzione delle loro concentrazioni in Italia. Per quanto riguarda l’ozono non è stato evidenziato alcun trend statisticamente significativo nella maggior parte dei casi (37 stazioni di monitoraggio su 43).
Quantità rifiuti urbani pro capite
Nel 2016 la produzione di rifiuti urbani raggiunge poco più di 30 milioni di tonnellate, con un incremento del 2% rispetto al 2015.
Tra il 2013 e il 2015, la produzione pro capite è rimasta sostanzialmente invariata, mentre nel 2016 si assiste a un’inversione di tendenza con una crescita, rispetto al 2015, di 10 kg per abitante per anno. Tale incremento è però in parte determinato dalla variazione, per il 2016, della metodologia di calcolo del dato di produzione e raccolta differenziata, che si basa a partire da tale anno, sui criteri introdotti dal DM 26/05/2016.
Al Nord il valore pro capite si attesta a 510 kg per abitante per anno (16 kg in più rispetto al 2015), al Centro a 548 kg per abitante per anno (5 kg per abitante per abitante in più rispetto al precedente anno) e al Sud a 450 kg per abitante per anno (+6 kg per abitante).
La crescita della produzione dei rifiuti urbani è in linea con l’andamento degli indicatori socio-economici, che comporta una sostanziale assenza di disaccoppiamento tra gli stessi. A fronte di una crescita della produzione dei rifiuti (+2% tra il 2015 e il 2016) si osserva, infatti, un aumento sia della spesa per consumi finali sul territorio economico delle famiglie residenti e non residenti (+1,5%, a valori correnti e a valori concatenati con l’anno 2010), sia del prodotto interno lordo (+1,7% a valori correnti e +0,9% a valori concatenati).
Biodiversità
Resta alto il livello di minaccia per vertebrati e piante vascolari. Rimane invariato il numero delle aree protette terrestri e marine e delle zone umide. L’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità: le specie animali sono oltre 58.000; le piante superiori, tra specie e sottospecie, sono poco più di 7.600, il 18% delle quali endemiche.
Per quanto riguarda la fauna, pur limitando il confronto a qualche gruppo animale per cui si dispone di liste di specie affidabili, si può osservare, ad esempio come, tra gli Insetti, gli ortotteri siano circa il triplo di quelli della Polonia, il decuplo della Gran Bretagna e della Norvegia e oltre 150 volte quelli dell’Islanda; il numero di specie dei Lepidotteri è più del doppio di quello della Gran Bretagna, quello dei coleotteri è di circa 12.000 specie in Italia, contro le 6.000 della Polonia, le 3.700 della Gran Bretagna, le 3.375 della Norvegia e le 239 dell’Islanda. Per quanto riguarda la flora, le circa 7.600 entità sopra citate, anche al netto delle specie esotiche naturalizzate, costituiscono più della metà delle 12.500 specie stimate per l’intera Europa. Ma il livello di minaccia è alto: sono a rischio di estinzione circa il 31% dei vertebrati, il 42% delle 202 policy species e il 54% delle 1.020 piante vascolari di Lista Rossa.
La biodiversità è principalmente minacciata dalle attività umane e dalla crescente richiesta di risorse naturali e di servizi ecosistemici. La perdita e la degradazione degli habitat (circa 120 specie) e l’inquinamento (circa 80 specie) sono le principali minacce per i Vertebrati terrestri, esclusi gli uccelli.
Anche la pesca è un importante fattore d’impatto sull’ambiente marino. L’Italia ha in atto una politica di contenimento dello sforzo di pesca in accordo con la Politica Comune della Pesca. Lo sforzo di pesca, in costante diminuzione dal 2004, ha registrato un aumento tra il 2008 e il 2009, passando da 25,2 a 26,5 e poi ha ripreso a diminuire arrivando a 20,5 nel 2015. Le catture per unità di sforzo (CPUE) con 9,2 kg/die, mostrano un aumento rispetto al 2014.
L’introduzione di specie alloctone potenzialmente invasive costituisce un altro fattore di rischio per la biodiversità. Attualmente in Italia il numero di specie alloctone animali e vegetali documentate è di circa 2.700.
A tutela della biodiversità, nel nostro Paese sono presenti 871 aree protette, che occupano una superficie a terra di oltre 3 milioni di ettari, pari al 10,5% del territorio nazionale, contro una media europea di circa il 15%. Le superfici a mare tutelate includono anche 27 aree marine protette. Sono presenti, inoltre, 64 aree umide ai sensi della Convenzione Ramsar.
Qualità delle acque interne
I dati sulla qualità delle acque superficiali interne (fiumi e laghi), raccolti attraverso la collaborazione delle agenzie ambientali regionali e provinciali, si riferiscono al periodo 2010-2015. A livello di distretti idrografici, la percentuale più alta dei corpi idrici superficiali con uno stato ecologico che rispetta l’obiettivo di qualità si riscontra nei distretti Alpi Orientali, Serchio e Sardegna per più del 50% dei fiumi. Mentre per i laghi solo il 20% ricade nella classe di qualità buono o superiore.
Relativamente allo stato ecologico, per i fiumi, la percentuale più alta di corpi idrici che rispetta l’obiettivo di qualità si riscontra nel distretti Alpi Orientali, Serchio e Sardegna, per più del 50% dei fiumi.
Per il laghi, invece, solo il 20% (17% buono e 3% elevato) raggiunge l’obiettivo, mentre il 39% dei corpi idrici lacustri ha classi di qualità inferiori. Da segnalare il 41% dei corpi idrici lacustri non classificati.
Relativamente allo stato chimico, per i fiumi, la maggior parte dei distretti presenta una percentuale di corpi idrici in stato “buono” che oscilla dal 65% della Sardegna al 94% dell’Appennino Centrale. Nei distretti Appennino Meridionale e Sicilia, invece, lo stato buono si rileva rispettivamente nel 37% e 16% dei corpi idrici.
Per i laghi, invece, l'obiettivo di qualità viene raggiunto dal 48% dei corpi idrici. Da evidenziare l'alta percentuale dei corpi idrici lacustri non classificati (42%), soprattutto nei distretti Appennino Meridionale, Sicilia e Sardegna.
In riferimento allo stato chimico delle acque sotterranee (Indice SCAS), su 1.052 corpi idrici identificati a scala nazionale, ne sono stati classificati 869, di cui il 57,6% ricade in classe “buono”e il 25,0% in classe “scarso”, mentre il restante 17,4% non ancora classificato.
Mare e ambiente costiero
Lo stato qualitativo delle acque costiere di balneazione, in relazione ai fattori di contaminazione fecale e, quindi, igienico sanitari, nel 2015, ricade per il 90,4% in classe eccellente, 4,9% buona, 1,9% sufficiente e 1,9% scarsa. Per circa lo 0,9%, invece, non è stato possibile effettuare la classificazione, per motivi riconducibili nella maggior parte dei casi a irregolarità nelle frequenze di monitoraggio. Mentre nel 2016, il 90,7% ricade in classe eccellente, il 4,9% in classe buona, l’1,5% sufficiente, il 2% in quella scarsa e per lo 0,9% delle acque non è stato possibile effettuare la classificazione.
Le acque di balneazione costiere italiane rappresentano il 33% (dati 2016) di tutte le acque di balneazione costiere monitorate in Europa, con una percentuale classificata come “eccellente” superiore a quella della media europea, pari all’87%. Nel 2016, l’Ostreopsis cf. ovata è stata riscontrata in 11 regioni costiere, mentre è sempre assente in tutti i campioni prelevati lungo le coste dell’Emilia-Romagna e Abruzzo.
Suolo
Il consumo di suolo In Italia continua a crescere, pur segnando un importante rallentamento negli ultimi anni. Circa 23.000 km2 del territorio nazionale sono ormai persi e con loro i rispettivi servizi ecosistemici. Il fenomeno appare in crescita ma con un sensibile rallentamento nella velocità di trasformazione, probabilmente dovuto alla attuale congiuntura economica.
Le stime, recentemente aggiornate da Eurostat, sono sostanzialmente in linea con quelle del monitoraggio nazionale e la quota di territorio con copertura artificiale in Italia è stimata, per il 2012, pari al 7,0% del totale, contro il 4,1% della media dell’Unione Europea. L’Italia si colloca al quinto posto dopo Paesi Bassi (12,3%), Belgio (12,1%), Lussemburgo (10,1%) e Germania (7,2%) (Eurostat, 2016).
In relazione alle ripartizioni geografiche del territorio, i valori percentuali più elevati di suolo consumato si registrano nel Nord (il Veneto e la Lombardia hanno ormai superato il 12% di superficie impermeabilizzata secondo i dati relativi al 2016). A livello provinciale, la percentuale più alta di suolo consumato, rispetto al territorio amministrativo, si osserva per la provincia di Monza Brianza seguita da Napoli e Milano con valori oltre il 30%.
Il consumo di suolo in area costiera ha valori nettamente superiori al resto del territorio nazionale. È ormai artificializzato il 23,2% della fascia entro i 300 m, il 19,6% tra i 300 m e i 1.000 m e il 9,3% tra 1 km e 10 km, a fronte di un 7% del resto del territorio. I valori più elevati, oltre il 45% di suolo consumato entro i 300 m dal mare, si riscontrano per la Liguria e le Marche.
Tutti i dati sono consultabili sul sito dell’ISPRA
di Cristina Pacciani