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Aprire, non riaprire o riaprire come? Il cruccio dei musei dopo il lockdown

Aprire, non riaprire o riaprire come? Il cruccio dei musei dopo il lockdown

Confcultura presenta un documento per la sicurezza nei musei. Asproni: "Si decida in autonomia ma questa potrebbe essere l’occasione per valorizzare il patrimonio misconosciuto del paese
musei cultura fase 2 lockdown

© Agf - Scuderie papali al Quirinale

Finalmente ci siamo. La fase due – o due meno uno, se si vuole – è partita e con essa anche il mondo della cultura, tra più colpiti dalla pandemia, tenta di ripartire. Esposizioni e mostre dovrebbero riaprire i battenti il 18 maggio, ma c’è chi dice no. Iole Siena, presidente del gruppo Arthemisa, tra i più attivi nell’organizzazione di eventi nel Belpaese, è decisamente contraria. "Le imprese che operano nel settore della cultura hanno subito perdite enormi, per milioni di euro. Il settore delle mostre d’arte è uno dei più colpiti per due motivi: primo perché vive soltanto sugli incassi delle biglietterie, di fatto bloccate da metà febbraio; secondo perché i costi delle mostre si sostengono al 95% prima dell’apertura, mentre i ricavi sono tutti successivi. Si comprende la volontà di dare un segnale positivo per il turismo e il paese, ma una riapertura così ravvicinata non è tecnicamente sostenibile per vari motivi".

Perché non si può riaprire

Intanto, premette Siena, "con le perdite subìte non è possibile correre ulteriori rischi senza sapere se vi saranno aiuti e come si potranno portare avanti le attività". Poi, dice la presidente, "maggio-settembre è notoriamente il periodo con le minori affluenze di pubblico. In tempi normali aprire una mostra a maggio equivale a una perdita certa. In questo momento, con i contagi e la paura ancora diffusi, significherebbe aprire per pochissime persone al giorno, forse. Dopo oltre due mesi di quarantena, quante persone vorranno recarsi in un luogo chiuso come uno spazio espositivo? E quante potranno spendere soldi per visitare una mostra?".

Il punto, spiega, è che "con le necessarie misure di sicurezza potrà entrare una persona ogni 5 minuti, quindi al massimo 120 persone al giorno, con un incasso medio di circa 1.200 euro. Il costo giornaliero medio di una mostra, considerando personale di vigilanza e biglietteria, assicurazioni, affitti, pulizie, si aggira intorno ai 6.000 euro.  È evidente che sarebbe del tutto antieconomico. Oltretutto – prosegue – bisogna immaginare una sanificazione frequente, un costo in più, e anche adottando la distanza sociale di uno o due metri, l’aria nelle stanze resterebbe la stessa e i pavimenti non sono facilmente lavabili. Le opere d’arte non potranno essere disinfettate. E nessun assicuratore esercita una copertura per i rischi di contagio da coronavirus. Infine, mancheranno i prestatori nazionali e internazionali finché non c’è la certezza di poter viaggiare e a maggio i viaggi internazionali non saranno consentiti. Le misure di sicurezza da adottare richiedono mesi di lavoro e ulteriori investimenti. L’apertura del 18 maggio – conclude Siena – può valere solo per alcuni musei pubblici, per mostre sostenute con fondi pubblici o alcune aperte prima della crisi, prorogabili se si prevede la sostenibilità economica. Il tempo giusto per riaprire è ottobre, sperando che non riparta l’epidemia".

Intanto, tra i primi a darsi da fare Confcultura, che in previsione della riapertura di musei e istituzioni culturali ha preparato un prontuario per la prevenzione e il controllo del coronavirus nei luoghi della cultura. Abbiamo chiesto a Patrizia Asproni, presidente di Confcultura e della fondazione della Fondazione museo Marino Marini di Firenze, di riassumere le linee guida del documento.

Perché si può provare a riaprire

"Le linee guida sono state redatte dalla Fondazione Italia in salute, il cui direttore del comitato scientifico è Walter Ricciardi, a capo della task force sanità per emergenza Covid19. Il vademecum intende fornire prescrizioni di base, da adottare nei luoghi della cultura per il personale e i visitatori. Ogni museo potrà adattarlo alle proprie esigenze. Confcultura ha inteso offrire uno strumento di base per facilitare la riapertura in sicurezza sanitaria".

Quali sono, a suo giudizio, le misure economiche necessarie al settore per ripartire? È opportuno al riguardo un nuovo Manifesto di Ventotene? "Il settore della cultura dovrà essere fortemente sostenuto dallo stato sia per uscire dall’emergenza che per pianificare la ripresa a medio e lungo termine. Occorrono quindi fondi che coprano le due tipologie di intervento: un fondo di emergenza per tamponare le perdite dovute alla quarantena; un “recovery fund” per supportare la ripresa, sostenere l’occupazione e lo sviluppo. La Germania ha stanziato per il settore culturale ben 50 miliardi. Credo che il nostro governo non dovrebbe essere da meno, vista l’importanza che la cultura ha per il paese".

Alcuni operatori del settore, quali la presidente del gruppo Arthemisia Iole Siena, si dichiarano contrari alla riapertura delle mostre nella fase 2, sottolineando l’impossibilità per i privati di garantirne l’economicità e la sicurezza, prospettando invece una riapertura a ottobre. Qual è il suo punto di vista? "Credo che ciascun museo, ciascuna organizzazione debba decidere in autonomia. Ogni museo è diverso dall'altro, con caratteristiche diverse e quindi con parametri di adattabilità al nuovo status differenti. Le mostre con prestiti internazionali potranno trovare difficoltà in quanto i trasporti e i viaggi sono ancora interdetti in molte parti del mondo. Mostre ed eventi creati all’interno dei musei, che possono utilizzare le collezioni permanenti e il patrimonio dei depositi, avranno più possibilità di essere organizzati. E a medio termine potranno ripartire anche scambi fra strutture e istituzioni nazionali. Abbiamo un patrimonio culturale immenso, a volte misconosciuto. Questa potrebbe essere davvero l’occasione per una nuova valorizzazione e scoperta".