Francesco contro la proprietà privata di ciò che deve essere di tutti: "Cibo, acqua, medicine, casa, lavoro"
E con "tutti" si intendono anche i migranti

"Attenzione non preghiamo 'dacci il mio pane'. Il pane che il cristiano chiede nella preghiera non è il 'mio', ma il 'nostro'. Così vuole Gesù. Ci insegna a chiederlo non solo per noi stessi, ma per l’intera fraternità del mondo". Papa Francesco ha voluto ricordarlo nella catechesi all'Udienza Generale di oggi, dedicata all'invocazione "dacci il nostro pane quotidiano" che apre la seconda parte del Padre Nostro.
“Padre, fa’ che per noi e per tutti, oggi ci sia il pane necessario”, ha poi pregato ad alta voce Francesco lanciando un monito molto chiaro e severo: "Se non si prega in questo modo, il Padre nostro cessa di essere una orazione cristiana".
"Il cibo non è proprietà privata", ha scandito Francesco sottolineando che "pane sta anche per acqua, medicine, casa, lavoro...". Ed esortando i fedeli di piazza San Pietro a volgere i loro pensiero "ai bambini affamati nello Yemen, in Siria e nel Sud Sudan". "L'amore di Dio non può sopportare questo!", ha esclamato il Papa sottolineando che il pane non condiviso ci condannerà.
"Quante madri e quanti padri - ha continuato - ancora oggi, vanno a dormire col tormento di non avere l’indomani pane a sufficienza per i propri figli!". "Immaginiamo - ha suggerito - questa preghiera recitata non nella sicurezza di un comodo appartamento, ma nella precarietà di una stanza in cui ci si adatta, dove manca il necessario per vivere. Le parole di Gesù assumono una forza nuova".
"Gesù - ha ricordato infatti il Pontefice - ci insegna a chiedere al Padre il pane quotidiano. Ci insegna a farlo uniti a tanti uomini e donne per i quali questa preghiera è un grido – ha osservato con commozione il Papa - spesso tenuto dentro, che accompagna l’ansia di ogni giorno".
Francesco ha infine citato il miracolo evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci come testimonianza che "il cibo non è proprietà privata, ma provvidenza da condividere, con la grazia di Dio. Il vero miracolo compiuto da Gesù quel giorno - infatti - è la condivisione". "Gesù stesso, moltiplicando quel pane offerto, ha anticipato l’offerta di Sé nel Pane eucaristico", ha poi concluso assicurando che "solo l’Eucaristia è in grado di saziare la fame di infinito e il desiderio di Dio che anima ogni uomo, anche nella ricerca del pane quotidiano".
Attenzione: il pane non condiviso (anche con i migranti) ci condannerà
Nell'udienza generale il Papa ha dunque lanciato un monito molto chiaro e stringente. Che suona come una condanna delle ingiustizie sociali perpetrate ancora oggi. A cominciare dalla attuale politica europea dei respingimenti. Ieri in Campidoglio il Papa ha ricordato che la città di Roma con le sue periferie ha visto “l’arrivo, da tanti Paesi, di numerosi migranti fuggiti dalle guerre e dalla miseria, i quali cercano di ricostruire la loro esistenza in condizioni di sicurezza e di vita dignitosa”. Davanti alle sofferenze e alle attese di queste persone “Roma sia città dei ponti mai dei muri”, ha chiesto Papa Francesco con una significativa aggiunta al discorso da lui pronunciato nell’Aula Giulio Cesare in Campidoglio.
“Roma, città ospitale, è chiamata – ha spiegato – ad affrontare questa sfida epocale nel solco della sua nobile storia; ad adoperare le sue energie per accogliere e integrare, per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita”.

“Tutti – è stato l’appello lanciato dal Papa – si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine”.
In proposito Francesco ha ricordato il Convegno ecclesiale voluto 45 anni fa da Paolo VI, che ebbe per titolo: “Le responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e di giustizia nella Diocesi di Roma”, meglio noto, ha aggiunto, come il Convegno “sui mali di Roma”. “Esso – ha sottolineato il Papa che ha canononizzato Montini – si impegnò a tradurre in pratica le indicazioni del Concilio Vaticano II e consentì di affrontare con maggiore consapevolezza le reali condizioni delle periferie urbane, dove erano giunte masse di immigrati provenienti da altre parti d’Italia”.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it