Le radici latinoamericane di Bergoglio rafforzano il multilateralismo della Santa Sede
Un libro intervista fa emergere i legami tra Papa Francesco e Simon Bolivar

“Inquietanti, costose, ingannevoli, angoscianti, inutili, illogiche, illegittime e psicotiche”. Papa Francesco ha definito così gli armamenti nucleari nel suo discorso d’apertura del Simposio Internazionale sul Disarmo, promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, iniziativa di grande rilievo che segna il ritorno della diplomazia vaticana ad un ruolo propositivo per la individuazione di strategie di pace, nella linea di quanto accaduto con la crisi dei missili a Cuba nel 1962. "Non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari”, ha affermato il Papa evocando anche “il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere”. In concreto la linea che suggerisce Francesco è quella indicata in luglio nel Messaggio al G20 di Amburgo esortando a “far sempre riferimento alle Nazioni Unite, ai programmi e alle agenzie associate e alle organizzazioni regionali, rispettare e onorare i trattati internazionali e continuare a promuovere il multilateralismo, affinché le soluzioni siano veramente universali e durature, a beneficio di tutti”. E anche il segretario di Stato, Pietro Parolin, ha richiamato, in una recente intervista, “l’importanza del multilateralismo in un periodo in cui il multilateralismo per molti aspetti è in crisi: la tentazione è di fare da sé e di prendere decisioni unilaterali che escano da questo quadro”. Parolin ha spiegato di aver voluto ribadire in settembre all’Onu, “l’importanza del multilateralismo, per ribadire il fatto che la Santa Sede lo ritiene lo strumento per affrontare e per risolvere i complessi problemi del mondo di oggi, per ribadire il nostro impegno, che poi, è l’impegno di tutti, il desiderio di servire la persona, di servire la sua dignità, di servire i suoi diritti, di servire la pace, di servire una convivenza ordinata e pacifica nel mondo”.
Le radici bolivariane di Papa Francesco
Quella del multilateralismo è una linea tradizionale della Santa Sede, ma occorre sottolineare che essa ha avuto un nuovo impulso da Papa Francesco, il quale è convinto che occorre oggi “mettere in moto processi che siano capaci di offrire soluzioni progressive e non traumatiche e di condurre, in tempi relativamente brevi, ad una libera circolazione e alla stabilità delle persone che siano vantaggiosi per tutti. Tuttavia, questa tensione tra spazio e tempo, tra limite e pienezza, richiede un movimento esattamente contrario nella coscienza dei governanti e dei potenti. Una efficace soluzione distesa necessariamente nel tempo sarà possibile solo se l’obiettivo finale del processo è chiaramente presente nella sua progettualità. Nei cuori e nelle menti dei governanti e in ognuna delle fasi d’attuazione delle misure politiche c’è bisogno di dare priorità assoluta ai poveri, ai profughi, ai sofferenti, agli sfollati e agli esclusi, senza distinzione di nazione, razza, religione o cultura, e di rigettare i conflitti armati”.
Ma questa posizione deriva a Papa Francesco da una precisa impronta culturale (e politica) come spiega il suo primo libro-intervista dedicato all’America Latina. “Latinoamérica”, frutto di una serie di colloqui che Francesco ha avuto nel corso del tempo con il corrispondente da Roma e dal Vaticano dell’agenzia di stampa argentina Telam, Hernán Reyes Alcaide, in merito al subcontinente dal quale proviene. “Questo libro è il frutto di una serie di incontri che ho avuto con il Papa argentino nella residenza di Santa Marta in Vaticano”, spiega lo stesso giornalista, “durante i quali il Papa ripercorre i 10 anni dall’incontro dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida, in Brasile, parla, tra gli altri temi, del ruolo della donna, della situazione nelle carceri, del destino di quella che chiama ‘Patria Grande’ (Latinoamericana, ndr), e dei politici della regione”.
La scelta di Francesco di evocare il concetto di ‘Patria Grande’ richiama la figura del Libertador Simon Bolivar, al quale il Papa sembra ispirarsi. Un’idea davvero rivoluzionaria: “supera infatti – spiega Mario Castellano, studioso della storia latinoamericana – la gerarchia delle diverse culture, di un ordine cioè verticale tra quelle presunte superiori e quelle presunte inferiori, ma anche di un ordine per così dire orizzontale che le discerne in base ad un criterio cronologico: distinguendo tra chi aveva ricevuto prima e chi aveva ricevuto solo in seguito l’Evangelizzazione”. Nella visione di Bergoglio, invece, l’unità di “tutto il genere umano”, basandosi su di un criterio di eguaglianza, esclude anche questa discriminazione. “La ricchezza che proviene alla Chiesa - nella visione del Papa - dalla molteplicità di buone tradizioni che i singoli popoli possiedono è preziosa per vivificare l’azione della grazia che apre il cuore ad accogliere l’annuncio del Vangelo”.

Le due prefazioni al libro di Carriquiry
Ma ci sono due testi che di Jorge Mario Bergoglio che ci aiutano molto bene a comprendere questa sua visione e sono indirizzati entrambi al professor Guzman Carriquiry, vicepresidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Il primo scritto qualche mese prima dell’elezione al Pontificato, l’altro recentemente. Sono le prefazioni alla prima e alla seconda edizione del libro “Memoria, Coraje y Esperanza”, che giovedì pomeriggio sarà al centro di un incontro all’Istituto Latino-americano di Roma. Carriquiry oltre ad essere il laico che attualmente detiene il più alto incarico in Vaticano ha anche avuto l’inconsueto onore di una doppia prefazione del Pontefice. Nel primo testo, Bergoglio contrasta il “pensiero unico”, del quale scrive che “oltre a essere socialmente e politicamente totalitario, ha una struttura gnostica: non è umano; riedita le varie forme di razionalismo assolutista con le quali culturalmente si esprime l’edonismo nichilista”. “Nella nostra epoca – denuncia l’allora cardinale di Buenos Aires - stanno nascendo le ideologie più diverse, ridotte alla fine a questo gnosticismo teista che, in termini ecclesiali, potremmo definire come ‘un Dio senza Chiesa, una Chiesa senza Cristo, un Cristo senza popolo’”, si tratta di “una vera des-carnazione della storia” che dimentica “il prezzo che i popoli hanno dovuto pagare in nome di una politica indipendentista sradicata dalla realtà”. Sofferenza che invece è al centro di quella che Bergoglio definisce la “Storia con la maiuscola, dove il protagonista è il popolo”.
“Che cosa sta accadendo in America latina? Che cosa è rimasto dell’appellativo ‘continente della speranza’? Forse ci siamo rassegnati a un pragmatismo di cortissimo respiro in mezzo alla confusione? Ci limitiamo a manovre di cabotaggio senza rotte certe? Siamo tornati a confidare in ideologie che hanno mostrato insuccessi economici e devastazioni umane?”. Cinque anni dopo, parte da queste domande invece la riflessione di Papa Francesco che viene pubblicata come prefazione della nuova edizione di “Memoria, Coraje y Esperanza”. Secondo Francesco, “il bicentenario dell’indipendenza è una buona occasione per alzarsi in volo e guardare verso orizzonti più vasti”. Un testo che si colloca nell’alveo del pensiero bolivariano, al quale Francesco costantemente si ispira nel proprio Magistero. Restituendo così al Libertador la sua funzione profetica.
“Sei anni fa - scrive il Papa - l’America latina stava concludendo un ciclo di forte crescita economica in condizioni internazionali favorevoli, che ha visto oltre quaranta milioni di latinoamericani uscire dalla povertà e costituire nuove classi popolari. Una lunga ondata di depressione provocata dalla crisi economica mondiale, unita a catene di corruzione e violenze, ha segnato una transizione fino al momento attuale, in cui l’America latina sembra vivere nell’angoscia e nell’incertezza, con strutture politiche incrinate, con un nuovo incremento della povertà e con un approfondimento degli abissi dell’esclusione sociale per molti. Ci addolora la patria che, di fatto, non accoglie e non custodisce tutti i suoi figli. Aneliamo invece alla patria grande, ma sarà grande solo, come si legge nel documento di Aparecida, quando lo sarà per tutti, e con maggiore giustizia ed equità”.
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