"L’America Latina disperata" di Papa Francesco sembra quella di Guttuso
In occasione della Festa della Vergine di Guadalupe, Bergoglio per esortare il suo continente a “rimanere in piedi in mezzo alle tempeste” ha evocato l’immagine del famoso quadro del pittore di Bagheria

C’è un quadro di Renato Guttuso che si chiama “America Latina disperata” e ritrae una giovane donna che piange. E nell’occasione della Festa della Vergine di Guadalupe, da lui celebrata in San Pietro, Papa Francesco è sembrato evocare quell’immagine così coinvolgente e sconvolgente quando ha esortato il suo continente a “rimanere in piedi in mezzo alle tempeste”.
A due anni e qualche giorno dalla morte di Fidel Castro, il lider maximo, cioè l’uomo più rappresentativo di quella che Simon Bolivar chiamava la “Patria Grande” ed è rimasto ancora un sogno da perseguire, il Sudamerica come un unico grande paese in grado di negoziare con le altre potenze da pari a pari per il bene comune del mondo, Francesco ha esortato i popoli del suo continente “a quel protagonismo che non ha bisogno di umiliare, maltrattare, disprezzare o prendersi gioco degli altri per sentirsi forte o importante; che non ricorre alla violenza fisica o psicologica per sentirsi sicuro e protetto”. Parole che richiamano molto da vicino gli ideali bolivariani incarnati da Castro ma anche da Hugo Chavez, che non a caso è stato anche un uomo di grande fede.
Secondo Papa Bergoglio, “l’autentico protagonismo”, come insegna la Madonna di Guadalupe che scelse l’umile Juan Diego, il più piccolo degli indios, per rivelarsi, è “restituire dignità a tutti coloro che sono caduti, e farlo con la forza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua promessa di misericordia”. Di qui la necessità di fuggire la tentazione del dare protagonismo “alla forza dell’intimidazione e del potere, al grido del più forte o di farsi valere in base alla menzogna e alla manipolazione”.
“Alla scuola di Maria – ha spiegato Francesco nell’omelia, tenuta in spagnolo lo scorso 12 dicembre – impariamo a stare in cammino per arrivare dove dobbiamo stare: ai piedi di tante vite che hanno perduto o a cui è stata rubata la speranza. Alla scuola di Maria impariamo a camminare nel quartiere e nella città non con la banchetta di soluzioni magiche, risposte istantanee ed effetti immediati; non a forza di promesse fantasiose di uno pseudo progresso che, poco a poco, logora ed usurpa le identità culturali e familiari, e mina il tessuto vitale che ha sostenuto i nostri popoli, con l’intento pretenzioso di stabilire un pensiero unico e uniforme”.
La chiamata ad un nuovo protagonismo dei popoli latino-americani
“Camminare nella città dove nutriamo il cuore con la ricchezza multiculturale che abita il continente”, l’imperativo del Papa per l’America Latina, chiamata ad “ascoltare il cuore nascosto che palpita nei nostri popoli e che custodisce il sentire di Dio e della sua trascendenza, la sacralità della vita, il rispetto per la creazione, i legami di solidarietà, l’allegria dell’arte del buon vivere e la capacità di essere felici e di fare festa senza condizioni”.
“Alla scuola di Maria impariamo che la sua vita non è stata marcata dal protagonismo, ma dalla capacità di far sì che gli altri siano protagonisti”, ha esortato ancora Papa Francesco e questa sottolineatura appare davvero opportuna alla luce di quel che sta accadendo. Proprio nelle stesse ore nelle quali il Papa pregava per l’America Latina in San Pietro, presenti gli ambasciatori di quasi tutti i paesi del continente, infatti, due bombardieri russi raggiungevano il Venezuela, per scoraggiare le minacce militari degli Stati Uniti al paese assediato ormai da tempo da un blocco economico finalizzato al rovesciamento di un governo eletto democraticamente e che si è sottoposto a almeno quattro elezioni in due anni.
“Il Papa dovrebbe visitare nello stesso viaggio anche il Venezuela”, dice il professor Luciano Vasapollo, vice rettore dell’Università La Sapienza, reduce da una missione scientifica nel paese “stretto d’assedio da Stati Uniti e Unione Europea con misure economiche gravi quanto ingiuste perché penalizzano i più deboli, in primis i bambini malati che non possono essere curati e alimentarsi in modo adeguato, e questo significa innescare un genocidio”.
In un seminario sull’America Latina alla Facoltà di Lettere, Vasapollo racconta di aver potuto illustrare personalmente al Papa quanto sta accadendo e riferisce che rispondendogli Francesco ha assicurato le sue preghiere perché “nel paese possano prevalere la giustizia e la pace”. “Le due facce – spiega l’economista – della campagna madurista. Solo la Germania, dopo la guerra, ha investito una percentuale cosi alta del suo bilancio nelle politiche sociali: tre milioni e mezzo di abitazioni di edilizia sociale, infatti, sono un record assoluto”.
Un seminario alla Sapienza sull’imperialismo e l’autodeterminazione
Secondo Vasapollo è “molto poco probabile che possa riuscire il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni democratiche del 20 maggio, quando è stato rieletto Maduro, e confermato domenica scorsa alle amministrative, perché da parte dell’opposizione non c’è unità di visione ma interessi divergenti come possono esserlo quelli delle multinazionali, dei narcos e dell’oligarchia latifondista. Mentre continua però il tentativo di destabilizzare il paese affamando il popolo”.
“Si vuole determinare – denuncia – una crisi sociale alla quale contribuiscono le fake news che vengono diffuse a piene mani dai media ma sempre più anche da forze politiche, come accaduto nei giorni scorsi in Italia con la mozione parlamentare annunciata da Fratelli d’Italia, che definisce ‘crisi umanitaria’ i problemi del Venezuela, creati invece artificiosamente dall’esterno per impadronirsi delle sue risorse naturali. È una maledizione – rileva Vasapollo – quella di essere la maggior riserva di petrolio del mondo. E il quinto paese per oro, argento, coltam e litio. Mentre l’Orinoco è la maggior riserva di acqua dolce del Caribe. Il tutto - osserva Vasapollo - a appena tre giorni di navigazione da Huston”.
In effetti, ricorda invece il sociologo argentino Atilio Boron, che teorizza il multipolarismo, “la dottrina imperialista ritiene l’America Latina una dipendenza dell’America del Nord, che dunque se ne occupa come di problemi della ‘sicurezza nazionale’ non in termini di una politica estera rispettosa dell’autodeterminazione dei popoli”. “In Caribe – infatti – ci sono 83 basi militari degli Usa. E l’imperialismo americano in questi anni è stato decisivo, ad esempio, contro Dilma Rousseff in Brasile, nel tentativo di colpo di stato in Bolivia (paese che volevano dividere in due) e ancora contro Correa in Ecuador, Lugo in Paraguay e Cristina Kirkner in Argentina”.
E in questo memento è in atto un tentativo, indotto ugualmente dall’esterno, di rovesciare il sandinista Ortega in Nicaragua. “Li’ – spiega – il problema per gli Stati Uniti è quello di bloccare la costruzione del Canale transoceanico che potrebbe modificare completamente i rapporti commerciali ed economici. La costruzione del canale in Nicaragua non è iniziata, ma questa possibilità di sviluppo, che risulterebbe decisiva, è inaccettabile per gli Usa che attraverso Panama esercita un controllo di fatto su tutto il movimento commerciale di Caribe”.
“Ci sono - rileva in proposito Vasapollo - due grandi opere che possono cambiare la storia dell’America Latina: il canale in Nicaragua e il Porto di Mariel a Cuba che sarebbe diventato il centro di Caribe”. In proposito, sia Boron che Vasapollo sottolineano che la Cina in America Latina ha una funzione importantissima. “E’ il primo socio commerciale del Caribe, ha fatto investimenti molto forti, ma non fa paura perché a differenza degli Usa la Cina non ha basi militari”. “La Santa Sede - ha ricordato in proposito Vasapollo - promuove e difende il multilateralismo, una visione in definitiva antimperialista. E le nuove potenze emergenti possono davvero aspirare ad un multipolarismo che appare oggi un fattore decisivo per favorire la pace”.
“Il ciclo progressista è in una fase recessiva. Ma - ha quindi assicurato Vasapollo – non comincia una nuova fase capitalista perche’ non hanno nessuna possibile soluzione al problema della forbice sociale che si allarga ovunque”. “È il caso di Cuba la migliore risposta alle menzogne contro il Venezuela. Non c’è un bambino, nonostante 60 anni di blocco, che non venga curato o che non abbia un’istruzione a differenza di tanti altri paesi dell’America Latina”, ha convenuto infine Boron.
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