Per gli abusi sui bambini Francesco sfida anche i vescovi: denuncia obbligatoria
Erano dieci anni che dentro la Cei si discuteva se un prelato che veniva a conoscenza di un caso di pedofilia la denuncia fosse obbligatoria o meno. Discussione che oggi è stata di fatto chiusa dal Santo Padre. Ecco come

Il Codice penale italiano prevede l'obbligo di denuncia per i pubblici ufficiali e gli esercenti dei pubblici servizi. Davanti alla notizia di un abuso sessuale compiuto su un minore, per la Cei e i suoi legali, il vescovo dunque non sarebbe tenuto ad avvisare la magistratura. Da almeno 10 anni si discute di questa norma nell'ambito della Chiesa Italiana, nella quale non mancano presuli coraggiosi che sostengono che pochi enti sono più "pubblici" della Chiesa, e dunque l'obbligo a rigore di legge già sussiste. Ma nella Cei finora abbiamo visto prevalere la linea prudente di chi dice che un tale obbligo non esiste e il vescovo deve regolarsi lui con il suo buon senso. Come dire da "buon padre di famiglia", figura evocata del resto in diverse occasioni dalla legislazione italiana.
Salvo che poi il vescovo finisce col sentirsi padre non tanto delle vittima quanto del sacerdote colpevole, il quale in effetti soffre probabilmente di turbe mentali e di una cronica immaturità affettiva. E questa paternità finisce con il condizionare il suo giudizio in senso perdonista, il che va bene (ma fino a un certo punto) nell'ottica spirituale ma non va per niente bene in quella della protezione dei minori, ovvero: nei casi di pedofilia non basta che il reo si penta sinceramente e prometta di non farlo più, occorre impedire che torni a contatto con dei minori per evitare che possa ricadere nel suo comportamento criminale in quanto le pulsioni per chi ha questa inclinazione sono in genere invincibili.
Ebbene dopo svariate Assemblee Cei, richiami vaticani e raccomandazioni dei tre Papi i cui pontificati sono stati investiti dalla crisi degli abusi (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora Francesco) siamo ancora a discutere se l'obbligo esiste o meno e se la Santa Sede eventualmente non ci sia nelle leggi italiane possa introdurlo sotto forma di una norma canonica. Un dibattito ripetitivo e frustrante.
Le nuove norme di Papa Francesco
Ma oggi Papa Francesco ha deciso un cambiamento di passo e in tre documenti decisivi, indirizzati allo Stato della Città del Vaticano e alla Curia Romana, ha deciso che se in Italia l'obbligo non viene ancora riconosciuto il Vaticano e le sue pertinenze territoriali (nuinziature comprese) diventano laboratori per la guerra alla pedofilia. Tanto è vero che la più significativa novità dei documenti pubblicati alla vigilia della partenza per il Marocco riguarda l’obbligo di denuncia e la sanzione per il pubblico ufficiale che omette di segnalare all’autorità giudiziaria vaticana abusi di cui è venuto a conoscenza, fatto salvo il sigillo sacramentale, cioè l’inviolabile segreto della confessione.
Ciò significa che tutti coloro che, nello Stato e per estensione nella Curia romana, ma anche tra il personale diplomatico al servizio delle nunziature, svolgono il ruolo di pubblico ufficiale (oltre il 90 per cento delle persone che lavorano in Vaticano o per la Santa Sede) saranno sanzionati in caso di mancata denuncia.
In particolare a differenza di quello che sostengono i consulenti della Cei, l’autorità ecclesiastica della Città del Vaticano, ovvero il vicario, cardinale Angelo Comastri, e i superiori delle comunità religiose ha d’ora in avanti l’obbligo di segnalare al Promotore di Giustizia ogni notizia di abuso che "non sia manifestamente infondata" , allontanando in via precauzionale il presunto autore degli abusi dalle attività pastorali. Inoltre chiunque sarà dichiarato colpevole di abuso «sarà rimosso dai suoi incarichi» in Vaticano. Se si tratta di un sacerdote subentrano poi tutte le normative canoniche già vigenti.
Il passo di Francesco, sottolinea Vatican News, è dunque chiaro e inequivocabile: "La tutela dei minori e delle persone vulnerabili fa parte integrante del messaggio evangelico che la Chiesa e tutti i suoi membri sono chiamati a diffondere nel mondo".
I tre documenti firmati dal Papa sono da intendersi come un unico corpus giuridico composto dal Motu proprio sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, dalla nuova legge per lo Stato della Città del Vaticano estesa anche alla Curia romana, e dalle linee guida pastorali. I tre documenti seguono di poco più di un mese l’incontro dello scorso febbraio con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo.
La sottolineatura di Gisotti
"Ad un mese dalla conclusione dell’incontro sulla Protezione dei Minori in Vaticano, voluto con forza da Papa Francesco, e che ha avuto il merito di mettere davanti all'amara realtà degli abusi compiuti da ecclesiastici, i tre documenti di grande rilevanza rispondono - ha affermato il portavoce Alessandro Gisotti - all’esigenza di concretezza manifestata dal Popolo di Dio nell’affrontare la piaga degli abusi su minori. Si tratta del primo importante passo in seguito al Summit delle Conferenze Episcopali, già annunciato il 24 febbraio scorso. Significativamente, tutti e tre i documenti – la legge sulla protezione dei minori nello Stato della Città del Vaticano, il Motu proprio che ne estende le norme alla Curia Romana e le linee guida per il Vicariato della Città del Vaticano – sono firmati dal Santo Padre. Questo insieme di atti rafforza la protezione dei minori attraverso il potenziamento dell’assetto normativo".
Il Santo Padre auspica che – anche grazie a queste norme che riguardano lo Stato della Città del Vaticano e la Curia Romana – maturi in tutti la consapevolezza che la Chiesa debba sempre più essere una casa sicura per i bambini e per le persone vulnerabili.
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