Per Papa Francesco oggi la parola “amico” sembra diventata “un po’ logora”. “Abitando i luoghi della vita metropolitana, ogni giorno entriamo in contatto con persone diverse, che spesso definiamo ‘amici’, ma è un modo di dire. E così, nell’orizzonte della comunicazione virtuale, la parola ‘amico’ è una delle più usate”, rileva Jorge Mario Bergoglio. Eppure, sottolinea, “sappiamo che una conoscenza superficiale non basta per attivare quell’esperienza di incontro e di prossimità a cui la parola ‘amico’ fa riferimento”.
Nel suo magistero altre volte il Pontefice ci ha parlato di questo importante sentimento umano (ma evidentemente anche divino). E sempre ci ha aiutato a distinguerlo dal comparaggio che nella Chiesa diventa l’elemento portante delle “cordate”. Con la sua vita poi di questa distinzione ci ha dato un esempio di incredibile coerenza non portandosi a Roma da Buenos Aires, una volta eletto Papa, nessun antico collaboratore. Eppure di amici ne aveva tanti, molti dei quali a lui legatissimi, onesti e sinceri. Ma Francesco è fatto così, teme molto il compromesso e le ingiustizie.
E così parlando al Serra Club, ricorda che nel Vangelo “Gesù stesso spoglia questo concetto di ogni ‘sentimentalismo’ ed indica ‘una verità scomoda’, e cioè che ‘c’è vera amicizia solo quando l’incontro mi coinvolge nella vita dell’altro fino al dono di me stesso’. L’amicizia è pertanto ‘un impegno di responsabilità, che coinvolge la vita’ nel senso di “condivisione del destino dell’altro, compassione, coinvolgimento che conduce fino a donarsi per l’altro”. Un vero amico, secondo il Papa, è chi “si affianca con discrezione e tenerezza al mio cammino; mi ascolta in profondità, e sa andare oltre le parole; è misericordioso nei confronti dei difetti, è libero da pregiudizi; sa condividere il mio percorso, facendomi sentire la gioia di non essere solo; non mi asseconda sempre, ma, proprio perché vuole il mio bene, mi dice sinceramente quello che non condivide; è pronto ad aiutarmi a rialzarmi ogni volta che cado”.
Nello stesso discorso il Papa si sofferma sulla difficile amicizia che lega sacerdoti e laici che vogliono aiutarli, come è nello statuto dei serrani. "Com'e' triste vedere che, a volte, proprio noi uomini di Chiesa non sappiamo cedere il nostro posto, non riusciamo a congedarci dai nostri compiti con serenità, e facciamo fatica a lasciare nelle mani di altri le opere che il Signore ci ha affidato". Sono parole di Papa Francesco al Serra Club International, un'associazione di imprenditori e professionisti che vogliono aiutare i sacerdoti offrendo amicizia e sostegno economico. "Anche voi, allora, siempre adelante! Con coraggio, con creatività e con audacia", ha esortato il Papa. "Senza paura di rinnovare le vostre strutture e senza permettere che il prezioso cammino fatto perda lo slancio della novità. Come nei giochi olimpici, possiate essere sempre pronti - ha concluso - a passare la fiaccola soprattutto alle generazioni future, consapevoli che il fuoco è acceso dall'Alto, precede la nostra risposta e supera il nostro lavoro. Così è la missione cristiana: uno semina e l'altro miete".
Il Vangelo dedica all’amicizia la sua pagina più bella
Il Vangelo contiene un inno all’amicizia di straordinaria bellezza anche letteraria: Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.
Commenta il cardinale Ratzinger nella famosa omelia all’ingresso del Conclave che poi lo elesse Papa Benedetto XVI: Il Signore ci rivolge queste meravigliose parole: ‘Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici’. Tante volte sentiamo di essere - come è vero - soltanto servi inutili. E, ciò nonostante, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, ci dona la sua amicizia. Il Signore definisce l’amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza. Ci rivela il suo volto, il suo cuore. Ci mostra la sua tenerezza per noi, il suo amore appassionato che va fino alla follia della croce. Si affida a noi, ci dà il potere di parlare con il suo io: ‘questo è il mio corpo...’, ‘io ti assolvo...’. Affida il suo corpo, la Chiesa, a noi. Affida alle nostre deboli menti, alle nostre deboli mani la sua verità – il mistero del Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; il mistero del Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”. Ci ha reso suoi amici – e noi come rispondiamo?
Il secondo elemento, con cui Gesù definisce l’amicizia, è la comunione delle volontà. ‘Idem velle – idem nolle’, era anche per i Romani la definizione di amicizia. ‘Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”. L’amicizia con Cristo coincide con quanto esprime la terza domanda del Padre nostro: ‘Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Nell’ora del Getsemani Gesù ha trasformato la nostra volontà umana ribelle in volontà conforme ed unita alla volontà divina. Ha sofferto tutto il dramma della nostra autonomia – e proprio portando la nostra volontà nelle mani di Dio, ci dona la vera libertà: ‘Non come voglio io, ma come vuoi tu’. In questa comunione delle volontà si realizza la nostra redenzione: essere amici di Gesù, diventare amici di Dio. Quanto più amiamo Gesù, quanto più lo conosciamo, tanto più cresce la nostra vera libertà, cresce la gioia di essere redenti. Grazie Gesù, per la tua amicizia!”.