“Terra di civiltà e terra di alleanze”. Così Francesco ha definito l’Egitto durante la sua visita al Cairo. Il Paese ha certo alle spalle una storia importante, ma in effetti è oggi travagliato dalla violenza fondamentalista e nella morsa di una sanguinaria dittatura. E il Papa c’è andato vincendo non poche resistenze politico-diplomatiche, per affermare che “nel campo del dialogo, specialmente interreligioso, siamo sempre chiamati a camminare insieme, nella convinzione che l’avvenire di tutti dipende anche dall’incontro tra le religioni e le culture”.
Un viaggio compiuto sulle orme del Poverello che si recò dallo sceicco come messaggero di pace al tempo delle Crociate. E come allora anche oggi si tratta di gettare il cuore oltre l’ostacolo. E certo il Papa che di San Francesco porta il nome, questo sforzo lo ha compiuto, se è arrivato a chiedere agli imam riunti nella prestigiosa Università di Al-Azhar, conosciuta per la sua autorevolezza come “il Vaticano dell’Islam”, di impegnarsi a “smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità, facendo leva sull’assolutizzazione degli egoismi anziché sull’autentica apertura all’Assoluto”. La partecipazione del Papa (con accanto ancora una vota Bartolomeo I, il patriarca ecumenico di Costantinopoli che già lo accompagnò l’anno scorso a Lesbo e nel giugno 2014 volle partecipare al “vertice” di preghiera tra Shimon Peres e Abu Mazen ospitato dal Papa nei Giardini vaticani) ha rappresentato il momento centrale di una visita che lo stesso Francesco ha definito nel volo di questa mattina “di unità e fratellanza”. E che è iniziata in una città irriconoscibile: 17 anni fa quando arrivò Papa Wojtyla le strade erano affollate: questa volta il Papa è passato in strade tenute sgombre e sorvegliate da agenti in borghese quasi da ogni tetto.
Francesco ricuce la ferita di Ratzinger a Ratisbona
Nove anni dopo l’incidente della lectio magistralis di Benedetto XVI a Ratisbona, che infiammò il mondo islamico, finalmente Papa Francesco ha ricucito quella ferita (in parte basata su un equivoco relativo alle parole del Papa tedesco che in realtà aveva letto una citazione di Manuele II Paleologo non volendo farla sua). Ma giunto come “pellegrino di pace”, Papa Francesco non si è limitato a questo, né ha semplicemente ribadito la condanna di san Giovanni Paolo II delle pretese giustificazioni religiose della violenza, ma ha fatto un notevole passo in avanti usando quella parola “smascherare”. In Egitto, il Papa ha chiesto ai leader islamici riuniti da tutto il mondo per una Conferenza Internazionale sulla pace, di opporsi al terrorismo non solo prendendo le distanze dai violenti che si annidano nelle loro moschee e comunità, ma denunciandoli, così come ha chiesto a vescovi e preti cattolici di impegnarsi perché le vittime degli abusi abbiano giustizia. Situazioni diverse, ma che richiedono lo stesso coraggio e la stessa trasparenza.
Il dovere della denuncia: del fondamentalismo nell’Islam, degli abusi nella Chiesa
“Siamo tenuti a denunciare – ha detto il Papa ai leader religiosi riuniti a Al-Azhar – le violazioni contro la dignità umana e contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio: il suo nome è Santo, Egli è Dio di pace, Dio salam”. Secondo il Papa, “nessun incitamento violento garantirà la pace, e ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza”. “Oggi – ha scandito Francesco – c’è bisogno costruttori di pace, non di provocatori di conflitti; di pompieri e non di incendiari; di predicatori di riconciliazione e non di banditori di distruzione”.
Il dolore delle famiglie che piangono i loro figli
Con la stessa forza, nel successivo incontro con le autorità dell’Egitto, pur senza nominare Giulio Regeni, il Papa ha parlato del dolore “delle famiglie che piangono i loro figli e figlie” e ha rivendicato “un incondizionato rispetto dei diritti umani”, condannando le violenze che fanno soffrire ingiustamente tante famiglie, alcune delle quali sono qui presenti”. “Il mio pensiero - ha aggiunto - va in particolare a tutte le persone che, negli ultimi anni, hanno dato la vita per salvaguardare la loro Patria: i giovani, i membri delle forze armate e della polizia, i cittadini copti e tutti gli ignoti caduti a causa di diverse azioni terroristiche”. “Penso – ha continuato – anche alle uccisioni e alle minacce che hanno determinato un esodo di cristiani dal Sinai settentrionale. Penso altresì a coloro che sono stati colpiti negli attentati alle chiese Copte, sia nel dicembre scorso sia più recentemente a Tanta e ad Alessandria. Ai loro familiari e a tutto l’Egitto vanno il mio più sentito cordoglio e la mia preghiera al Signore affinché dia pronta guarigione ai feriti”. Subito dopo Bergoglio ha reso omaggio ai cristiani copti uccisi dall’Isis negli ultimi mesi, insieme al patriarca copto Twadros II e “al fratello Bartolomeo I” che ha raggiunto il Papa al Cairo. Tutti e tre si sono recati alla chiesa di San Pietro per pregare nel luogo che ricorda le vittime del grave attentato suicida, compiuto l’11 dicembre 2016 da un egiziano 22enne affiliato all’Isis. Ci furono 21 morti e 31 feriti tra i fedeli.
L’estremismo della carità, parole che “correggono” l’Osservatore Romano sulle Ong
"Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l'unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a lui! Per Dio, è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!". Sono state infine le parole molto forti di Papa Francesco nella messa celebrata al Cairo, nell'Air Defense Stadium, per i fedeli cattolici (presenti però anche copti orotodossi e musulmani). Chiaramente si riferiscono al contesto egiziano, dove l'integralismo religioso sconfina nel terrorismo filo Isis, ma valgono per tutti, a cominciare dalla chiesa locale (i copti sono una comunità antichissima, ma che ha subito contaminazioni culturali, tanto che alcuni praticano l'infibulazione che infatti non è un'esclusiva dei musulmani). E valgono evidentemente anche per l'Italia, dove in questi giorni infuriano le polemiche per presunte irregolarità delle Ong che salvano i migranti in mare. Anche il loro - si può dire - è "estremismo della carità". Le parole di Francesco, dunque di fatto “correggono” l’Osservatore Romano che in un articolo ha sostenuto l’iniziativa giudiziaria di Catania, che annuncia indagini a carico di organismi impegnati nel recupero in mare dei migranti. “Vogliono lasciarli morire in mare”, ha denunciato in proposito Regina Catambrone, che a Malta è impegnata in questi recuperi.
E' necessario arrestare la proliferazione di armi
Sono i riflessi italiani del viaggio in Egitto di Francesco, missionario di pace e anche di civiltà. Così come suonano anche per noi le parole molto chiare pronunciate al Cairo per la condannare il comportamento di produttori e trafficanti di armi, ai quali il Papa addebita di fatto la responsabilità di molti conflitti in atto nel mondo. “E’ necessario arrestare la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali”, ha spiegato Francesco. “A questo impegno urgente e gravoso – ha scandito il Papa – sono tenuti i responsabili delle nazioni, delle istituzioni e dell’informazione, come noi responsabili di civiltà, convocati da Dio, dalla storia e dall’avvenire ad avviare, ciascuno nel proprio campo, processi di pace, non sottraendosi dal gettare solide basi di alleanza tra i popoli e gli Stati”.
Qualche mese fa in Veneto c’erano stati arresti eccellenti operati dalla Guardia di Finanza e più recentemente altri arresti in Campania per le triangolazioni che riforniscono di armi paesi belligeranti e regimi repressivi. Il quotidiano della Cei Avvenire scrive che “l'anno scorso l’82% del "nostro" materiale d’armamento è stato acquistato dagli Stati Uniti. E ai primi posti figurano anche Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Pakistan. Il rapporto anticipato da Avvenire avverte: "L’Italia è stata classificata terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite, dopo Usa e Francia, a dimostrazione di una capacità di penetrazione e flessibilità dell’offerta nazionale all’estero. L’Italia è stata altresì classificata fra i primi 10 per valore delle esportazioni". I giudici che indagano su questo andrebbero sostenuti di più dai media.