#10yearschallenge è l’ennesimo esempio di quanto sia cambiato il modo di utilizzare i media nell’era social/digital. Rivedere le foto di 10 anni prima suscita emozioni, solletica il narcisismo di noi tutti, fa pensare a come eravamo dieci anni fa. Più belli e più giovani, magari passavamo meno tempo sui social network, pensavamo che Internet avrebbe salvato il mondo e magari non avevamo l’obbligo di riflettere su ogni azione online come parte di una strategia di self branding o di influencer marketing un tanto al chilo.
Nostalgia canaglia, il grande freddo; saranno mica sentimenti nuovi? Per nulla, ma come insegna Netflix, stiamo vivendo un’epoca in cui digital e retrò vanno di pari passo e la mitizzazione del passato, remixato attraverso il presente digitale e quindi consegnato all’eternità del cloud e delle piattaforme (o meglio, di chi possiede queste infrastrutture), è un motore formidabile per il business dell’immaginario.
La potenza delle icone, commerciali e non, il fascino dei divi dello spettacolo, adesso tutto si amalgama nel presente aumentato dei social media, dove le pratiche di remix, la memificazione e il riuso delle immagini (ri)producono continuamente nuovi fenomeni, rapidi a evolvere, sparire e riapparire in altre forme, magari. Il continuo processo di condivisione-personalizzazione-ricircolo impone di essere sempre aggiornati, in topic, per surfare i thread e le mode del momento.
Non deve stupire allora che iniziative come #10yearschallenge possano produrre, allo stesso tempo, la paura del complotto (qualcuno usa i nostri dati a fini oscuri) e l’indulgenza del gioco (in fondo non c’è nulla di male, perché non dovrei farlo anche io). Il continuum tra le due posizioni estreme assume poi sfumature incredibili, inaspettate, perché in fondo la consapevolezza maturata dal pubblico dei social media è molto più ampia e proprio gli scandali, come Cambdridge Analytica, hanno forgiato una nuova ironia e un certo disincanto.
L’immagine qui esprime bene quanto la comunicazione social riesca a cogliere sfumature di senso che mettono d’accordo generazioni diverse; Cristina D’Avena e Rocco Siffredi che trollano, Valentina Nappi e le sue prese di posizione anche di natura politica, rappresentano parte di questo immaginario digitale e allo stesso tempo lasciano intendere come i social stiano lentamente diventando un posto per i “diversamente giovani”.
Internet non è più un ambiente per pochi, è di fatto il fenomeno di massa che più identifica e caratterizza questo periodo storico. Urge ri-pensare un percorso critico, che contempli anche una presa di posizione sull’uso delle emozioni a fini di manipolazione mediatica, anche per vivere con più leggerezza, o con maggiore pressione critica, fenomeni come #10yearschallenge, senza necessariamente abbandonarsi a posizioni polarizzate e preconcette.