Il sorteggio della Champions League come rito religioso

Il gioco è uno dei modi più importanti che da sempre ha l'uomo per rapportarsi con il sacro. Per questo la Dea Bendata deve sempre avere un ruolo decisivo

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VALERY HACHE / AFP
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Ottavi Champions League. Juve con il Lione, Valencia per l’Atalanta, il Napoli con il Barça. L'urna ha parlato, la dea bendata ha sentenziato. Non le diamo una libertà assoluta, la confiniamo comunque entro degli steccati oltre i quali non può andare - le prime solo con le seconde, per esempio - ma vogliamo che alla fine sia lei, la Fortuna, la Sorte, il Caso, il Destino, a decidere di noi. Perché siamo affascinati da questo meccanismo che comporta ogni volta delle evidenti ingiustizie?

Chi si addentra nello studio comparato delle religioni, si imbatte in una contraddizione che nessuno vuole e può superare: quella per cui si nega che alcune grandi religioni siano “religioni" ma, ciò nonostante, tutti i libri sulle religioni le studiano e ne parlano. Sto pensando, per esempio, al Confucianesimo ed al Buddhismo.

Perché un conto è la fede e un altro è la religione. La religione è un fatto culturale, sociale. Consiglio a chi vuole approfondire la cosa, di leggere Durkheim, Le forme elementari della religione, un libro del 1912 che sembra scritto oggi. Religione che cos'è? È re-ligio, è legame, è la società che pensa sé stessa "divinamente", cioè in relazione al "divino" inteso come quel elemento misterioso della realtà che sopravanza la mia piccolezza.

Per capire cosa intendo dobbiamo riflettere su cosa diciamo quando diciamo "ho visto un tramonto". Bisogna pensare all'inizio del film Tree of life di Terence Malick. L'albero della vita. Le esplosioni dei vulcani, le stelle che implodono. Quando noi ci chiediamo perché esistano delle cose così misteriose e pensiamo che tutto questo dipenda da qualcosa che eccede la possibilità di spiegazione scientifica, fisica, sperimentale, noi uomini chiamiamo tutto ciò "divino" e se ad esso aggiungiamo in più, tutto il nostro essere "legati insieme", quella è la religione. Perché re-ligio, vuol dire legare insieme: noi siamo "legati insieme" in questa società a proposito di un certo fatto "divino", dove "il fatto" che ho in mente può non essere un Principio Trascendente e Divino ma anche solo un rito che incarna una sensibilità comune.

La religione è come la società concreta, reale, pensa sé stessa quando socialmente cerca senso e significato nel proprio rapporto col misterioso. Quanto Vittorio Sgarbi, agnostico dichiarato, parla del presepe, opera proprio quella distinzione tra religione e fede di cui sto parlando. Sulle sue labbra il presepe incarna la religione senza la fede.

Il gioco è uno dei modi più importanti che da sempre ha l'uomo per rapportarsi con il sacro, e tra essi il calcio ha il ruolo privilegiato. Questo è il motivo per cui la Dea Bendata dovrà sempre avere un ruolo decisivo: è il cordone ombelicale che collega il calcio con il misterioso, che consente alle Champions di essere un rito “religioso”.

Tutti ci guardiamo bene dal lamentare come ingiusto l’accoppiamento Real Madrid - Manchester City, sebbene sia evidentemente sbilanciato rispetto a una partita come Valencia-Atalanta: non lo facciamo perché se lo dicessimo adducendo calcoli ed elementi numerici, distruggeremmo l'elemento religioso del calcio. Il che manderebbe tutto all'aria. Perché si può vivere da atei senza nessuna fede ma nessuno può vivere senza alcuna religione, fosse solo quella della Champions.

 



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