In Sicilia c'è uno scontro sui beni culturali: Social Ignoration vs Social Innovation
Burocrati-gattopardi che da 20 anni riducono in clandestinità 400 professionisti e ignorano l’innovazione sociale. In Sicilia succede anche questo e a farne le spese è la società

A volte le vicende paradossali sono un infallibile strumento di analisi della realtà. E ci sono luoghi in cui questo è vero più che altrove. La Sicilia, ad esempio, incongrua isola europea delle banane, non solo per la felicità del clima ma anche per la compulsiva tendenza al non sense.
Identità Siciliana: il nome è tutto un programma?
In questo, ultimamente, brilla la gestione dei beni culturali, che qui non dipendono dal MIBACT ma dall’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana.
Già la dicitura appare ambigua quanto mai: prefigura una viva sensibilità per la ricchezza del patrimonio culturale, eredità dei secoli e delle dominazioni, oppure orizzonti culturali protesi verso il proprio ombelico? E poi, un sospetto: a quale identità siciliana si allude? A quella dinamica e molteplice plasmata dal tempo e dalla necessità di rispondere alle sfide della storia o alla feroce anima gattopardesca intenta solo a mantenere lo status quo? Il dubbio che si tratti di quest’ultima, che istituzionalmente si oppone al cambiamento (e al ricambio generazionale), sorge legittimo se solo si riflette sulla recente requisitoria del Procuratore Generale d’Appello della Corte dei Conti della Regione Siciliana.
Un’impietosa requisitoria sulla gestione dei beni culturali siciliani
In questo serio e ponderato documento ufficiale il Procuratore Pino Zingale, si sente in obbligo di dichiarare: "Attraverso le audizioni dirette effettuate dalla Procura Generale è emerso come il personale, non solo di vigilanza e fruizione ma anche tecnico (restauratori, architetti, archeologi, ecc.), lungi dall’essere sovradimensionato sia, invece, ampiamente carente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, talora sganciato da una consapevole progettualità gestoria, stante la perdurante assenza di precostituite piante organiche sulla base di una seria valutazione delle effettive esigenze e dei carichi di lavoro". In sintesi: istituzioni indifferenti alle necessità in un settore strategico per la crescita (non solo culturale) della Regione e lo abbandonano al suo destino. Altro che moderna concezione del patrimonio culturale e misure per un possibile sviluppo! Che in questo clima da “Zattera della Medusa” possa nascere qualcosa di veramente nuovo, edi buono, sarebbe da considerare più o meno come un MIRACOLO.
Social innovation: eppure accade!
Ad esempio con una best practice di museo partecipato che è diventata un case study per l'accademia italiana straniera. Ci è riuscito il Museo Salinas di Palermo - tra i più importanti musei archeologici d'Europa - che da polveroso museo chiuso da 4 anni per restauri, è riuscito a trasformarsi in una realtà museale diversa, tanto da fare più visitatori di quando era aperto. Ma ancor più miracoloso è che questo progetto di accessibilità culturale del tutto nuovo sia stato portato avanti senza 1 cent di budget pubblico, con il contributo economico e la professionalità del personale del Museo e di tutti quelli che ci hanno creduto.
Clandestini dentro musei e soprintendenze
E qui rispunta il paese dei paradossi: il personale protagonista dell’esperienza del Museo Salinas è in buona parte costituito da precari, i cosiddetti “catalogatori”, veri clandestini dei beni culturali siciliani. Presenze evanescenti all’uopo, sono loro che da più di 20 anni tengono in piedi le soprintendenze, i musei e le biblioteche dell’isola, occupandosi dei compiti d’istituto ma, negli atti amministrativi che contano,la loro attività non è mai riconosciuta.
Senza parte ma con arte
Si tratta di 400 professionisti specializzati (Archeologi, architetti, bibliotecari, archivisti, informatici) "stabilmente non di ruolo" nonostante una legge (L.R. 24/07) abbia sancito – già 10 anni fa - il loro diritto a entrare in organico.
Social ignoration: l’autoconservazione al potere
Solo tempistiche burocratiche da carretto siciliano? Non si può escludere. Contro questa burocrazia di gomma ha sparato, senza colpo ferire, anche il Presidente dell’Assemblea Regionale, la seconda carica istituzionale della Sicilia. Il caso prefigura gravi inadempienze amministrative e, dopo un ricorso presentato dai catalogatori, la soluzione - a settembre - potrebbe arrivare dalle aule giudiziarie.
Di certo questa generazione di tecnici per decenni tenuta sotto il ricatto della politica racconta una triste storia di diritti ignorati, quel che con ardito neologismo potremmo ribattezzare social ignoration. Con buona pace della fraternità isolana, anacronismi cosottoprodotto dell’identità siciliana, quella, per intenderci, ancora idealmente (e non solo) abbigliata di coppola e marranzano.
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