La gaffe della signora Sonia Toni sulla scorta di Walter Veltroni ha molti elementi per capire bene quella che oggi viene definita postverità, almeno in una delle sue definizioni più profonde e originali.
Succede questo: la signora Toni, appassionata militante pentastellata, nota per essere una giornalista e ex moglie del garante del Movimento 5 Beppe Grillo, su Twitter il 21 giugno decide di scrivere un post che recitava:
"Veltroni a Rimini per girare un film...al ristorante con la scorta. Chi paga?”. E poi rincara la dose dopo aver scatenato un mezzo putiferio contro l’ex segretario democratico: “A meno che i body guard non li paghi con i suoi soldi non si capiscono i motivi di questo servizio a spese dei cittadini”.
Le accuse e gli insulti a Veltroni aumentano tra i suoi follower all'aumentare dei retweet fino a che Veltroni stesso è costretto a smentirla, sempre su Twitter:
Cara Signora , ha sbagliato. Ha scambiato per scorta le persone che erano con me, per lavoro, a Rimini. Non ho la scorta , per mia immediata richiesta, da molti anni, dal giorno in cui ho smesso di avere ruoli pubblici. Volevo dirglielo.
— walter veltroni (@VeltroniWalter) 21 giugno 2018
A questo replica ancora Toni:
“Forse il misunderstanding è partito perchè dietro a lei seduto stavano in piedi due ragazzoni dal fisico 'armadio a muro', comunque io ho posto una domanda legittima e la ringrazio per avere risposto”.
Nessuna scusa. Nessun passo indietro. Anzi, ha riaffermato la legittimità di quello che ha scritto, della sua domanda, che in realtà una domanda non era perché la signora nel tweet era convinta che Veltroni avesse la scorta, al massimo si chiedeva chi gliela pagasse. Un “misunderstandig”, si giustifica, dovuto al fisico di due persone sedute dietro, nemmeno al tavolo di Veltroni.
Un esempio perfetto di postverità
Lo scorso novembre è stato pubblicato da Il Mulino un libro di Maurizio Ferraris, professore di Filosofia teoretica all’Università di Torino: “Postverità e altri enigmi”. Nel testo racconta come oggi la postverità non sia altro che la realizzazione in politica, e nella società, di quello che i filosofi del postmoderno hanno teorizzato dalla nota, e abusata, frase di Friedrich Nietzsche: “Non esistono fatti, ma solo interpretazioni”.
Dopo mezzo secolo in cui i fatti sono scomparsi, insieme alle grandi narrazioni politiche, quello che ci resta, spiega Ferraris, è “l’atomismo di milioni di persone convinte di aver ragione non insieme, ma da sole. Il centro di questa nuova ideologia è la pretesa di esser nel vero a prescindere, e nel cercare riconoscimento attraverso un apparato tecnico, il web”. Ovvero attraverso la logica del like e del retweet, che è quello che poi dà presunzione di veridicità a quello che si scrive. È questo il regno in cui si muovono non solo le notizie false, ma tutto l'apparato delle verità alternative, “un’esplosione di milioni di verità individuali, di deliri della presunzione”. Insomma, di postverità.
La postverità non è un mondo in cui la gente dice delle bugie, ma un mondo in cui tutti credono di aver ragione e affermano la loro ragione su piattaforme che rendono possibile la condivisione di massa di verità alternativi, fatti mai successi, opinioni non supportate da fatti né da conoscenze reali dei fatti.
Ecco il punto fondamentale: l’ex moglie di Grillo non ha scritto una fake news, non ha fabbricato un falso. Lei, come ha confermato, era davvero convinta che quelli dietro Veltroni fossero la sua scorta. È bastato che quelle persone avessero il fisico "un po’ da buttafuori" e che e che la sua parte politica cominciasse a sostenere l’inutilità delle scorte e l’abuso che molti politici o ex rappresentanti delle istituzioni ne fanno. Il gioco è fatto. La sua verità ce l'aveva già dentro, e l'ha pubblicata sul suo profilo social.
Sui social, spiega ancora il filosofo, “ognuno vive in camere di conferma delle proprie opinioni" e "ognuno non vede l’ora di esprimere la propria opinione”. E spesso l’opinione è semplicemente quella di dire che l’altro ha torto, l’insulto, l’invettiva, o peggio ancora, come in questo caso, l’accusare senza necessità di argomentare o attenersi ai fatti. E quelle che si riportano possono essere ‘interpretazioni’ di fatti, come la cena di Veltroni che è servita alla signora Toni per dire che il ministro del governo che caldeggia, Matteo Salvini al Viminale, aveva ragione. Aveva detto una cosa vera. E lei suffragava quella verità con “un fatto” distorto.
“L’umanità, infatti, non è interessata a sapere il vero, ma ad avere ragione e a trovare conferma delle proprie convinzioni”. È questo il mondo della postverità, almeno secondo una delle più complete e profonde definizioni che abbiamo avuto modo di leggere in questi anni.
Twitter: @arcangeloroc