La donna di Amatrice che ha perso tutto e cerca conforto negli occhi di Conte

La donna di Amatrice che ha perso tutto e cerca conforto negli occhi di Conte

"Basta promesse, dovete aiutarci, io ho dovuto lasciare la mia terra" ha detto al Premier in visita nella città per commemorare i quattro anni dal terremoto
amatrice donna guarda conte negli occhi

© TIZIANA FABI / AFP  - Amatrice 

AGI - Mi colpisce e mi commuove la donna che ad Amatrice, per commemorare i quattro anni del terremoto, ferma il premier Conte prima delle celebrazioni per guardarlo negli occhi e parlargli.

Gli dice "basta promesse, dovete aiutarci, io ho dovuto lasciare la mia terra". E Giuseppe Conte le promette di andarla a trovare a casa dopo la cerimonia. Per parlare a tu per tu. Per guardarsi negli occhi.

Le parole non si sentono bene, c'è la musica sacra, ci sono i rumori. Poi, sulle agenzie, veniamo a sapere che la signora è una delle persone più colpite dal sisma. Per colpa della crisi post-terremoto il marito si era suicidato a causa della disperazione ed è stata a lei a trovarlo in casa. Antonio Fontanella, il sindaco, cerca di calmarla e di trarre il Presidente fuori dall'imbarazzo, ma lei non ci sta: "Ci sentiamo amareggiati" dice. E il premier l'ascolta e promette: "verrò a trovarla a casa sua”, terminata la commemorazione.

Quattro anni fa il terremoto era arrivato nel cuore della notte, come arrivano in genere non solo i terremoti (nella mia esperienza è così) ma tutte le paure. Le paure arrivano di notte insieme ai pensieri e assieme ai perché. Arrivano tutti di notte, in mezzo alla notte, nel punto più lontano dalla luce. Nel punto più lontano dalla luce di ieri e da quella di domani. Gli occhi si aprono, la mano va al comodino a cercare lo smartphone per vedere che ore sono, ovvero quanto è notte. Che ora è? In genere sono le tre.

amatrice donna guarda conte negli occhi
© FILIPPO MONTEFORTE / AFP 
Amatrice 

Quattro anni fa per il terremoto di Amatrice, per essere esatti, le ore per le scosse di magnitudo 6.0 erano le 3:36. Manco a farlo apposta: proprio l’ora migliore per la paura. Perché lei non ha sonno. Non ha fretta. Non si stanca. La paura sa aspettare. Aspetta seduta in fondo al letto come un gatto che ti si addormenta tra le gambe. Non ti fa muovere. Dormi, ma dormi scomodo. Dormi, ma dopo un po’ ti svegli. E non è per un gatto che ti fa le fusa, è per un gatto di graffia.

E allora, quando apri gli occhi pensi che la paura, vigliacca, si cura in un solo modo: guardandola. La paura non ama gli sguardi. La paura fa sbarrare gli occhi, vuole le pupille vuote, ma non vuole essere guardata. Perché  è codarda, ha bisogno del buio per nascondere la verità. Ha bisogno di poca luce perché la realtà faccia delle ombre enormi, lunghissime. Spaventose. Ha bisogno della solitudine e per questo a volte basta uno sguardo per scacciarla.

Per questo quella donna cui il terremoto ha tolto tutto, anche il marito e in quel modo così osceno, ha cercato gli occhi di Giuseppe Conte.

Spero che il nostro Presidente del Consiglio abbia davvero dato quel momento alla signora, che davvero si siano guardati negli occhi. Guardarsi negli occhi è l'unico modo per affrontare un futuro difficile quando ci aspetta.