È più etica la caccia o il banco frigo di un supermercato?
È una domanda senza risposta, forse. Ma una serie di foto spuntate su Twitter fanno riemergere un dibattito mai sopito davvero, che ci porta vicini alle nostre contraddizioni e ipocrisie

C’è una domanda che ritorna puntualmente quando si solleva una polemica sulla caccia, i suoi effetti, i suoi dilemmi etici. È più giusto cacciare un animale o consumarne le carni comprandole dal macellaio, o peggio, dalla grande distribuzione. Certo, questa domanda non tiene conto dell’altra, più grande e più profonda, se sia etico o meno mangiare carne in generale. Ma è un’altra storia.
Perché siamo tornati a parlarne oggi? L’ex giocatore professionista di hockey Tim Brent qualche giorno fa ha pubblicato una foto su Twitter di se stesso e un orso Grizzly ucciso durante una battuta di caccia. Brent sorride poggiando una mano sul manto dell’orso ucciso, in un tweet in cui racconta la difficoltà nel cacciarlo.
Alright folks, here is my Mountain Grizzly! We put an awesome stalk on him but he spotted us at about 75 yards. Instead of taking off he turned and came right at us. It was very easy to tell this boar owned the valley we were hunting in and wasn’t scared of anything! When he… pic.twitter.com/CkgybKe5Mc
— Tim Brent (@Brenter37) 10 settembre 2018
Le critiche, gli insulti
Brent è stato sommerso dalle critiche e dagli insulti. Dall’assassino, al meriti di fare la stessa fine, come spesso accade in questi casi. Ma al di là della polemica, che oramai tutti possiamo leggere ovunque quando si tratta di animali e non interessa poi molto, quello più interessante viene dopo. Quando Brent invece di cancellare il post ne pubblica un altro dove si mette in posa davanti un’enorme alce appena uccisa. Sempre in posa sorridente.
MY YUKON MOOSE
— Tim Brent (@Brenter37) 12 settembre 2018
I am absolutely humbled by this animal. We all have times we hunt hard and don’t get rewarded, and then every once in awhile we get lucky and are in the right place at the right time (having a pretty awesome father-in-law doesn’t hurt either!). The stars defi… pic.twitter.com/UXvA0CbnUw
Il rilancio del cacciatore
Il bello arriva poco dopo con un doppio tweet. Nel primo mostra un pezzo di carne dell’alce appena scuoiata.
You know there is only ONE animal that has a backstrap this big!!!! A BIG, OLD, YUKON MOOSE!You know there is only ONE animal that has a backstrap this big!!!! A BIG, OLD, YUKON MOOSE! pic.twitter.com/4AuabMWK5x
— Tim Brent (@Brenter37) 11 settembre 2018
Il frigorifero
E poi il tweet definitivo. Quello in cui mostra il frigorifero di casa sua pieno zeppo di carne di orso e di alce, dove si vedono tagli incartati, salsicce, e macinati. Come se ne vedono spesso in tutte le case, magari non in quella quantità. E Brent nel tweet scrive: “Una delle principali ragioni per cui io caccio alci, orsi e cinghiali [durante la stagione della caccia] è riempire il frigorifero della mia famiglia!”.
One of the many reasons I hunt! Moose, bear, elk and wild boar fill my family’s freezer!One of the many reasons I hunt! Moose, bear, elk and wild boar fill my family’s freezer! pic.twitter.com/vqrpEwtmM4
— Tim Brent (@Brenter37) 16 settembre 2018
Nei commenti il dibattito verte intorno questa frase. Ed è talmente aperto e poco definitivo che è inutile riportarlo per intero. C’è chi lo accusa di dire falsità, che caccia solo per spirito omicida, e che potrebbe riempire il frigo andando dal macellaio. E chi replica che andare dal macellaio è solo un modo per lavarsi la coscienza e lasciare il lavoro sporco ad altri per soddisfare il proprio palato. La cosa interessante è che non tutti quelli che attaccano Brent sono vegetariani, anzi. Mangiano carne, gustano la carne, ma uccidere no, uccidere non è etico.
A chi è abituato alla vita in cellofan delle città, dei centri urbani, l’immagine di un orso ucciso in una battuta di caccia, o di un fagiano, o un cinghiale può comprensibilmente turbare. Ed è facile passare dal turbamento all’insulto, specie se l’autore si è fatto immortalare con una foto - forse in alcune aree di Roma si sarebbe meno turbati per l'uccisione di un cinghiale, di questi tempi.
Le idiosincrasie che diventano contraddizioni
Turbano anche le immagini degli allevamenti intensivi, dei maiali e delle mucche mandate al macello tra urla e rumore di zoccoli in disperato tentativo di opporsi alle catene che le trascinano verso la morte. Ma lì non c’è l’insulto, perché è tutto coperto, lì non ci sono volti, non ci sono selfie, al massimo immagini rubate con anonimi operai chiamati a fare un lavoro. Niente adrenalina da caccia, niente epica, quindi niente da immortalare, ma telecamere nascoste come a strappare un segreto legale ma che nessuno vuole mostrare.
E questa idiosincrasia di reazioni fa presto a diventare ipocrisia. La stessa ipocrisia del cellofan che protegge le carni del banco frigo dalle nostra dita appena passate a sfiorare passanti, maniglie, carrelli di un supermercato. Indignate nei tweet sulle tastiere degli smartphone. Stupide quando scattano selfie con animali morti.
Twitter: @arcangeloroc
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