L’arbitro palermitano Rosario Abisso potrebbe passare alla storia come l’uomo che ha cambiato la storia del calcio moderno per aver sfidato un computer, aver perso, e convinto i padroni dello sport più popolare del mondo che era arrivato il tempo di cambiare. Era arrivato il tempo delle partite di calcio senza conducente.
Domenica 24 febbraio 2019 Rosario Abisso ha dimostrato che l’uomo può fare peggio della macchina. Il direttore di gara ha fischiato un rigore al 95’ di Fiorentina-Inter per un fallo di mano in area del difensore nerazzurro D’Ambrosio. Chiamato dai colleghi della Var room, Abisso ha confermato la sua decisione dopo aver rivisto le immagini: rigore (segnato dal viola Varetourt prima del fischio finale sul risultato di 3-3).
Le immagini che tutti hanno visto in televisione mostrano che il fallo non c’era, o ci poteva essere con un grande sforzo interpretativo. Gli assistenti al Var chiamano l’arbitro a rivedere una fase di gioco quando c’è la possibilità di un errore evidente, una decisione probabilmente sbagliata, comunque un grosso dubbio. Abisso è andato, ha visto, e confermato la decisione presa in campo. Certamente in buona fede e in coscienza, ci mancherebbe altro, non è questo il punto.
Il punto è che il fallo non c’era, ha spiegato il decano degli arbitri italiani, Paolo Casarin a ‘Radio anch’io sport’. Nessun dubbio: “L’arbitro la presunzione deve lasciarla a casa”, dice Casarin. “Con l’arrivo della tecnologia l’arbitro non è più il padrone della partita, deve accettare di correggere i propri errori. Il Var ha dimostrato che durante le partite ci sono tanti errori, che grazie alla tecnologia vengono corretti”.
La presunzione di cui si è macchiato Abisso, se capiamo bene, è stata quella di aver voluto confermare una decisione presa durante il gioco, malgrado le immagini mostrassero un errore evidente. “Oggi l’arbitro centrale ha ancora l’ultima parola. Alla fine, anche dopo il Var, decide lui”. Ieri sera quelli dell’Inter si sono arrabbiati molto per i due punti persi, ma cosa sarebbe successo se quel risultato avesse deciso una qualificazione Champions o una retrocessione?
La domanda è: con un Var così sviluppato e profilato, con immagini così definite e riprese da varie inquadrature, l’arbitro può ancora avere l’ultima parola, oppure deve lasciarsi aiutare sempre più spesso dalla tecnologia (e dagli altri arbitri che lavorano davanti ai monitor dentro lo stadio) e accettare quello che la moviola mostra, riducendo al minimo la soggettività dell’interpretazione? Se come dice Casarin l’obiettivo non è riaffermare l’autorità dell’arbitro in campo, ma ridurre a zero gli errori e ottenere risultati sportivi certi e indiscutibili, ha ancora senso l’arbitro-conducente e capo supremo di una partita?
La tecnologia ha permesso di eliminare il pilota da un treno o da un’automobile (siamo ai test), da un Tir e da un aeroplano. È forse arrivato il momento di aumentare la sicurezza e la certezza anche di un risultato sportivo, togliendo all’arbitro ‘centrale’ l’ultima parola? Forse sì, visti gli interessi in gioco. Se l’arbitro e i tecnici video della Var room vedono le immagini alla moviola (aumentate grazie a un computer) è ancora giusto che un arbitro in campo decida da solo? Già un’immagine aumentata ci dice se la palla è entrata in porta oppure no, perché non allargare il campo ai falli e ai rigori?
Vi immaginate un giudice di sedia nel tennis che impone la sua decisione su un pallina dentro o fuori dopo che il ‘Falco’ ha mostrato sullo schermo come è andata davvero?
Sì dirà: c’è da valutare la volontarietà di un fallo e la dinamica di un’azione, non è come vedere se una pallina da tennis ha toccato o meno una riga. Bene, lasciamo la valutazione ad arbitro e tecnici (e alle immagini aumentate, e ai computer) nella Var room. Niente più arbitro in campo, lasciamo il quarto uomo con una funzione di interlocutore dei capitani e degli allenatori per le ordinarie comunicazioni.
Le decisioni arbitrali (anche quelle più banali) vengono comunicate dal maxischermo in tempo reale. Fantascienza? L’arbitro fa parte della scenografia originale del gioco? Sui treni e sugli aerei si sta cambiando rotta. Anche nell’atletica il team del fotofinish è lontano dalla pista, chiuso in una stanzetta, concentrato davanti ai super monitor dei super computer.
Pensiamoci. L’obiettivo, dice bene Paolo Casarin, non è difendere l’immutabilità di una scenografia, o riaffermare l’antistorica autorità dell’uomo nero in mezzo al campo. Ma avere risultati certi e indiscutibili, ridurre a zero le polemiche e la violenza (verbale e fisica) che girano intorno a una partita di calcio, e durante un match intorno all’arbitro, aumentare così il divertimento e la certezza che vinca il migliore. Dieci anni fa la moviola in campo era una bestemmia. Oggi esiste, tutto il mondo ce la copia, e gli errori arbitrali sono molti di meno. È pensabile tra dieci anni, o tra cinque, o tra uno avere partite di calcio senza conducente?