Breve storia del pomodoro e di come divenne rivoluzionario
Funky Tomato lancia la filiera ad alto impatto sociale e promuove un concerto a Scampia

Conoscete davvero la storia del pomodoro? Se qualcuno avesse affondato le tre caravelle di Cristoforo Colombo, oggi nessuno in Europa mangerebbe gli spaghetti al sugo. I Conquistadores spagnoli scoprirono il frutto tanto amato dagli Atzechi sulla Cordigliera Andina e lo portarono in Europa.
Si chiamava Tomati e a Re Sole piacque cosi tanto, che riempì i giardini di Versailles di queste piante ornamentali i cui frutti pendevano come palline dorate.
Gli alchimisti del tempo poi, vista tanta bellezza, gli attribuirono caratteristiche afrodisiache e lo inserirono in innumerevoli pozioni magiche. Per questo motivo il Tomati prese il nome di Pomo d’amore.
Mentre questo accadeva in Francia, in Italia già alla metà del ’500 esisteva un piccolo consumo di pomodori crudi e fritti. Nell’Italia meridionale poi, soprattutto nella zona di Napoli, nel ’700 il pomodoro divenne l’alimento popolare per eccellenza. Fu il cambio di zona e di clima a cambiare il colore del pomodoro che in Campania, visto il sole e il calore, divenne rosso.
Nasce la passata
Così rosso e succoso tornò in Francia e dalla tavola dei poveri napoletani divenne prelibatezza di lusso alla corte del Re, simbolo di ricchezza e opulenza. Ed è in questo secolo che si annovera la prima tecnica di trasformazione in passata di pomodoro, esattamente nel 1762.
Oggi i territori ad alta vocazione produttiva per il pomodoro in Italia, sono quelli del Sud. Un Sud che, come tutti noi sappiamo, (ma d'altronde lo è anche il Nord) è martoriato dalla povertà, dalle "agromafie" e soprattutto dalla disinformazione.
Una filiera ad alto impatto sociale
Funky Tomato (di cui vi parlerò nella prossima puntata di “Food Confidential - I Segreti del Cibo” su La7 all'interno del programma “Gustibus”, domenica 13 gennaio alle 10.50) oggi, rappresenta una filiera agricola dei pomodori ad alto impatto sociale che vuole alimentare l’informazione e pertanto la cultura.
La filiera di ogni prodotto agricolo è lunga, e durante la strada del pomodoro verso la nostra tavola, ne accadono di cotte e di crude.
Sfruttamento dei lavoratori, soprattutto di quelli che provengono dall’estero, prezzi di scambio ingiusti, inquinamento e deturpamento della natura.
Funky Tomato dice stop a tutto questo e restituisce al cibo il suo valore culturale. Con il suo disciplinare incita ad un’agricoltura pulita e priva di sfruttamenti.
Anche se quella che vedete vi sembra solo una scatola di latta di passata di pomodoro, peraltro con un’etichetta strepitosa, in realtà stiamo guardando una rivoluzione culturale, dove è ammessa la partecipazione di tutti. Anzi è richiesta.
Ogni acquisto di passata di pomodoro Funky Tomato finanzia un progetto culturale per far rifiorire il sud e le periferie. Non solo un pomodoro rispettoso dell’ambiente e dei diritti umani, ma anche un pomodoro che supporta musica, arte e libera espressione creativa di tutti coloro che sono coinvolti in questa filiera.
Riqualificazione urbana, aggregazione sociale, concretamente momenti di incontro, produzione musicale, street art e concerti.

La musica dei nomadi
Quest'anno in particolare Funky Tomato produrrà il disco degli “O'Rom”, la band napoletana che suona la musica dei nomadi e organizzerà un grande concerto a Scampia intitolato “Tomato Republic”, di cui io sarò la madrina, che vedrà coinvolti nell’organizzazione tutti i ragazzi del quartiere e le istituzioni napoletane.
Quello che Funky Tomato propone ora, dopo tre anni di attività, è dunque una vera e propria piattaforma editoriale dove sono coinvolti chef, giornalisti, scrittori, ricercatori universitari e attivisti che da anni si occupano di questi temi, perché solo dall’unione attorno ad obiettivi comuni possiamo immaginare la bellezza del futuro.
Io mi sento molto funky e voi?!
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