Nell’ultimo decennio scienziati, centri di ricerca e agenzie internazionali hanno elaborato piani per una massiccia conversione alle rinnovabili di singole nazioni (Stati Uniti, Australia, Germania, Finlandia) e anche del mondo intero.
A livello di singole nazioni, il piano Energiewende («Transizione energetica») della Germania è quello allo stadio più avanzato. Fu approvato dal parlamento tedesco nel settembre 2010 e rafforzato alcuni mesi dopo, in seguito al disastro di Fukushima. L’obiettivo primario del piano è un cambia- mento totale della politica energetica, basato su (a) un mercato incentrato sull’o erta e non più sulla domanda di energia e (b) il passaggio da un produzione centralizzata a una distribuita, con energia elettrica prodotta da piccoli impianti di usi sul territorio. Lo scopo è di abbattere la sovrapproduzione e gli sprechi per promuovere il risparmio energetico e l'efficienza del sistema.
Il piano tedesco prevede una riduzione delle emissioni di CO2 rispetto al 1990 pari al 55% nel 2030 e a oltre l’80% nel 2050. A metà secolo le energie rinnovabili dovranno fornire il 60% dei consumi primari e l’80% di quelli elettrici e il con- sumo di energia primaria dovrà essere ridotto alla metà di quello del 2008, grazie all’aumento dell’efficienza e all’espansione dell’uso dell’elettricità.
I centri di ricerca, le università e le aziende tedesche sono parte integrante del progetto, che mira a garantire alla Germania la leadership mondiale della transizione energetica e a consolidare il suo ruolo di superpotenza manifatturiera. Tra le altre misure, il piano prevede l’uscita definitiva dal nucleare entro il 2022 e l’uscita dal carbone entro il 2050.
Nonostante goda di un vastissimo consenso popolare e sia appoggiato da tutti i principali partiti politici tedeschi, il piano Energiewende è stato anche oggetto di critiche.
C’è chi ritiene che i suoi costi, stimati in almeno 1000 miliardi di euro, siano proibitivi e c’è chi pensa sia utopistico rinunciare a una fonte energetica abbondante come il carbone, di cui la Germania ha consistenti riserve. I sostenitori però ribattono che i vantaggi per l’economia e i cittadini tedeschi saranno molto maggiori.
Al momento è impossibile prevedere se il piano raggiungerà i suoi obiettivi. L’unica certezza è che la Germania continua imperterrita sulla strada della Energiewende, e lo fa come «sistema Paese».
Viene da augurarsi che anche altre nazioni europee manifatturiere e povere di risorse, come l’Italia, non perdano questa occasione storica di sviluppo.
Tra i numerosi piani energetici saliti alla ribalta nel corso di questi anni il più celebre e ambizioso, e quindi anche il più controverso e criticato, è quello di Mark Jacobson, Mark Delucchi e colleghi del- le università di Stanford e Berkeley (California), Berlino (Germania) e Aarhus (Danimarca).
Questo piano è chiamato wws (wind, water, sunlight) in quanto prevede unicamente l’utilizzo di vento, acqua e sole come sorgenti primarie nel 2050. Sono quindi esclusi il gas e il nucleare (usati invece come «energie-ponte» in alcuni piani concorrenti), i biocombustibili e le biomasse di qualsiasi tipo, le tecnologie per la cattura e la conversione della CO2 e persino gli accumulatori elettrici.
Il piano wws viene periodicamente aggiornato; nella sua versione più recente propone un piano d’azione per la transizione energetica al 2050 di 139 Paesi, quasi il mondo intero. Le ambizioni del wws appaiono però oggettivamente eccessive; basti dire che per i trasporti su strada prevede l’uso esclusivo di veicoli elettrici o ibridi elettrico-idrogeno con celle a combustibile. Queste tecnologie sono raccomandate persino per i trasporti via mare su brevi distanze e per quelli aerei sino 1000 km.
Il piano prevede la messa in rete di 11,8 TW di elettricità rinnovabile, prodotta con il seguente mix di fonti: 48% da fotovoltaico, 37% da turbine eoliche, 10% da solare termico a concentrazione, 4% da idroelettrico, 1% da geotermico, moti ondo- si e maree. A questo totale va aggiunto un ulteriore 6% di solare a concentrazione usato come tecnologia di accumulo.
Sostanzialmente il wws è un piano di conversione integrale del sistema energetico mondiale all’elettricità. Grazie alla maggiore efficienza dei motori elettrici rispetto a quelli a combustione, ciò permetterebbe una drastica riduzione dei consumi primari.
L’unico combustibile ipotizzato è l’idrogeno, prodotto essenzialmente da elettrolisi dell’acqua tramite fonti rinnovabili, e con un ruolo piuttosto ridotto. Il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici è previsto unicamente tramite pompe di calore elettriche, il solare termico è considerato come tecnologia di accumulo di calore nei picchi giornalieri di insolazione.
Secondo Jacobson e colleghi il piano creerebbe 24 milioni di posti di lavoro permanenti, eviterebbe ogni anno quasi 5 milioni di morti premature a causa dell’inquinamento e nel 2050 farebbe risparmiare ben 50000 miliardi di dollari l’anno, sotto forma di danni climatici e ambientali evitati.
Un piano di questa portata – che richiederebbe in 30-35 anni quasi due miliardi di nuovi dispositivi per la produzione di energia rinnovabile e inve- stimenti per migliaia di miliardi – è utopistico, ma ha il pregio di evidenziare le dimensioni quantitative della sfida che abbiamo davanti.
Il fiorire di progetti che mirano a dimostrare la fattibilità di un mondo rinnovabile al 100% con- ferma che siamo veramente in una fase storica cruciale per la transizione energetica e fa sperare in un’ulteriore accelerazione del processo.
Se si vuole ancorare un ragionevole ottimismo alla realtà complessa delle cose, però, occorre sottolineare alcuni punti-chiave:
1. la prima generazione di convertitori e accumulatori di energie rinnovabili viene oggi fabbricata utilizzando principalmente energie fossili. Soltanto nelle fasi successive si potranno produrre dispositivi rinnovabili usando le energie rinnovabili stesse e chiudendo così definitivamente l’era dei combustibili fossili. L’attuale fase di «inseminazione» richiederà una quota non irrilevante delle riserve fossili rimanenti e avrà un impatto sul clima e sull’ambiente che è difficile da stimare;
2. la disponibilità effettiva di risorse minerali e la capacità di riciclo delle filiere energetiche saranno fattori fondamentali per il successo di una transizione che possa garantire la salvaguardia della biosfera e una pacifica condivisione delle risorse energetiche;
3. occorre valutare con la massima attenzione se un mondo al 100% rinnovabile possa garantire valori di eroi sufficientemente alti, ossia compatibili con una civiltà tecnologicamente avanzata, in un pianeta abitato da oltre 9 miliardi di persone;
4. la transizione dovrà far gradualmente aumentare l’impiego dell’elettricità negli usi finali, a scapito dei combustibili (che oggi invece usiamo per il 75% circa). Questo è auspicabile, come previsto dal piano wws, perchè già oggi abbiamo tecnologie rinnovabili avanzate per la produzione di elettricità ma energia per l’astronave terra non di combustibili! - e perché i motori elettrici hanno un’efficienza almeno tripla rispetto a quelli a combustione interna;
5. La transizione energetica richiede un aumento poderoso degli investimenti in ricerca e sviluppo, un ammodernamento e consolidamento delle reti elettriche e dei sistemi di accumulo, un adeguamento dell’infrastruttura energetica globale e un cambiamento radicale del sistema dei trasporti, la progressiva uscita di scena dei motori a combustione per far spazio a veicoli elettrici. In pratica, tutto questo richiede una ristrutturazione del sistema finanziario ed economico inter- nazionale;
6. I Paesi più ricchi dovranno ridurre i propri consumi energetici, anche in maniera consistente.
In conclusione, la transizione energetica è una sfida possibile, affascinante e avvincente, ma non sarà una passeggiata. Siccome però non abbiamo alternative, non ci resta che impegnarci a fondo per realizzarla.