Quello che segue è l'editoriale di presentazione del nuovo numero di 'We - World Eenergy', il magazine trimestrale dell'Eni, firmato dal nuovo direttore Mario Sechi.
Vuoi scoprire dove va il mondo? Guarda dove cammina l’energia. Vuoi aiutare il prossimo? Fagli scoprire la sua energia. Vuoi avere successo? Mettici tanta energia. Vuoi arrivare al fine ultimo di tutte le cose? Va dove ti porta l’energia (e il cuore). Un bambino di cinque anni, osservando una bussola, disse: “Qualcosa nello spazio si muove”. Energia. Quel bambino si chiamava Albert Einstein, fu lui a ricamare la formula matematica del nostro “secolo breve” (il conio è del grande storico Eric Hobsbawm) e a folgorarlo per sempre con un salto matematico verso il futuro: E=mc2. Massa e velocità, l’esito finale è l’origine di tutto, l’energia. L’eleganza formale di quella equazione di Einstein mi colpì fin da bambino, la sua semplice forza, la sua profondità nucleare riassunta in un bagliore di luce, l’inizio e la fine, Big Bang, una sensazione plasticamente rappresentata dalla unica e vera corrente artistico-letteraria che mai abbia avuto l’Italia, il futurismo, il movimento di una massa che sembra schizzato fuori da un quadro di Umberto Boccioni. Energia. Il mondo corre: velocità, massa, energia. we – world energy lo racconta con uno scatto, una pausa, un salto in alto, un vibrante zig zag. Questa rivista è una torretta d’osservazione unica. Parliamo di genio, opera in fieri, costruzione, progetto, oggi e soprattutto domani.
Fino a ieri questo racconto è stato guidato con stile e saggezza da Gianni Di Giovanni (è vero Gianni, è una macchina “usata, ma come nuova”, grazie), oggi tocca a me il privilegio di provare a fare un balzo in avanti con una nuova testata: we. Noi. Un lavoro corale di cui gli uomini e le donne di Eni sono il cuore pulsante. Il futuro. Lo facciamo emergere con la metafora della firma e della stretta di mano, icona di ogni pace, fine di tutte le guerre, costruzione e bene comune. Big deals è il titolo di questo numero, per noi è un nuovo inizio che cattura l’istante lungo dell’accordo, il contratto, il mutuo vantaggio, la crescita, l’essenza di ogni attività umana. Energia.
Energia fonte primaria di trasformazione ed evoluzione
Per sapere, per capire dove va il mondo bisogna seguire l’energia, le sue rotte, i suoi percorsi vasti e potenti come quelli dei grandi fiumi sulle cui sponde nascono e muoiono le civiltà. Servono grandi polmoni per correre a lungo, andare lontano. Il Mar Mediterraneo oggi è la piattaforma liquida di imponenti migrazioni che ricordano al mondo avanzato un impegno da non mancare: il futuro dell’Africa. L’energia è il più grande fattore di trasformazione, l’occasione per costruire educazione, cultura, Stato, benessere. E pace. È la concretezza di un Nation Building che si basa sulla creazione e distribuzione di ricchezza. Energia. È nell’intervista di Tarek El-Molla in queste pagine che si coglie la dimensione titanica della sfida, la catapulta verso il domani. Il ministro del Petrolio e dell’Energia egiziano traccia un quadro che non è un semplice piano di estrazione e distribuzione, raggiungimento dell’autonomia energetica, sfruttamento dei mega- giacimenti di gas di Zohr e Noor, ma di trasformazione del prodotto, radicale innovazione. L’Egitto sta preparando la sua rivoluzione industriale, un’antica e grandiosa civiltà sorta sulle rive del Nilo (i fiumi, eccoli) riscopre la sua fonte primaria: creare.
Principio di tutto, suprema attività umana
Tutto questo è possibile grazie alla presenza di uomini, donne, tecnologia, la combinazione dei fattori della produzione, l’impresa. Definire “settore” quello energetico per chi scrive è un errore semantico, è una riduzione della sua dimensione a “operazione” e non invece un grande disegno, una visione. Enèrgheia fu la parola coniata da Aristotele per catturare qualcosa che è presente nello spazio e produce effetti, la combinazione di dynamis e enèrgheia. Un settore? No, siamo al principio di tutto, la filosofia. E la politica, la suprema attività dell’uomo. Le dimensioni in questo gioco planetario di scoperta, distribuzione e trasformazione dell’energia sono fondamentali.
Come ricorda Moisés Naím su we, 3 trilioni di dollari sono stati investiti negli ultimi 15 anni in fusioni e acquisizioni, primo posto nella graduatoria mondiale delle transazioni. Le ragioni sono le più varie, non sempre dettate da un calcolo certo, da un vantaggio sicuro, ma da fattori come il salto tecnologico (Schlumberger che acquista Cameron per 16 miliardi di dollari, per esempio), la razionalizzazione della catena societaria e della gestione (India e Russia che mettono ordine nel loro scenario di imprese), l’attrazione di nuovi capitali, il trend globale verso combustibili che impattano meno sull’ambiente, l’imperativo dell’industria (sono le imprese che realizzano le cose, è l’evoluzione tecnologica a imporre lo standard) della riduzione delle emissioni di anidride carbonica e la veloce trasformazione della “società del petrolio” in “società del gas”, la fonte energetica di transizione verso un altro mondo che ancora non siamo in grado di disegnare con precisione, ma che vediamo nella prospettiva della longue durèe, del tempo lungo, dei mega- trend della storia di cui le fonti rinnovabili sono un elemento permanente. È un affascinante scenario in cui si gioca d’anticipo, una costruzione avanti per non restare indietro, una lettura continua del domani.
Sull’ottovolante del trade, tra adrenalina e disincanto
Al centro di tutto, c’è il mercato, la domanda e l’offerta, il costo e il prezzo finale dell’energia e la finanza, il trading, la dimensione fisica e metafisica del compra e vendi quotidiano di Wall Street. Davide Tabarelli ci regala un affascinante racconto di questo vai e vieni, parte dalla pietra miliare dello Sherman Act, dalla decisione dell’Antistrust americano di spezzare nel 1911 l’impero petrolifero di Rockefeller per assicurare la competizione nel mercato, ricorda la fase storica del barile a 10 dollari del 1998, lo scetticismo (sbagliato, si vide dopo) della finanza creativa sul mondo conservatore dei petrolieri, e quel clima dove “chi lavorava nell’industria petrolifera si sentiva ormai pronto per essere licenziato, come che non ci fosse più bisogno delle vecchie compagnie”, la catastrofica illusione di un mondo immateriale che poteva fare a meno del materiale, del concreto, del lavoro, della trivella, dell’oleodotto, dell’uomo. Un falò delle vanità (Tom Wolfe) confuso nelle strabilianti e illusorie Mille luci di New York (Jay McInerney), due libri fondamentali per capire il clima di quell’epoca e le sue deviazioni, l’ascesa e caduta rovinosa di strane creature come Enron, le mille bolle blu di Wall Street.
Una leopardiana strage delle illusioni. Poi, improvvisamente, di nuovo l’impennata, l’ascesa, i profitti alti e poi di nuovo giù, sull’ottovolante del trader, la trasformazione industriale compressa e rapida, necessariamente corta e accelerata, le ristrutturazioni e fusioni dell’oggi per il domani. E la scommessa sul tavolo: il barile di nuovo a 100 dollari. Possibile? Sembra difficile, ma in realtà nessuno oggi può saperlo, come nessuno poteva immaginare nel 2013 che nel giro di tre anni il prezzo sarebbe sceso a 50 dollari. Mai giocare troppo a dadi con il destino. Bisogna rispettarlo, guardarlo con prudenza, accelerare solo quando apre gli spazi a una nuova corsa.
Fotografia di un mondo alla ricerca di nuovi equilibri
Nel compra e vendi dell’upstream, a monte di tutto, ci sono analisi corrette e sbagliate, scommesse azzardate e previsioni azzeccate. È un mondo dove il sogno è ogni giorno concreto. Il panorama che emerge dalle pagine di we è quello di un movimento figlio di una società accelerata (leggere Social Acceleration di Hartmut Rosa per farsi un’idea del mondo in cui viviamo) in cui la “percezione” e “l’istante” cambiano la curvatura dello spazio. Corriamo. Ma è più importante sapere dove andare. Tra il 2012 e il 2017 il valore delle transazioni nell’Oil&gas upstream è stato di oltre mille miliardi di dollari, nel 2016 il valore degli accordi è raddoppiato, la splendida mappa di accordi pubblicata su we dice che cambieranno senza dubbio alcuno lo scenario.
Come? Gli investimenti in Africa sono ripresi, ma ancora lontani dal livello di quattro anni fa; l’Europa sta (ri)aprendo una nuova era Artica; gli Stati Uniti sono un gigante con una trasformazione radicale della politica (anche energetica) in fieri; Russia e Mar Caspio sono sempre il terreno del Grande Gioco geopolitico (leggere The Great Game di Peter Hopkirk); il Canada, questo gigante di foreste e laghi e infinite risorse naturali, è in un limbo e l’anno eccezionale è il 2012, sessanta mesi fa, un’altra epoca; l’America Latina vive la sua stagione del sottosopra politico, il gigante del Venezuela brucia la democrazia, il Brasile cerca il suo centro di gravità permanente e ancora non l’ha trovato; l’Australia cerca una via del gas in un ecosistema ricco e fragile. Siamo di fronte a sfide di una complessità crescente in un mondo accelerato dove i vecchi paradigmi sono arrugginiti. Servono grande coraggio, cultura e immaginazione.
Il Grande Slam dell’energia globalizzata
La nostra mappa è spazio aperto e chiuso, confine, Stato, politica. La mappa è “la rivincita della geografia” (titolo di uno splendido libro di Robert D. Kaplan), è il cambiamento di un’epoca, la piattaforma di lancio verso un altro scenario di cui abbiamo visto solo i primi bagliori. Ce lo ricorda Roberto Di Giovan Paolo in un articolo che appende al chiodo dei (dis)accordi di Parigi sul cambiamento climatico, COP21, la foto sfocata della chiusura del Novecento con l’elezione di Donald Trump e Emmanuel Macron (due leader senza partito), la Brexit che non è dettata dall’economia ma da una cultura (“ogni inglese è un’isola”, diceva il poeta Novalis) e un tam tam da instant messenger dell’incertezza e della sfida continua.
Viviamo tempi interessanti. Forse troppo. Vladimir Putin e Xi Jinping, i presidenti di Russia e Cina, durante l’ultimo vertice dei paesi BRICS a Xiamen, in Cina, hanno tracciato nei loro interventi il disegno di un nuovo ordine mondiale in cui energia e tecnologia sono il motore della trasformazione e l’intelligenza artificiale lo strumento “per dominare il mondo” (Putin dixit). Tutto questo si chiama contemporaneità, lo spirito del tempo, Zeitgeist. Questo è il mondo dove ci muoviamo. L’energia è il campo da gioco numero uno del Grande Slam della globalizzazione (ne esistono due, una vecchia e una nuova, come brillantemente spiegato da Richard Baldwin in “The Great Convergence”, un libro pubblicato nel 2016 dalla Harvard University Press), dà movimento e forza ai vincenti, ma non può permettersi (l’abbiamo visto) di dimenticare l’esistenza dei perdenti. we racconta questo nuovo mondo, senza dimenticare quanto di grande (e piccolo), bello (e brutto), utile (e inutile) è stato fatto in passato. La storia è maestra di vita, noi siamo i suoi distratti allievi che guardano al domani. L’energia siamo noi. we.