Perché l'Arabia Saudita ha deciso di raddoppiare il prezzo della benzina
Secondo aumento del carburante in due anni nel tentativo di sanare i conti pubblici nazionali

Cosa spinge il maggior esportatore di petrolio al mondo, l’Arabia Saudita, a raddoppiare dall’oggi al domani il prezzo della benzina? La domanda se la saranno fatta, primi tra tutti, i cittadini sauditi che inaugureranno il 2018 con il portafoglio più leggero. A parziale discolpa del Governo del Regno c’è da dire che, nonostante il balzo, la benzina a Riad continuerà a costare molto poco. L'aumento del prezzo del carburante è il secondo in due anni. Ciò nonostante, il costo della benzina nella monarchia wahabita resta il più basso del mondo: con l'aumento del 127% l'high-grade petrol (Ottano 95) passerà da 24 centesimi di dollaro al litro a 54 cent mentre il low-grade petrol (Ottano 91) aumenterà dell'83% da 20 cent al litro a 36,5. Invariato invece il prezzo di diesel e cherosene.
Lotta al deficit
Tali misure fanno parte di una più ampia strategia per abbattere il deficit pubblico, salito negli ultimi anni (al 15% del Pil nel 2015) a causa del forte calo del prezzo del petrolio. Il mese scorso sempre l'Arabia Saudita ha tagliato i sussidi pubblici all'elettricità, provocando un aumento delle bollette. Negli ultimi due anni, Riad ha totalizzato 260 miliardi di dollari di deficit e prima del 2023 non raggiungerà il pareggio.
Per finanziare il proprio debito pubblico, il Regno ha preso circa 250 miliardi dalle sue riserve negli ultimi 4 anni, riducendole a 490 miliardi di dollari, raccogliendo inoltre 100 miliardi sui mercati internazionali e su quello nazionale. Anche 19 anni fa, era il 1999, Riad aveva preso la stessa iniziativa per i medesimi motivi: ridurre il deficit da 12 a 10 miliardi di dollari aumentando il prezzo della benzina del 50%. Poca cosa rispetto alle cifre di oggi.
Iva, una rivoluzione
Ma le misure fiscali decise dal governo di Riad non finiscono qua. Proprio per migliorare i conti pubblici e per rendere l’economia meno dipendente dalle oscillazioni del petrolio, Riad ha introdotto l’Iva al 5%. Una vera e propria rivoluzione portata avanti dalla monarchia insieme agli Emirati Arabi Uniti, fino a ieri fieri sostenitori di un sistema “tax free” e patria dei più avveniristici e sfarzosi centri commerciali.
Dubai organizza da diverso tempo un 'festival annuale dello shopping' per attrarre “cacciatori di affari” da tutto il mondo. La nuova tassa, applicata alla maggior parte di beni e servizi, porterà nelle casse dei due Governi, secondo le prime stime, 21 miliardi di dollari solo quest’anno, pari al 2% del Pil. Gli altri quattro Stati del Golfo - Bahrain, Kuwait, Oman e Qatar – si sono presi un po’ più di tempo e introdurranno l'Iva tra un anno, all'inizio del 2019.
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