Il 9 settembre non è giornata celebrativa in alcun Paese al mondo. Eppure la mattina del 9 settembre 1913 accadde un evento straordinario, ignoto ai più, che ha letteralmente cambiato il corso della storia. Nei laboratori dell’industria chimica tedesca BASF, presso Ludwigshafen in Germania, ebbe inizio la produzione industriale dell’ammoniaca, una molecola costituita da un atomo di azoto e tre di idrogeno (NH3). Il chimico Fritz Haber e l’ingegnere Carl Bosch erano giustamente orgogliosi del successo dei loro studi, ma probabilmente non immaginavano di aver innescato la più grande esplosione della storia, quella della popolazione umana.
L’azoto è un elemento chimico necessario per la vita, e quindi anche per l’alimentazione umana: è infatti un componente essenziale degli aminoacidi che l’organismo usa per sintetizzare le proteine.
La molecola dell’azoto, N2, è inerte e perciò difficile da utilizzare. Non a caso è abbondantissima: l’80% dell’aria è azoto molecolare. Fino al 9 settembre 1913 soltanto la natura – attraverso alcuni tipi di batteri – era in grado di «fissare» l’azoto atmosferico, estraendolo dall’aria per usarlo nei composti biologici. L’uomo si limitava a fornire ai terreni una modesta quantità di azoto «extra», riciclando deiezioni animali o altri scarti naturali di origine proteica.
Quel giorno l’agricoltura voltò pagina: con i fertilizzanti azotati sintetici ottenuti dall’ammoniaca iniziava la cosiddetta «rivoluzione verde», che avrebbe incrementato notevolmente la produttività dei terreni e la disponibilità alimentare.
L’improvvisa e contemporanea disponibilità di fertilizzanti azotati sintetici e combustibili fossili spiega in larga parte l’impressionante impennata demografica avvenuta in pochi decenni del Novecento. Per far nascere i primi due miliardi di persone sono stati necessari 5.000 anni. I due miliardi di persone successivi nacquero in circa 50 anni (1927–1974). Gli ulteriori due miliardi sono nati in soli 25 anni (1974 – 1999).
Oggi la popolazione mondiale ammonta a 7,5 miliardi di persone, e dovrebbe stabilizzarsi intorno ai 9–10 miliardi verso il 2050 (in assenza di eventi catastrofici). Ogni giorno gli abitanti del pianeta crescono di oltre 200.000 unità, ogni anno di circa 80 milioni. Una Padova in più ogni mattino, quasi una Germania in più allo scoccare di ogni nuovo anno. Tutte queste persone hanno diritto a un’esistenza dignitosa, con la loro quota di cibo ed energia.
Nel ventunesimo secolo la disponibilità di cibo non è il problema più immediato che l’umanità deve affrontare (lo è però la sua distribuzione e la capacità di poterselo permettere economicamente). Sia nei Paesi ricchi sia in quelli in via di sviluppo, siamo anzi ormai giunti all’abuso di questa straordinaria conquista: la sovralimentazione provoca un numero crescente di danni alla salute delle persone e all’ambiente. Dobbiamo però rimanere vigili: mentre l’umanità ingrassa ci sono segnali evidenti di un progressivo impoverimento dei suoli fertili del pianeta, a causa di una gestione non di rado sconsiderata, amplificata dagli e etti dei cambiamenti climatici.