L'incidente di Baumgarten e la sicurezza energetica italiana ed europea

L'episodio ripropone la necessità di contare su più fonti di gas e su partner diversi

L'incidente di Baumgarten e la sicurezza energetica italiana ed europea
Foto: ROBERT JAEGER/Apa-PictureDesk/Apa/Afp 
L'incidente di Baumgarten (Afp) 

L’esplosione nel terminale austriaco di Baumgarten, in Austria, riapre, per l’ennesima volta, gli interrogativi sulla sicurezza sul sistema energetico italiano ed europeo. Dopo che per qualche ora  - il flusso adesso è ripreso - si è temuto di poter restare al freddo.

Un sistema, quello europeo, già messo a dura prova dalle “guerre del gas” tra Russia e Ucraina che si sono ripetute, più volte, negli ultimi anni. Le tensioni tra Kiev e Mosca, fondamentalmente politiche, sono state innescate, a partire dal 2006, da dispute sul prezzo del gas tra i due Paesi con conseguenze dirette per i Paesi europei (in particolare quelli dell’Est). Per superare tali criticità è necessario ampliare le rotte e le fonti di approvvigionamento soprattutto per un paese come l’Italia che importa il 90% del gas che utilizza e che aspira a diventare un hub del gas.

Descalzi: "Puntare sulla diversificazione"

La questione è stata analizzata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi: per superare "la fragilità" del sistema è necessario puntare sulla diversificazione da attuare con il gnl (gas naturale liquefatto) e i gasdotti. "E' un problema normale quando l'Italia come l'Europa punta tutto sull'import di gas", ha spiegato ricordando che il nostro paese ne prende il 90% mentre l'Europa oltre il 70%.

A rassicurare sugli stoccaggi (“intaccati in minima parte”), che sono le riserve di gas da utilizzare nei momenti di emergenza, è stato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda per il quale la vicenda “dimostra che c'è un grande problema di sicurezza degli approvvigionamenti e bisogna aprire nuove rotte per il gas". Il ministro ha escluso anche “aumenti delle bollette perché l'incidente si è chiuso in una giornata e dunque il prezzo per i consumatori non subirà un effetto sensibile”.

Ma il fulcro della questione “è avere flussi di gas diversificati da partner diversi perché se questo incidente fosse andato diversamente, ci avrebbe messo pesantemente sotto stress sia dal punto di vista degli approvvigionamenti che dei prezzi".

Il Tap, spiega il ministro, "è necessario, abbiamo una dipendenza energetica del 45% con picchi di due terzi nella stagione fredda e non possiamo stare in questa situazione: già nel 2009 durante la crisi ucraina avemmo un problema molto più grande di questo: ecco perché il gasdotto Tap è fondamentale, perché è una diversificazione di fonte, peraltro fatta a spese di chi il gas lo porta, quindi non dello Stato, così come lo è l'EastMed, l'altro gasdotto su cui stiamo lavorando, che porterà il gas da Israele. Dobbiamo avere più fonti di gas, che è la grande energia di transizione, visto che noi usciremo dalla produzione a carbone di energia elettrica, entro il 2025".

Attualmente le infrastrutture di importazione in esercizio, secondo il Mise, sono: il gasdotto TAG (Trans Austria Gas, quello che è stato chiuso dopo l’incidente) Pipeline con una capacità di trasporto di 107 milioni di metri cubi/giorno; il gasdotto TRANSITGAS da 59 milioni di metri cubi/giorno; il gasdotto TTPC (Trans Tunisian Pipeline Company) da 108 milioni di metri cubi/giorno; il gasdotto GREENSTREAM da 46,7 milioni di metri cubi/giorno. Ci sono poi i terminali di rigassificazione di Panigaglia della società GNL Italia con una capacità di rigassificazione di 13 milioni di metri cubi/giorno; quello al largo di Rovigo della società Adriatic LNG da 26,4 milioni di metri cubi/giorno e il terminale OLT al largo di Livorno in Toscana, della società OLT Offshore LNG Toscana, da 15 milioni di metri cubi/giorno.

Gli stoccaggi invece garantiscono 12 miliardi di metri cubi di gas che salgono a 17 miliardi con le riserve strategiche. I consumi in Italia sono pari a 70 miliardi di metri cubi all’anno. Anche a livello europeo (Ue a 28) la situazione non cambia di molto. Per diventare l’hub del gas dell’Europa meridionale, in Italia c’è ancora parecchio da fare. 



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