I rifiuti o scorie nucleari si suddividono in due categorie. Le scorie a bassa e media radioattività comprendono le attrezzature impiegate per la lavorazione del combustibile, i terreni contaminati, i pezzi di impianti smantellati e i dispositivi di protezione del personale addetto agli impianti.
Il combustibile esausto o riprocessato costituisce invece un rifiuto ad alta radioattività, che deve essere conservato per almeno 10 anni in appositi impianti di raffreddamento: queste scorie infatti sono troppo calde per poter essere trattate e messe in un deposito permanente. Durante questa delicata fase sono stati documentati decine di casi di perdite di materiale radioattivo nell’ambiente.
Esauste più di 20 tonnellate l'anno
Ogni centrale nucleare da 1000 MW produce oltre 20 tonnellate l’anno di combustibile esausto altamente radioattivo. Si tratta di un miscuglio complesso di materiale solido, liquido e anche gassoso, contenente decine di isotopi diversi. Il 94% è uranio (quasi tutto 238U), il 5% è costituito da prodotti di fissione vari (come 137Cs e 90Sr), mentre il restante 1% è formato da isotopi del plutonio o di altri elementi arti ciali di analoga pericolosità come l’americio (243Am). Da un punto di vista chimico-fisico il miscuglio è talmente complesso che, anche se si trattasse di materiale non radioattivo, sarebbe molto difficile da trattare.
Fin dagli anni Settanta gli Stati Uniti si sono posti il problema di trovare un deposito definitivo e sicuro per le scorie radioattive delle loro centrali e per quelle provenienti dallo smantellamento delle testate nucleari.
All’inizio pareva un compito non impossibile: dopotutto gli Stati Uniti sono la nazione tecnologicamente più avanzata, più ricca e più potente del pianeta, con vaste zone di territorio remote, disabitate e geologicamente sicure.
Nel 1978 iniziarono gli studi sul sito di Yucca Mountain, una sorta di bunker naturale del deserto del Nevada, a circa 150 km da Las Vegas. Inizialmente il sito doveva offrire garanzie di sicurezza per 100 000 anni, poi ridotti a "soli" 10 000 anni. Sorge spontaneo chiedersi che senso abbia certificare qualcosa per un periodo di tempo pari al doppio della storia della civiltà umana. E infatti nel 2009 il progetto è stato abbandonato. Ogni tanto c’è chi propone di riprenderlo in considerazione.
Resterebbe comunque da stabilire come trasportare in modo sicuro migliaia di tonnellate di rifiuti nucleari laggiù, attraversando l’intera nazione.
L'utopia di un deposito
Il costo complessivo stimato per il progetto Yucca Mountain ammonta a oltre 90 miliardi di dollari. In attesa della costruzione di depositi permanenti, certamente ancora lontana nel tempo, negli Usa ci sono oltre 75000 tonnellate di rifiuti radioattivi ad alta attività – in continuo aumento – che attendono di essere messi in sicurezza.
Agli attuali ritmi di produzione complessiva di elettricità e armamenti nucleari, il mondo avrebbe bisogno di un deposito con la capacità di Yucca Mountain ogni due anni. Gli Stati Uniti non sono stati in grado di metterne in funzione neanche uno in quarant’anni.