La conversione dell’energia solare in calore a bassa temperatura si può ottenere mediante i collettori solari o pannelli solari termici (da non confondere con i pannelli fotovoltaici, di cui parleremo più avanti). Questi collettori contengono tubi di rame dove un liquido riscaldato dalla luce solare è utilizzato per scambiare calore con una riserva d’acqua.
Un collettore di circa 3 m2 è sufficiente, alle nostre latitudini, per fornire acqua calda a uso domestico per una famiglia media. Con superfici più estese di pannelli si può alimentare anche un impianto di riscaldamento a pavimento per gli edifici. Un collettore solare ha una durata di almeno 30 anni, richiede soltanto piccole manutenzioni e in due anni produce una quantità di energia pari a quella che è stata necessaria per fabbricarlo. Si tratta di una tecnologia semplice, affidabile e poco costosa, grazie anche agli incentivi promossi da molti governi. In alcune regioni europee le nuove abitazioni indipendenti hanno per legge l’obbligo di installazione dei collettori solari. La potenza installata mondiale di collettori solari termici era di 50 GW nel 2000, 240 GW nel 2010 e ha raggiunto i 435 GW alla ne del 2015, con un’area di collettori che ha superato i 600 milioni di metri quadrati. L’energia generata in un anno, 357 TWh, è pari a quella che avrebbero fornito 38,4 milioni di tonnellate di petrolio, il cui uso avrebbe generato 124 milioni di tonnellate di CO2.
L’uso dei collettori solari comporta, indirettamente, anche un risparmio elettrico. Nelle case moderne infatti si usano grandi quantità di energia elettrica per scaldare l’acqua nelle lavatrici e nelle lavastoviglie.
Il solare termico è una tecnologia che non consuma suolo, non presenta pericoli di alcun tipo e non crea danni ambientali. I materiali utilizzati sono tutti riciclabili.
Nel nostro Paese l’uso dei pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua domestica è ancora desolatamente basso: nel 2014 (dati 2016) la superficie attrezzata a pannelli solari era di 66 metri quadrati per ogni 1000 abitanti, 10 volte meno dell’Austria e ben lontana dall’obiettivo dei 450 m2 per 1000 abitanti previsti per il 2020.
È da notare poi che buona parte degli impianti solari italiani si trovano in Alto Adige, non nel più soleggiato Mezzogiorno. Persino l’acqua calda del- le docce degli stabilimenti balneari italiani è spesso ottenuta bruciando idrocarburi (gpl): un sintomo esemplare di un Paese incapace di guardare al futuro.