L'imponente crescita urbana degli ultimi decenni è essenziale per il nostro sviluppo futuro. Le città sono fondamentali motori di sviluppo e fucine di culture, innovazione, economie e reti di relazioni. Allo stesso tempo, le città concentrano anche le caratteristiche negative legate all'urbanizzazione: come disuguaglianze, condizioni di vita disagiate, sicurezza e accesso ai servizi di base, specialmente nelle grandi aree metropolitane e nelle mega city (città con più di 10 milioni di abitanti), dove specialmente nei paesi emergenti il fenomeno delle baraccopoli (slum) assume dimensioni rilevanti con percentuali di popolazione che vi abitano che raggiunge il 60 per cento.
Nelle baraccopoli il tipo di abitazione può variare dalla semplice baracca in legno o lamiera a strutture più permanenti (per esempio fatte di mattoni), mentre l'accesso ai servizi e alle infrastrutture di base (elettricità, acqua, servizi sanitari, telecomunicazioni) è limitato o molto deteriorato. A oggi si stima il numero degli abitanti delle baraccopoli in circa un miliardo di persone, leggermente inferiore a un terzo della popolazione urbana globale, mentre l’OMS stima in circa un milione di morti l’anno a causa dell’inquinamento domestico dovuto a sistemi di cottura inquinanti (basti pensare che tra le fasce più povere della popolazione il più diffuso metodo di cottura è quello delle tre pietre).
Il miglioramento delle condizioni di vita nelle zone urbane degradate è uno temi cruciali all’interno dei Sustainable Development Goals (SDG), e l'accesso ai moderni servizi energetici (elettricità, sistemi di cottura puliti e sicuri) svolge un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi obiettivi specifici (Goal 7). Mentre la mancanza di sistemi di cottura moderni interessa principalmente la salute e la spesa familiare, la mancanza di accesso all'elettricità ha un forte impatto sull'istruzione e sulle attività generatrici di reddito. Per questo motivo, l'accesso a servizi energetici moderni (cucina pulita e accesso all'elettricità) per gli abitanti degli slum è una necessità essenziale per migliorare la loro qualità di vita e promuovere lo sviluppo di aree urbane a basso reddito. L'elettrificazione degli insediamenti informali è una priorità che trova ancora ostacoli che impediscono una collaborazione fruttuosa tra i servizi pubblici, gli abitanti, e le autorità locali.
Il tema della povertà energetica e dell’accesso all’elettricità trova due declinazioni molto differenti in Africa e America Latina. In America Latina l’accesso all’energia elettrica è largamente diffuso, con percentuali della popolazione raggiunta dal servizio che arrivano al 99%, mentre in Africa le percentuali sono molto inferiori, sia per quanto riguarda la popolazione urbana, sia per quanto riguarda l’accesso alla rete elettrica.
In Africa, l'accesso a fonti moderne per la cucina domestica è molto limitato, a fronte di una popolazione insostenibilmente numerosa e crescente che si basa direttamente sulla biomassa, soprattutto nell'Africa sub-sahariana, dove l’accesso a combustibili liquidi è molto limitato. Ben diversa è la situazione nella zona settentrionale, dove le percentuali di accesso all’elettricità sono più vicine a quelle dei paesi sviluppati (97% in Marocco, 99% in Algeria e il 100% in Tunisia, Egitto e Libia).
In America Latina, il problema della povertà energetica è essenzialmente di carattere economico, e tra le maggiori barriere troviamo il canone di connessione e l'impossibilità di pagare regolarmente le bollette. Per via dell'informalità degli insediamenti le persone non possono stipulare accordi formali e non sono in grado di pagare una fattura con scadenza regolare a causa di un reddito incerto. Di conseguenza, molte famiglie ricorrono al furto, scelgono di pagare un vicino per condividere la connessione, o molto più spesso si rivolgono al mercato nero gestito dalle organizzazioni criminali che forniscono il servizio illegalmente e che accettano pagamenti più flessibili delle bollette, oltre ad avere metodi di recupero dei crediti molto diretti (Depuru, 2010; Mimmi e Ecer, 2010; Smith, 2004).
Questo meccanismo genera una percentuale di furti di elettricità che può raggiungere anche l’80% nelle zone a maggior degrado, e danneggia sia le utility sia gli abitanti: le compagnie sono danneggiate dalle notevoli perdite commerciali (solo in parte riconosciute dallo stato), mentre gli abitanti, sia quelli delle zone regolari sia quelli delle zone abusive soffrono di costanti interruzioni di tensione proprio a causa del carico irregolare causato dalle connessioni illegali. Inoltre, in caso di furti a causa di una connessione in sostanza gratuita, il furto di elettricità innesca comportamenti inclini alla scarsa efficienza e allo spreco.
D'altra parte, per una parte della popolazione degli slum il furto è un comportamento innescato dalla necessità, e prova ne è il fatto che spesso gli abitanti pagano per l’energia al mercato nero una cifra superiore a quella del mercato formale e sarebbero disponibili a rifornirsi in modo legale, ma a causa delle barriere sopra discusse non è loro possibile. Le connessioni illegali rappresentano quindi il desiderio delle fasce povere della popolazione di voler accedere ai benefici che l'elettricità offre. A conferma di ciò è il successo delle iniziative sperimentate dalle compagnie Ampla e Coelce in Brasile e Chilectra in Cile, dove, con il supporto dello stato, in cambio di rifiuti riciclabili le persone ricevono dei crediti in Energia da spendere sui loro contatori regolarmente allacciati.
In Africa subsahariana, specialmente nel versante occidentale e centrale le barriere all’elettrificazione sono essenzialmente di carattere politico e infrastrutturale, e coinvolgono sia le zone rurali sia quelle urbane. L’Africa subsahariana è la regione meno urbanizzata del pianeta, e le città sono oggetto di una massiccia migrazione rurale che comporta la formazione di vaste zone informali. Mentre le zone rurali richiedono investimenti notevoli per essere elettrificate, nelle città i governi locali tendono a non riconoscere gli insediamenti informali, e non incoraggiano investimenti nelle infrastrutture lasciando sostanzialmente soli gli abitanti. Inoltre, la qualità del servizio è molto scarsa, e le persone non riconoscono nella rete elettrica una valida sorgente di approvvigionamento. Per esempio a Lagos la principale fonte di produzione dell’energia elettrica è composta di generatori a gasolio (Kennedy, 2015).
Uno dei problemi più gravi rimane comunque quello dell’inquinamento domestico legato alla cucina con biomasse. L’agenzia UN-Habitat sta sviluppando una serie di progetti per ridurre l’impatto sulla salute dei metodi di cucina basata su biomasse incoraggiando la diffusione di sistemi di cottura meno inquinanti ed efficienti dal punto di vista energetico.
L’uso delle tre pietre, oltre ad avere lo svantaggio di essere molto inquinante, è molto inefficiente dal punto di vista energetico. La Global Alliance for Clean Cookstoves è un’organizzazione della UN Foundation che si occupa della diffusione di mezzi di cottura efficienti e puliti, che sta sviluppando progetti in Africa e Asia attraverso il coinvolgimento dal basso delle donne attraverso campagne di informazione e supporto all’acquisto di forni a biomassa. Fino al 2014 sono stati distributi oltre 20 milioni di forni, 5 dei quali in Africa. Nel 2016, nella sola Nigeria sono stati formati 140 imprenditori per la produzione sul posto, e sono stati distribuiti 35000 forni con una riduzione del 15% del legname da foresta usato per cucinare.
Nelle zone urbane, il furto di elettricità rimane anche in Africa un problema sia per gli utenti regolari che per le utility. Un’interessante soluzione è quella del contatore prepagato, iniziativa che permette anche a chi non ha un reddito regolare di usufruire del servizio. Per esempio, in Kenya, l’azienda Kenya Power ha annunciato che nel 2016 il numero di contatori prepagati è arrivato a oltre 2.3 milioni, mentre in Zaire il distributore Eskom sta raggiungendo una serie di accordi con le municipalità per il test del servizio (è interessante notare come in anche in Italia, negli anni ’40, ’50 fosse in servizio un sistema simile, poi abbandonato nel corso degli anni ’60, anche se recentemente l’Autorità italiana ha rispolverato l’idea).