Gli italiani e il fenomeno Nimby: lo stato dell’arte

fenomeno nimby

Il fenomeno Nimby  (acronimo inglese che sta per not in my back yard, non nel mio cortile) indica una forma di protesta attuata da un gruppo di persone o da una comunità locale contro opere e attività di interesse pubblico che potrebbero avere effetti negativi sul loro territorio. In Italia gli ultimi e più eclatanti casi di dissenso si sono visti per la Tap e per il Tav

Un fenomeno molto diffuso nel nostro paese che colpisce opere non solo con un potenziale impatto ambientale ma anche infrastrutture che, almeno in teoria, non dovrebbero sollevare le preoccupazioni delle popolazioni interessate come, ad esempio, gli impianti per la produzione di energie rinnovabili. A tracciare gli sviluppi di queste manifestazioni è il rapporto dell’Osservatorio Nimby Forum.

Nell’ultima edizione emerge un elemento di interessante discontinuità rispetto al passato: dopo anni di crescita il database segnala una riduzione nel numero assoluto degli impianti contestati. Nel 2017 sono 317 gli impianti bloccati in Italia contro i 359 del 2016, in diminuzione dell’11,7%.

Sul totale delle opere contestate, 80 sono i casi emersi per la prima volta nel 2017, mentre i restanti 237 sono già presenti nel database Nimby, anche a partire dall’edizione 2004. Da questo punto di vista, si registra un decremento del circa 31,6%, rispetto ai 119 nuovi focolai apparsi nel 2016.

Il calo tuttavia è attribuibile a una diminuzione degli investimenti e dei nuovi progetti e non da un cambio di atteggiamento delle popolazioni locali. Da un confronto con i permessi di prospezione e ricerca, dalle istruttorie di VIA o VAS in corso, dagli iter autorizzativi avviati o in corso di avviamento, si deduce appunto che il calo di contestazioni è contestuale al calo di progetti in corso.

Tra le opere contestate anche impianti per la produzione di energie rinnovabili

Nonostante lievissime flessioni, le rilevazioni 2017 riconfermano i trend della scorsa edizione. A guidare la classifica dei comparti industriali più contestati troviamo quello energetico con il 57,4%.  Segue il settore dei rifiuti con il 35,9% (nel 2016 era il 37,4%). Si attesta in terza posizione il comparto infrastrutturale con il 5,9%. Scendendo nel dettaglio, il settore energetico vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso gli impianti da fonti rinnovabili con 55 impianti contestati, all’incirca il 73,3% sul totale del comparto. A guidare la classifica per tipologia sono le centrali a biomasse (35), seguite a ruota da impianti eolici (7) e centrali geotermiche (7). “I dati ci restituiscono nuovamente l’immagine di un paese immerso nelle contraddizioni e diviso tra il sostegno in politiche green, diffuso tra gli opinion leader, e le reazioni ‘nimby’ riservate a questi progetti sui territori”, spiega il rapporto. Anche nel 2017 il veicolo tramite il quale le contestazioni viaggiano maggiormente è rappresentato da Enti Pubblici e Politica: rispettivamente nel 26,3% e nel 25,4% dei casi, a opporsi a impianti e opere pubbliche sono proprio questi soggetti, che insieme sfiorano la maggioranza assoluta (51,6%). In termini assoluti, restano comunque prevalenti le contestazioni di matrice popolare (comitati, etc) con il 34,6%. Con il 9,6% - in diminuzione rispetto al 14,6% del 2016, seguono le opposizioni espresse da associazioni ambientaliste.

A preoccupare le popolazioni non è l’impatto sulla salute quanto quello sulla qualità della vita

L’impatto ambientale non rappresenta la principale ragione alla base delle contestazioni, con un’incidenza che passa dal 30,10% del 2016 al 25,8% del 2017. Al primo posto, l’Osservatorio inserisce, invece, le preoccupazioni per la qualità della vita, con un 29,6% (+ 17,4% del 2016). Seguono le opposizioni per carenze procedurali e di coinvolgimento (18,4%) e i timori per la salute pubblica (13,8%).

Come per gli scorsi anni, sono i soggetti contestatori a occupare prevalentemente la scena comunicativa, esprimendo l’86% delle iniziative rilevate. Il dato, in continuo aumento, conferma l’enorme gap da colmare – sul piano dell’informazione, del coinvolgimento e della partecipazione – da parte dei soggetti pubblici e privati promotori di progetti industriali su tutto il territorio nazionale. La mappa 2017 del ‘contagio’ Nimby evidenzia come le contestazioni siano trasversali. La Lombardia si riconferma la regione con il tasso di contestazioni più elevato (10,98%) a seguire Toscana con il 9,9% e Lazio con l’8,3%. Le opposizioni non risparmiano nemmeno il Sud che nel 2017 supera il Nord.  Infatti a livello aggregato si nota un aumento delle opposizioni nel Sud Italia che si attestano attorno al 39,6% contro il 36,4% del Nord.

 



Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it