In uno dei suoi World Energy Outlook, quello del 2011, l’International Energy Agency indicava nel 2017 l’anno al di là del quale non sarebbe stato più possibile centrare l’obiettivo del contenimento della temperatura entro i 2°C, a costi ragionevoli. In parole semplici, osservava la IEA, poiché le tecnologie energetiche – es. le centrali elettriche – hanno un orizzonte di vita di alcune decadi e non è pensabile sostituirle con uno schiocco di dita, larga parte delle future emissioni di carbonio sono già decise.
La tecnologia esistente oggi contiene in se stessa le emissioni di domani, sulle quali quindi non si può fare molto: esse sono già opzionate, “locked-in”, come diceva l’Agenzia di Parigi. Dunque, bisogna fare in fretta a cogliere tutte le opportunità di rimpiazzo tecnologico e di introduzione di nuove tecnologie, decarbonizzando il più possibile e il prima possibile. Il grafico della IEA (fig. 1) era impietoso. Homo Sapiens se ne sta seduto su una traiettoria delle emissioni che potrebbe condurlo, entro la fine del secolo, a +6°C, laddove, detto per inciso, il livello dei mari potrebbe aumentare in misura tale da ridisegnare le mappe del mondo (… forget Shanghai and San Francisco, for instance!). Se vuole evitare questa disastrosa prospettiva collocandosi su quella, più saggia, dei +2°C, dovrebbe fare in fretta. Il 2017 è il termine ultimo: se non si agisce ora, diceva la IEA nel 2011, tutte le infrastrutture introdotte dopo il 2017 dovranno essere carbon free.
Ora, il 2017 è passato e non vi è traccia che Sapiens sia sceso dalla sua sedia. O meglio, ha detto che lo farà, incamminandosi con calma – correre, sua attitudine sempiterna, in questo caso non gli riesce – verso la traiettoria dei 2°C da conseguire entro la fine del secolo.
Nel 2015, nella COP 21 di Parigi ha infatti deciso delle azioni di mitigazione delle emissioni - i cosiddetti NDCs (Nationally Determined Contributions) - che dovrebbero portarlo su una traiettoria meno rischiosa, tra i 2,7°C (IEA) e i 3,5° (Climate Interactive). Certo, non si tratta dei 2°C che lo stesso Accordo di Parigi reputa obiettivo finale, né vi è certezza che quegli NDCs siano effettivamente rispettati, visto che non vi è alcun vincolo di natura legale per i Paesi che li hanno sottoscritti. Tuttavia, pur con i suoi limiti, l’impegno di Parigi è qualcosa di positivo e depone a favore della buona volontà di Sapiens. D’altra parte, non bisogna essere troppi critici ed escludere che egli saprà fare meglio di quanto ha dichiarato di voler fare.
È già successo una volta, con il Protocollo di Kyoto, quando i paesi industrializzati - ma non quelli emergenti, purtroppo - mitigarono le proprie emissioni in misura ben superiore ai target sottoscritti: 23,2% contro 5,2%. Di certo, però, il monito diffuso dalla IEA nel 2011 non è ancora stato colto e non siamo sulla curva giusta. È vero, ci si può sempre arrivare: basta spostare in avanti, sulla linea del tempo, il momento in cui la curva delle emissioni comincia a piegarsi verso il basso, fino a raggiungere nel 2100 la traiettoria dei 2°C. Entro un certo limite temporale ciò è possibile, ma implica misure e costi progressivamente crescenti, come la stessa IEA aveva sottolineato nel 2011.
Oggi, ciò che è innegabile è che ancora non siamo sulla traiettoria dei 2°C. Anzi, siamo assai distanti. L’ultimo World Energy Outlook dell’Agenzia di Parigi (IEA, WEO 2017) mostra come le emissioni stimate al 2040, implicite nello scenario che incorpora tutte le azioni di policy già avviate o previste dai Paesi, siano quasi il doppio (+95%) di quelle dello scenario 450 (2° C). In parole povere, Sapiens fa fatica a prendere congedo dalla sedia sulla quale è seduto. Cosa accadrà? Come andrà a finire? La logica suggerisce che sono possibili diversi sviluppi. Proviamo a elencarli:
- a) in ritardo, ma con vigore e costi straordinariamente crescenti, Sapiens si porta sulla curva dei 2°C;
- b) Sapiens agisce ma non fa abbastanza: la temperatura sale tra i 2 e i 6°C, ad esempio 4°C;
- c) Sapiens rimane astenico, non agisce con sufficiente vigore ed è sopraffatto, letteralmente, dalle onde del mare;
- d) Sapiens fa nulla o molto poco per mitigare le emissioni, ma è salvato dal suo genio poiché concepisce una last minute technology, oggi non congetturabile, che risolve ogni problema di clima.
Forse, semplificando, la questione del cambiamento climatico è racchiusa in queste quattro opzioni. Il lettore può divertirsi ad assegnare delle probabilità, del tutto soggettive, a ciascuna di esse. Dire come andrà a finire è, oggi, impossibile. Ciò che è certo è che la generazione presente, con disinvoltura e sfrontatezza, prende a prestito da quella futura e trasferisce su di essa rischi enormi e danni potenzialmente irreversibili. Null’altro sono, tale danni, che l’altra faccia della medaglia di una frenesia d’azione connaturata alla nostra civiltà, il cartellino del prezzo di una crescita vorace che è al tempo stesso, per Sapiens, successo e perdizione, zenit e nadir, gloria e dannazione – e forse, in ultimo, destino.
(NB: le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non vanno ascritte all’azienda nella quale lavora).