Il 2018 negli Usa è stato l’anno record per le chiusure delle centrali a carbone ma la CO2 aumenta
I dati arrivano dalla società di ricerche Rhodium Group che in ogni caso ha evidenziato un’inversione di rotta rispetto agli ultimi anni grazie all’utilizzo di gas e alle rinnovabili che hanno sostituito il carbone nella produzione di elettricità

Le emissioni di CO2 sono aumentate del 3,4% negli Stati Uniti nel 2018, il maggior incremento da otto anni, nonostante le chiusure record di centrali a carbone che sono quelle più inquinanti. Il tutto dimostra la difficoltà del Paese nel procedere sulla strada della lotta al cambiamento climatico frenato anche dall’amministrazione Trump che spinge per ridurre i regolamenti federali che limitano le emissioni di gas serra.
I dati arrivano dalla società di ricerche Rhodium Group che in ogni caso ha evidenziato un’inversione di rotta rispetto agli ultimi anni grazie all’utilizzo di gas e alle rinnovabili che hanno sostituito il carbone nella produzione di elettricità. Nel 2018, scrive sempre il rapporto, negli Stati Uniti si è registrato il record storico di chiusure di centrali a carbone.
Il settore dei trasporti è quello che inquina di più
Tuttavia quello dell’anno scorso rappresenta il secondo maggior incremento in oltre 20 anni, sorpassato solo dalle emissioni del 2010 (+3,6%) quando l’economia riemergeva dalla grande recessione. Secondo il New York Times tale aumento è stato causato, in parte, dalle condizioni meteo, da un inverno, quello del 2018, particolarmente freddo che ha fatto aumentare l’uso di combustibili fossili per il riscaldamento in zone come il New England. Ma anche dal forte tasso di crescita dell’economia che ha fatto salire le emissioni delle fabbriche, del trasporto aereo e di quello pesante. E proprio il settore dei trasporti, evidenzia l’analisi, per il terzo anno consecutivo, rappresenta la fonte maggiore di emissioni negli Stati Uniti.
Nel 2019 le emissioni dovrebbero tornare a diminuire
Le emissioni di CO2 prodotte dalla combustione di combustibili fossili hanno raggiunto il picco nel 2007 a poco più di 6 miliardi di tonnellate. Da allora fino alla fine del 2015, le emissioni sono diminuite del 12,1%, a un tasso medio dell'1,6% all'anno. La grande recessione ha avuto un ruolo significativo in questo declino, ma anche l'intensità di carbonio dell'approvvigionamento energetico degli Stati Uniti è diminuita drasticamente, grazie a un cambio nella generazione di energia passata dal carbone al gas naturale, eolico e solare.
Dal 2016 però il ritmo del calo delle emissioni degli Stati Uniti è rallentato, passando dal 2,7% nel 2015 all'1,7% nel 2016 allo 0,8% nel 2017. Il rallentamento in atto, combinato con la mancanza di scelte politiche ambientali rischia di far fallire l'obiettivo di riduzione delle emissioni degli Stati Uniti preso sulla base all'accordo di Parigi che prevede un taglio del 26-28 % al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2025. La cosa rassicurante è che Rhodium Group prevede per il 2019 una ripresa del calo delle emissioni. Restano immutate invece le sfide per gli Stati Uniti, al secondo posto tra i paesi più inquinanti del mondo, per ridurre le emissioni.
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