Produrre carburante dalla plastica può rappresentare una svolta epocale

"Novecento litri di combustibile simile al cherosene e al diesel per ogni tonnellata di plastica". La rivoluzione della pirolisi

carburante plastica

Produrre carburanti dalla plastica. Sarebbe la soluzione di molti e annosi problemi presenti e futuri. Oggi ci siamo quasi e a compiere l’impresa, in Italia, c’è un’azienda svizzera, Grt Group, guidata da un italiano Luca Dal Fabbro che è anche vicepresidente del Circular Economy Network.

“È il nostro obiettivo – ha spiegato Dal Fabbro in un’intervista a Repubblica - il prossimo anno costruiremo in Italia impianti poco ingombranti, grandi come un campo da tennis, e a zero emissioni dirette perché utilizzano la pirolisi. In questi impianti entreranno le bottiglie e i sacchetti di cui cerchiamo disperatamente di disfarci e uscirà carburante: 900 litri di combustibile simile al cherosene e al diesel per ogni tonnellata di plastica”. La pirolisi è un processo che provoca la rottura delle catene molecolari che rendono la plastica rigida senza combustione e quindi senza emissioni.

Secondo le previsioni di Grt ogni impianto potrà produrre combustibile al costo di 25 dollari al barile, un terzo rispetto alle attuali quotazioni del petrolio. Il risultato avrebbe impatti positivi per l’ambiente che sarebbe meno soggetto all’inquinamento e per territorio maggiormente preservato. Avremmo carburante pulito e compatibile con i motori e le industrie esistenti e porterebbe con sé notevoli vantaggi, come la riduzione della dispersione della plastica nell’ambiente e in discarica, la promozione del riuso e un taglio del 70% delle emissioni di CO2 rispetto ai combustibili fossili.

La sfida è quella di preservare la Terra e le sue risorse

“La sfida più rilevante e attuale è quella di preservare il nostro pianeta e le sue risorse, questo comporta necessariamente un cambiamento radicale nei modelli di consumo, produzione e smaltimento attuali”, ha detto ancora Dal Fabbro a Forbes. Per la plastica non riciclabile oggi le destinazioni sono la messa in discarica o l’inceneritore. La soluzione proposta da Grt è quella di estrarre nuovo valore da questi materiali arrivati alla fine del loro ciclo di vita per produrre un combustibile immediatamente utilizzabile dai motori in circolazione. Ma non finisce qui. Il gruppo ha studiato una batteria capace di immagazzinare energia rinnovabile in modo durevole. Una soluzione a uno dei ‘punti deboli’ delle energie rinnovabili, l’intermittenza e la difficoltà di stoccarle. “Potremmo stoccare in maniera stabile, in un liquido, l’energia rinnovabile prodotta in estate, tramite solare ad esempio, e utilizzare poi questa energia in inverno per produrre calore ed elettricità”, spiega Dal Fabbro.

 “Ogni impianto di questo tipo consente di mettere al sicuro, evitando che finisca nel Mediterraneo, l’equivalente di un camion pieno di plastica al giorno”, aggiunge Dal Fabbro. In pratica avremmo benzina a costi più bassi, meno CO2 nell’atmosfera e meno plastica nei mari. Un risultato non da poco.

I benefici dell’economia circolare

Secondo Ellen Mc Arthur Foundation, l’Europa puntando sull’economia circolare avrebbe un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero europeo dei beni durevoli, pari al 20% circa del costo attualmente sostenuto. L’Italia, che è il secondo Paese manifatturiero del continente dopo la Germania – ma in posizione più avanzata sulla capacità di riutilizzo e riciclo - potrebbe trarre i massimi vantaggi economici dalla rivoluzione della circolarità. Vantaggi che si traducono anche in occupazione aggiuntiva: secondo le stime dell’Enea, una forte spinta verso l’economia circolare può creare fino a 540 mila posti di lavoro entro il 2030.

Italia seconda in Ue nel riciclo

L’Italia è già oggi - secondo l’indice di circolarità elaborato dalla Commissione Ue - al secondo posto in Europa nell’uso di materiali già utilizzati: nel nostro paese quasi 1 chilo di materia prima ogni 5 chili di materiali consumati viene dal riciclo. Siamo quindi a quota 18,5% contro il 26,7% dell’Olanda, prima in classifica per riciclo. Sempre secondo gli studi della Commissione, l’Italia è comunque avanti rispetto alla Francia (17,8%) e al Belgio (16.9%), ma soprattutto sopravanza di molto il primo Paese manifatturiero d’Europa, la Germania, che, con un tasso di appena il 10.7%, si posiziona al di sotto della media europea (11.4%).

 



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