A cosa punta il nuovo piano strategico di Eni, tra petrolio e transizione energetica

Il gruppo è riuscito a superare la fase di basse quotazioni del petrolio degli anni scorsi (il bilancio 2017 si è chiuso con un utile di oltre 3,5 miliardi di euro) e ora punta al futuro

A cosa punta il nuovo piano strategico di Eni, tra petrolio e transizione energetica
 Eni
 Eni Descalzi - twitter

L’aveva detto qualche tempo fa, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi: “Siamo nella situazione di cambiare in corsa un veicolo grosso, una balena, che deve diventare una gazzella: è la strategia che abbiamo pensato negli ultimi tre anni e che deve tener conto del breve e brevissimo ma anche del medio e lungo termine”. Il percorso di trasformazione della balena in una gazzella è in corso ma non ancora concluso. Il gruppo è riuscito a superare la fase di basse quotazioni del petrolio degli anni scorsi (ne è testimonianza il bilancio 2017 che si è chiuso con un utile di oltre 3,5 miliardi di euro) e ora punta al futuro, a proseguire quel processo di “trasformazione strutturale dei modelli”, come ha tenuto a sottolineare il numero uno della società. Al di là dell’aumento del dividendo, salito a 83 centesimi ad azione dopo il taglio del 2015 a causa dei bassi prezzi del petrolio, andiamo a vedere quali sono gli aspetti più innovativi del piano.

Oltre 1,8 miliardi di euro di investimenti ‘green’

Nella strategia quadriennale 2018-2021 assume una valenza sempre più grande il percorso di decarbonizzazione e di investimenti ‘green’ (su cui il gruppo punta 1,8 miliardi) basato su quattro pilastri. Il primo riguarda la riduzione delle emissioni dirette di GHG (gas ad effetto serra) con l’obiettivo al 2025 di ridurre l’indice di intensità emissiva GHG del settore upstream (estrazione di idrocarburi) del 43% rispetto al 2014 attraverso progetti volti alla eliminazione del flaring, alla riduzione delle emissioni fuggitive di metano ed alla realizzazione di interventi di efficienza energetica.

Il secondo pilastro punta a un portafoglio oil&gas “low carbon” caratterizzato da progetti convenzionali sviluppati per fasi e a bassa intensità di CO2. I nuovi progetti upstream in esecuzione presentano break-even (punto di pareggio) inferiori a 30 dollari al barile e quindi in grado di essere sostenibili anche in presenza di scenari low carbon. Complessivamente il portafoglio Eni presenta risorse di idrocarburi a maggiore incidenza gas, ponte verso un futuro a ridotte emissioni.

La terza colonna fa leva sullo sviluppo dei business green attraverso l’impegno crescente nelle energie rinnovabili, lo sviluppo della seconda fase della bio-raffineria di Venezia, l’entrata in esercizio di quella di Gela entro la fine del 2018 ed il consolidamento nella chimica verde. Impegno evidenziato dal presidente Emma Marcegaglia che ha detto come Eni sia “tra i maggiori investitori nelle energie rinnovabili, nella chimica verde e nei bio-carburanti”. Ultimo punto, ma non meno importante, l’attività di ricerca scientifica e tecnologica alla base delle tecnologie che poi vengono concretamente applicate.

Il fulcro del nuovo piano resta l’estrazione di idrocarburi, core business del Cane a sei zampe. Complessivamente gli investimenti nel quadriennio dovrebbero essere inferiori a 32 miliardi di cui l’80% destinata al settore upstream. Il tutto in attesa del futuro rappresentato dall’affascinante progetto che Eni realizzerà con il Mit (Massachusetts Institute of Technology) per sviluppare il primo impianto che produrrà energia grazie alla fusione nucleare, fonte sicura, sostenibile, virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di inquinanti e gas serra.



Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it