L'annuncio di Twitter è arrivato e ha i canoni dell'ufficialità. È partita la sperimentazione per raddoppiare la lunghezza dei tweet. La piattaforma, che ha fatto una cifra identitaria della brevità e di quei 140 caratteri, passa a 280. Al momento la novità non riguarda tutti. Saranno degli utenti campione a poter provare l'ebbrezza di scrivere tweet che assomigliano a dei brevi post di Facebook. Poi, se la fase di sperimentazione sarà considerata soddisfacente, è probabile che la novità riguarderà ogni twittero. Ma è bastato questo annuncio per aprire immediatamente un dibattito acceso fra gli utenti. La maggior parte dei quali si sono detti contrari alla novità.
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E in effetti fra le varie implementazioni che ci si potevano aspettare (la possibilità di modificare i tweet, l'inclusione nello spazio di link troppo lunghi o eventuali integrazioni più funzionali), l'idea di raddoppiare lo spazio dei tweet sembra di fatto snaturare la piattaforma. La forza di Twitter, la sua stessa cifra identitaria, e se vogliamo anche la sua sfida è sempre stata quella di rendere la comunicazione veloce, breve e sintetica. Una sfida anche per gli utenti, chiamati a uno sforzo comunicativo capace di trovare i termini adatti per concentrare un messaggio in 140 caratteri. I tempi cambiano e le abitudini si adatteranno al nuovo. Ma il vero interrogativo è se questa piccola rivoluzione sia davvero necessaria, se non siano altre le cause di sofferenza di Twitter, se sia davvero questo il modo per raddrizzare le sorti della piattaforma.
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Secondo il colosso di San Francisco evidentemente sì: stando a una serie di test e rilevazioni sarebbe emerso che se le persone non sono costrette a sintetizzare le proprie espressioni in 140 caratteri, sorprendentemente twittano di più. Ed è con tutta evidenza un maggior numero di tweet e di relative interazioni quello a cui puntano i responsabili della piattaforma. Insomma, per sopravvivere bisogna vendere l'anima al mercato. Ma forse, osservando le dinamiche dell'hate speech online, il cambiamento potrebbe persino decomprimere l'aggressività degli utenti. Secondo la giornalista Silvia Brena cofondatrice del progetto Vox, l'Osservatorio Italiano sui Diritti: “Nella brevità di un tweet comprimiamo i nostri sentimenti: attraverso 140 caratteri ci alleniamo a urlare emozioni, rabbie, frustrazioni che spesso non riusciamo a elaborare in altro modo”. Ecco, magari, non volendo i tweet extralarge potrebbero diventare un modo per disincentivare gli hater. Quanto a coloro che si dicono contrari a questa mini-rivoluzione, fra i quali mi schiero in prima linea, respiriamo col naso e riflettiamo prima di inveire. In fondo nessuno ci obbliga a utilizzare tutti i 280 caratteri: potremo tranquillamente continuare a usarne 140.