In conferenza stampa da Helsinki, il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha risposto ad una domanda sulle ingerenze russe sulla politica italiana dicendo: "Io penso che i cittadini votino con la loro testa ne abbiamo lette di tutti i colori sugli hacker russi. Penso che in Italia come in Francia a Malta e negli Stati Uniti ognuno abbia votato con la sua testa". Il 12 luglio scorso la procura di Roma ha stabilito che dietro l’hashtag #MattarellaDimettiti non c’era alcuna rete di troll russi. Niente botnet moscovita, niente Ira, (la Internet Research Agency di San Pietroburgo), niente operazione propaganda da parte di società informatiche vicine a Vladimir Putin. Di più: la procura dice che si è trattata di un'invenzione giornalistica.
I fatti di un anno fa
Nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2018, il Presidente della Repubblica decise di non dare l’ok a Paolo Savona ministro dell’Economia. Sui social fu il delirio. Delirio vero. Insulti al Capo dello Stato, richieste di dimissioni, alcuni invocarono la morte di Mattarella. #MattarellaDimettiti divenne l’argomento più discusso su Twitter. Decine, forse centinaia di migliaia di tweet. Il social si divise in due fazioni nette e contrapposte: pro e contro il Capo dello Stato. Forse è stata la prima volta in cui la polarizzazione delle discussioni online si fece così netta. C’era l’Italia del governo del cambiamento, e l’Italia che lo osteggiava.
A distanza di qualche ora vennero fuori le prime ipotesi. Alcuni account erano a buona ragione sospetti. Avevano prodotto un volume enorme di tweet con l’hashtag #MatterellaDimettiti. Si rilanciavano tra di loro. Odoravano di botnet, una rete di account falsi creati per far crescere una discussione sui social. Ne avevano la forma e il ‘vizio’ ideologico. Un account divenne piuttosto famoso in quei giorni. Si sospettava fosse un troll data l’attività registrate con #MattarellaDimettiti. E siccome dai contenuti condivisi sembrava anche filo putiniano, si stabilì per deduzione che poteva essere non solo un troll, ma anche un troll russo; un prodotto delle tecniche informatiche nate dalla famigerata dottrina Gerasimov.
I troll russi erano utenti italiani
Eppure ad alcuni, inascoltati allora, non era sfuggito già in quelle ore un aspetto: l’utente non era un troll, non era russo, anzi era italiano e reale: @Elena07617349, account poi sospeso da Twitter per violazione delle norme del social (qui è ricostruito bene l’errore che ha indotto i media a credere nella tesi russa).
Eppure i russi non sono stati invocati solo in occasione dello ‘storm’ #MattarellaDimettiti. Vengono tirati in ballo ogni volta che si ha il sospetto che la propaganda di alcuni partiti sia mossa, come una marionetta, dai fili dello cyberspazio mossi dal Cremlino. Quando non si comprende qualcosa, è colpa dei russi. Quando le discussioni sembrano premiare una certa parte politica, è colpa dei russi. Quando si vuole attaccare il proprio avversario politico, lo si accusa di fare propaganda con le fake news supportate dai russi.
Il problema è che al momento non ci sono mai state prove sulla reale influenza dei russi sui social, sulle discussioni o sulla diffusione di fake news. Questo non vuol dire che non lo facciano, ma non ci sono le prove. Mancano i fatti, e sappiamo quanto la loro scomparsa sia stato un danno per l’immagine del giornalismo sull’opinione pubblica. E tocca poi a una procura mettere le cose in ordine e bollare tutto come invenzione giornalistica. Tecnicamente, una fake news, una notizia inventata.
Il complottismo sui social
Internet (quindi i social) è un mondo complesso. È una tecnologia relativamente nuova, in veloce mutamento e piena di zone d’ombra. È ‘oscura’ come tutti i prodotti delle società tecnologicamente avanzate. E dietro questo ‘oscuro’ si celano le ombre che qualcuno ne muova i fili. Come i russi nel caso della propaganda.
Ma non è l’unico caso. È stato così quando i 5 stelle avevano una potenza sui social pressoché totale, imbarazzando gli avversari. Alcuni cominciarono a ipotizzare l’esistenza di una perfetta macchina della propaganda online, fatta di gruppi, pagine e troll, che avrebbe portato il Movimento ad un dominio politico incontrastato grazie alla rete. Oggi sappiamo che non solo non era perfetta, ma nessuno si azzarderebbe più ad elogiarla e a ritenerla imbattibile.
Poi fu il turno de La Bestia di Salvini e Morisi: sofisticati e segretissimi grafi sociali in grado di orientare la comunicazione social del ministro dell’Interno in maniera infallibile. Anche in questo caso solo suggestioni (qui un'inchiesta di AGI), ma de La Bestia non c’è traccia, solo ipotesi e sospetti. Ora, magari a San Pietroburgo c’è davvero una squadra che sta muovendo tutto e noi ne siamo tutti vittime, non c’è prova che non sia così. Ma è un’ipotesi. E a basare le proprie convinzioni sulle ipotesi si passa per tonti. O per strumenti di propaganda.
@arcangeloroc