Non fraintendetemi. Lo so perfettamente che sui social (Facebook, Twitter, Instagram) non si parla di altro che del “disastro”, come titola oggi Le Figaro, che ha colpito uno dei simboli del Cristianesimo e dell’Europa tutta. Ci sono le immagini e i commenti. Ci sono i complottisti, i benpensanti, i difensori dell’Europa, i semplici amanti della bellezza e dell’arte. Ci sono i cretini che insultato Macron, i francesi e Bruxelles.
Ci sono i video che mostrano la guglia e il tetto crollare e l’impotenza di chi osserva tutto dai propri device e c’è la facciata annerita con i gargoyle, testimoni immobili di una tragedia che ha catturato l’attenzione del mondo. Sui social, com’è normale nel 2019, c’è tutto. Ogni angolazione, ogni particolare, ogni frame, ogni parola. A parte, forse, una cosa.
Parlo di un silenzio che non dovrebbe apparirmi strano se, forse, con questo marasma digitale, non avessi a che fare tutti i giorni. È un silenzio, a pensarci proprio bene, doveroso e doloroso. È il silenzio dei profili social, ufficiali, della Cattedrale di Notre Dame che provo a osservare, a intervalli regolari, da quando è scoppiato, ed è stato domato, l’incendio.
Non un tweet, non un post su Facebook, non una foto su Instagram. Come il tempo si fosse fermato. Come se i social, giustamente, fossero diventati l’ultimo dei problemi di chi, quei profili, li gestisce. È una scelta, certamente. Una scelta forte, coraggiosa. Non facile ma encomiabile.
Ma è anche un grande stimolo alla riflessione: davanti a un pericolo così grande, quello di non poter più raccontare uno dei luoghi più spirituali e affascinanti della nostra Storia, si è deciso di fermarsi e aspettare. I social, sembra strano, possono aspettare. Il silenzio, totale, vale più di ogni cosa. Per gli aggiornamenti, le narrazioni, i commenti ci sono i profili dei politici, delle istituzioni, delle forze di polizia, delle agenzie e dei giornalisti. Per le polemiche, purtroppo, quelli delle singole persone.
Grazie a questa scelta, mi sono ricordato che non c’è nulla di più assordante, anche in rete, soprattutto in rete, del silenzio. In particolare quando, accanto, tutti strillano. In capse lock o meno. Su Facebook l’ultimo messaggio è relativo alla Domenica delle Palme. Su Twitter, il messaggio fissato in alto è dedicato al Mercoledì della Ceneri. Su Instagram l’ultima foto racconta della bellezza di un’alba a grande altezza. E tutto questo dice moltissimo.
Mi sembrava giusto, in questa mattinata di pensieri dopo la grande paura, rendere omaggio a chi, ancora una volta, ci ha mostrato come dalle identità digitali e dalle piattaforme-community, ogni tanto, è meglio astenersi. Ci sarà tempo, e nuove occasioni, per riprendere in mano quei profili e raccontare della ricostruzione, della rinascita, della nuova vita di uno dei simboli dell’umanità. Anche sui social.