Marzo 2018, nel flusso della rete brilla la supernova Cambridge Analytica, dando vita a un trend topic con risvolti politico-sociali chiaramente deflagranti e, forse, propiziatori di una riconfigurazione dei rapporti con i colossi di Silicon Valley. Vengo rapito da due altre news contingenti: “Google contro le fake news” e “Come cancellarsi da Facebook”.
I commenti, alcuni in particolare, mi hanno colpito in maniera profonda. Il posizionamento di Google nei confronti del fenomeno della disinformazione online sembra portare alla solita, quanto sterile, polarizzazione “tv e stampa sono il regno delle fake news, internet è il paradiso”, mentre il boom di tutorial su “come cancellarsi da Facebook” pare colpire molto poco gli utenti più esperti. Si può affermare che sono notizie di una certa importanza solo per chi usa internet come medium sociale generalista?
La verità sta nel mezzo: emergono nuove piattaforme social, soprattutto tra i più giovani. Un punto sul quale bisognerebbe cominciare a ragionare, soprattutto per smontare la retorica dei nuovi media contrapposti a quelli vecchi. No, funzionano tutti assieme e c'è poco da fare, perché nel frattempo sono le persone a cambiare, scegliendo nuovi ambienti mediologici da vivere. Se avete tra i 35 e i 55 anni e vi sta a cuore il futuro di Facebook, mentre ai vostri figli no, per niente, c'è poco da preoccuparsi, è tutto normale e fisiologico.
La polemica potrebbe essere quasi insignificante; personalmente trovo l'affaire Cambridge Analytica meno interessante delle altre due notizie, o dell'hashtag #deletefacebook. Nel 2012 Obama usava delle app esplicitamente politiche per estrarre il dato grezzo dall'audience digitale e poi darlo in pasto alla filiera di costruzione del consenso, per un political packaging il più possibile aderente alle esigenze dell'elettore.
Narwhal, la gigantesca operazione di Obama per la raccolta dati, la profilazione e la localizzazione degli elettori, al fine di produrre messaggi personalizzati e raccogliere il massimo dalla campagna elettorale digitale, è sembrata una grande operazione di democrazia. Allora cosa è cambiato nel frattempo?
Cambridge Analytica ha usato una app non dichiaratamente politica, “thisisyourdigitallife”, raccogliendo dati ed elaborando modelli psicografici, utili al microtargeting. Cosa che all'epoca Facebook permetteva, e che, come ammesso in un post dello stesso Zuckerberg, avrebbe forse dovuto controllare meglio. Colpe ben precise sembrano difficili da individuare, nello specifico.
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Businesses that make money by collecting and selling detailed records of private lives were once plainly described as "surveillance companies." Their rebranding as "social media" is the most successful deception since the Department of War became the Department of Defense.
— Edward Snowden (@Snowden) 17 marzo 2018
"Facebook guadagna sfruttando e vendendo dettagli intimi sulla vita privata di milioni di persone, ben oltre i pochi dettagli che pubblichi volontariamente " - ha detto Snowden - " Non sono vittime. Sono complici. "
Il tweet di Edward Snowden già potrebbe essere sufficiente a liquidare una faccenda che ha ben poco di scandaloso e suona molto più come un “ve l'avevo detto”. Come riporta l'Ansa, Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook, ha dichiarato invece ”Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l'opportunità di rispondere alle domande poste dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni".
Un atto sostanzialmente dovuto, dopo l'invito da parte di Agcom a fornire informazioni riguardo il collezionamento dei dati utilizzati "per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi".
"In questo senso, abbiamo già fatto i passi più importanti alcuni anni fa, nel 2014, per impedire ai malintenzionati di accedere alle informazioni delle persone in questo modo. Ma dobbiamo fare certamente di più", ha sottolineato Zuckerberg nel lungo post che ha dedicato al caso.
Tra il post di Mark Zuckerberg e il tweet di Snowden sembra innescarsi quasi un virtuale duello da western all'italiana, ma stavolta l'uomo col fucile perde contro l'uomo con la pistola. Le troppe parole del fondatore di Facebook, le sue scuse e il rivendicare azioni di contrasto verso l'uso indiscriminato dei dati, risultano vane, tutto sommato poco vicine alla realtà: il business di Menlo Park è fondato sui dati e le poche parole di Snowden focalizzano bene questa problematica.
Forbes ha indicato una perdita di oltre 5 miliardi di dollari per quello che ormai viene definito come un nuovo Datagate.
Occorrono nuovi strumenti per intermediare e regolamentare il settore digitale, che somiglia troppo al far west, e al contempo bisognerebbe ricordare che anche quando ci si registra al supermercato per la tessera dei punti, c'è qualcuno dall'altro lato del terminale che usa i nostri dati, a partire dall'anagrafica, per i propri fini commerciali.
Quando si installa una nuova app, quando si visita un nuovo sito, o ci si registra a un portale, bisogna imparare a leggere e capire i termini di servizio, inutile lamentarsi dopo, quando si scopre che qualcuno ha usato quegli stessi dati, forniti in modo consensuale. Generalmente a un servizio gratuito corrisponde lo sfruttamento dei dati forniti dall'utenza.
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La tessera punti del supermercato offre i prodotti in premio, i social network uno spazio online per foto, ricordi, interazioni; ma questo è il passato. Gli smartphone diventano sempre più grandi, i giovani li usano come tv personale per le proprie serie tv. Si sta diffondendo la rete wireless a 5ghz e l'internet delle cose, tutto si acquista online e a breve detteremo la lista della spesa a una app che la farà recapitare poco dopo da un drone.
Quello che probabilmente fa più paura al cittadino digitale sono gli aspetti psicologici ed emozionali della vicenda, come se il caso Cambridge Analytica avesse comportato quasi un furto di personalità, grazie all'elaborazione dei tratti dall'attività quotidiana su Facebook, elaborati tramite modelli psicometrici e comportamentali.
Parafrasando quanto scriveva nel 1967 Guy Debord, o meglio sostituendo “spettacolo” con “social network”, forse si hanno molte più risposte di quante si possano trovare, ricercando un senso a questi avvenimenti nelle timeline, nelle bacheche e nei motori di ricerca di oggi.
"È il principio del dominio della società mediante “cose sensibilmente sovrasensibili” che si compie assolutamente nel social network, dove il mondo sensibile è rimpiazzato da una selezione di immagini che esiste al di sopra di esso e che è riconosciuto come il “sensibile per eccellenza”. Il mondo, al contempo presente e assente, che il social network fa vedere è il mondo dominato su tutto ciò che è vissuto"