L’intelligenza artificiale cambierà la società come la conosciamo e ha già cominciato a trasformare il mondo del lavoro. Ad esempio, il destino dei camionisti sembra essere segnato da quando lo scorso anno Uber ha comprato Otto, una start up che si occupa di automatizzare la guida degli autocarri. Un settore che fa gola anche ad altre aziende tecnologiche. Infatti, solo in America, l’industria degli autotrasporti muove circa 10 miliardi di tonnellate di merce ogni anno per 726 miliardi di dollari di ricavi nel 2015, più di Google, Amazon e Walmart messi insieme. L’automazione consentirà di ridurre i costi e migliorare l’efficienza, ma porterà anche una maggiore sicurezza sulle strade di cui tutti beneficeranno. Allo stesso tempo, però, bisognerà gestire i 3 milioni di camionisti americani che rimarranno, se non a piedi, sicuramente senza volante.
Quello dell’autista non è l’unico mestiere a rischio. Oltre ai lavori manuali con azioni ripetitive, qualsiasi occupazione che consiste nel manipolare e analizzare informazioni in maniera prevedibile o attraverso modelli teorici potrebbe estinguersi. Tra qualche anno non ci ricorderemo più degli operatori dei call centers, dei ragionieri, degli analisti finanziari, e, probabilmente, neanche dei programmatori. Un rapporto di McKinsey ha stimato che la metà dei lavori svolti oggi in Italia da persone fisiche potrà essere automatizzata. Significa che tra poco più di un decennio circa 11 milioni di lavoratori italiani potrebbero essere sostituiti da una macchina. Non credo il saldo sarà tanto negativo. Alcuni mestieri spariranno, altri cambieranno, altri ancora se ne aggiungeranno. Non sarebbe la prima volta. Pensate al mercato dei viaggi e delle vacanze: da un lato le agenzie di viaggio tradizionali sono praticamente scomparse con le prenotazioni via internet, dall’altro sono nate nuove figure professionali con nuove competenze, ad esempio quelle legate al web marketing. In tutti questi casi il risultato è stato un miglioramento del servizio.
Stavolta il rischio che le cose vadano diversamente esiste, perché non si riesce a comprendere fino in fondo la portata del cambiamento in corso. A differenza degli anni ’80, quando l’invasione dei robot rimase fantascienza, oggi la convergenza di tecnologie hardware e software ha reso maturi i tempi per l’intelligenza artificiale. Non solo i nuovi algoritmi di machine learning, o apprendimento automatico, sono sempre più avanzati ed efficaci, ma oggi è possibile metterli in pratica grazie alla velocità e alla potenza di calcolo raggiunta dai computer. Per questo si parla di rivoluzione, invece che di modernizzazione.
Una trasformazione radicale avverrà sicuramente nel settore sanitario. Robot infermieri sostituiranno le badanti, e altri robot consentiranno ai chirurghi di compiere operazioni sempre meno invasive. Tute per la riabilitazione che monitorano e aiutano i movimenti, braccialetti sonori per persone con disabilità visive, e altri dispositivi intelligenti incideranno sulla qualità di vita dei pazienti con disabilità, ma anche sulla sostenibilità a lungo termine dei sistemi di assistenza sanitaria.
L’intelligenza artificiale non porterà però benefici a tutti e sarà necessario occuparsi di chi rimarrà senza lavoro e sprovvisto delle competenze tecniche per adattarsi e riciclarsi. Per evitare il peggio, bisogna preparare al meglio le nuove generazioni. In un mondo che cambia velocemente, sarà fondamentale insegnare bene le conoscenze di base, integrandole con nozioni pratiche al passo coi tempi che facilitino l’inserimento iniziale nel mondo del lavoro. Questo significa che non solo è necessario riformare i programmi scolastici da subito, ma bisogna renderli flessibili e dinamici. Non avrà più senso aspettare che una legge decida cosa insegnare in classe. Le scuole dovranno diventare delle startup con professori pronti ad aggiornare rapidamente lezioni e metodi di insegnamento.
Una delle sfide più importanti dei prossimi anni sarà proprio preparare i giovani al mondo del lavoro. Già adesso è difficile fare previsioni con 5 anni di anticipo, figuriamoci quando i bambini di oggi dovranno scegliere a quale corso di laurea iscriversi! Quel che sembra certo è che serviranno nuove figure professionali più tecniche e qualificate per gestire sistemi tecnologici sempre più complessi. Se l’Italia vuole restare al passo, servono investimenti per incentivare allo studio e aumentare il numero di laureati, che oggi è troppo basso. Il diploma o la laurea però non saranno più un punto di arrivo, ma i lavoratori del futuro dovranno tenersi aggiornati, essere flessibili e bravi ad adattarsi. Il capitale umano diventerà sempre più importante per la competitività delle aziende e le macchine non soppianteranno gli esseri umani, anche se avranno un ruolo crescente nella società in generale. Come ha detto il professor Yann LeCun, uno dei pionieri degli algoritmi di apprendimento profondo e direttore per la ricerca sull’intelligenza artificiale a Facebook, “se siamo capaci di creare macchine con intelligenza superiore a quella umana, è probabile che non saremo tanto stupidi da renderle abbastanza potenti da distruggere l’umanità.”