Partiamo dalla fine e dal post che Ikea pubblica ieri, all’ora di cena, per svelare un mistero che durava ormai da ventiquattro ore. Un post, su Facebook, che sottolinea il successo di un esperimento con numeri strepitosi in termini di “mi piace”, “commenti” e “condivisioni”. Ma non fatevi ingannare: è tutta superficialità.
Ma che cosa è hhsdjh?
Tutto è partito da un altro post, apparso venerdì sera, che ha destato l’ironia della rete. Sei lettere, sconnesse, senza significato, che sembravano in apparenza un errore: hhsdjh. La rete, in pochi minuti, si è scatenata: chi ha pensato al sequestro dello smartphone da parte del figlio del social media manager, chi a una passeggiata del gatto sulla tastiera, chi a una vendetta del dipendente appena licenziato, ma ancora in possesso degli accessi. E chi ha iniziato a giocare con Ikea e con le sue peculiarità: “La parola dobbiamo montarla noi?”. Quello che sembrava un errore è diventato un gioco.
Poca originalità, a dirla tutta
Ma con il passare delle ore si è capito che dietro a quell’errore c’era un esperimento social. Nessuna grande azienda, cara Ikea, ci mette così tanto a reagire a un errore. Non in tempo di perenne “crisis management”. Si cancella (errore!) o si avverte il proprio pubblico del problema chiedendo scusa, in pochi attimi, sperando nell’assenza di screenshot. L’inerzia è sospetta, da sempre. Nella vita come nei social. Impossibile che nessuno, nell’area digital del colosso svedese, non si fosse accorto del problema.
Insomma, un #Covfefe nostrano (ve la ricordate la gaffe di Trump?) che ha dato i suoi scontati frutti e che già lunedì avremo posto nel nostro personale dimenticatoio. Certo, Ikea ci ha guadagnato in engagement, in reach e in qualche pezzo online, ma dietro a questa operazione, in termini di valore, non c’è nulla. Solo un’iniziale risata, colma di derisione, che si spegne presto. Per fortuna.
Perché dovremmo smetterla di giocare così con i social
Diciamocela tutta: ma Ikea ha bisogno di un esperimento del genere? Una pagina con 27 milioni di like guadagna qualcosa titillando i nostri istinti di messa in ridicolo dell’altrui mancanza? Oggi samo arrivati al punto per cui, sui social, non c’è davvero altro che rabbia e ironia, obbedienza politica e messa alla gogna dell’errore. Strappare un sorriso, rapido e indolore certo, può essere ottenuto anche con maggiore profondità di pensiero e azione. Con intelligenza.
Ci lamentiamo ogni giorno del fatto che Facebook sia diventato ormai un posto invivibile, pieno di superficialità e privo di ragionamenti. Sarebbe opportuno, anche per le grandi aziende, provare a fare pulizia dentro a un contenitore, in cui tutti siamo immersi, pieno di sporcizia e menefreghismo. E condividere contenuti di valore, non giochi noiosi e poco originali.