La notizia dirompente è che adesso Facebook vi vuole bene, molto di più rispetto al passato, e per questo vuole concedere più spazio, per voi e i vostri cari. In realtà, la vera notizia è un'altra, ovvero che Zuckerberg pensa a introdurre una criptovaluta per conferire al suo ecosistema un nuovo grado di interazione sociale, che porterebbe a una maggiore chiusura degli utenti all'interno del social network. L'idea è sempre quella di cercare di fornire tutto quanto l'utente possa cercare nell'ecosistema mediale, per colonizzare al massimo il tempo e l'attenzione. Cerchiamo di fare un po' di chiarezza, rimettendo a posto i pezzi del puzzle.
Cominciamo dai numeri: circa 2 miliardi di utenti, Whatsapp e Messenger contano ognuno il proprio miliardo di utenti attivi e interagenti, quasi un altro miliardo di utenti li porta in dote Instagram. Una galassia internet che rappresenta in pratica oltre la metà degli utenti in chiaro della rete mondiale ed esprime cifre da capogiro, qui il report completo.
La partita delle fake news
Se una persona su tre rispetto al totale dei connessi a internet nel mondo è statisticamente compresa nell'utenza del social network americano, forse il problema è altrove. In primis politico, perché nel 2016 Facebook è stato utilizzato come veicolo di influenza sociale, anche grazie alle fake news, per generare propaganda e consenso, sfruttati al meglio da Donald Trump.
L'offensiva su base memetica e crossmediale del candidato repubblicano, che in realtà ha strategicamente colonizzato prima altri media tendenzialmente di nicchia come 4chan e Reddit, per poi allargare il campo al social medium di massa e ai canali più tradizionali come tv e stampa, ha messo a nudo le vulnerabilità del sistema democratico dinanzi a strumenti che possono entrare sempre più sotto la pelle, o meglio nella mente, degli utenti.
Per quanto Zuckerberg inizialmente abbia provato a glissare, ci hanno pensato prima Sean Parker, fondatore di Napster e primo presidente di Facebook, poi Chamath Palihapitiya, ex dirigente a Menlo Park, a scoperchiare il vaso di Pandora sui problemi che il social network genera in termini di manipolazioni cognitive e emozionali. Cose che riguardano i singoli cittadini, ma anche le istituzioni, non solo politiche, basti pensare al rischio di infodemia in caso di emergenze, come dimostra l'ormai esemplare Jade's Helm.
Archiviato il 2017 come anno in cui Facebook ha dovuto in parte arrendersi nella lotta contro le fake news, incassando inoltre, assieme agli altri big high tech, una sostanziale, quanto tardiva, presa di posizione critica verso il mondo digitale, a volte anche un po' eccessiva, Zuckerberg è partito al contrattacco, come testimoniano le sue dichiarazioni.
"Abbiamo creato Facebook per aiutare le persone a rimanere in contatto tra di loro. Ecco perchè abbiamo sempre messo gli amici e la famiglia al centro. Alcune ricerche dimostrano che il rafforzamento delle nostre relazioni migliora la nostra felicità. Ma recentemente abbiamo ricevuto dalla nostra community delle lamentele sul fatto che i contenuti dei media e dei marchi stavano rimpiazzando i momenti personali, quelli che ci portano a rimanere in contatto con gli altri".
Se tutto ciò sembra inoppugnabile, il resto è ancora più interessante: "Il primo cambiamento che vedrete sarà nel News Feed, dove vi potrete aspettare di vedere di più dai vostri amici, dai vostri familiari e dai gruppi". "Vedrete meno contenuti pubblici da aziende, marchi e media".
In soldoni, Facebook ha modificato l'algoritmo e di conseguenza il processo di interazione di circa 2 miliardi di persone, qualche centinaio di milioni di grandi, medie e piccole aziende, enti, associazioni, chiunque usi il social medium. Innanzitutto si alzerà l'asticella per chiunque voglia acquisire visibilità, ovvero costerà di più ai soggetti che fanno marketing; poca roba per i colossi, tanta roba per i piccoli. Il risvolto politico, con le elezioni alle porte, lo vedremo presto nel nostro paese, anche per via della seconda considerazione: aumentare le interazioni tra soggetti omofiliaci, cioè che nel social network condividono stesse cose, passioni, interessi, significa rafforzare le bolle.
La criptovaluta, i dati e il marketplace che c'è già
In tal modo la passività dell'utente, che difficilmente troverà contenuti diversi da ciò che si aspetterebbe di vedere, probabilmente aumenterà. Un processo che rafforzerà anche le fake news: se da un lato i piccoli soggetti diffusori di bufale potrebbero avere un contraccolpo nelle visualizzazioni, dall'altro l'esposizione nelle bolle socialmediatiche a un maggior numero di contenuti condivisi dagli utenti stessi, sfavorirebbe ogni processo critico e di confronto.
Altro dato su cui riflettere: considerando che la fase di crescita di Facebook sta entrando probabilmente in una fase di stallo difficile da contrastare, a Menlo Park avranno pensato bene di estrarre più dati possibili dalle interazioni degli utenti attuali, rafforzando le bolle e avviando al contempo una nuova fase di corsa alle sponsorizzazioni da parte dei privati. Tutto ciò, mentre si studia il modo di introdurre la criptomoneta di Facebook e del resto il marketplace già c'è.
La domanda che dovrebbe sorgere a questo punto è se, certamente in maniera morbida e meno invasiva, il gigante di Silicon Valley stia o no pensando di seguire le orme del Social Credit System in Cina. Nel paese del Sol Levante, a partire dal 2020 dovrebbe entrare in vigore definitivamente un progetto nel quale le interazioni degli utenti, attraverso il social network di regime, verrebbero analizzate e quantificate in un punteggio sociale. Questo punteggio garantirebbe al cittadino determinati standard, o meno, fino alla privazione dei diritti civili e forse anche della libertà personale nei casi estremi, grazie anche a un sistema di controllo sociale strettissimo.
Per ora dalla Cina abbiamo notizie certe solo di pene pecuniarie per attraversamenti stradali indisciplinati, mentre il riconoscimento facciale di Facebook si limita, ad esempio, a segnalare se qualcuno ha caricato una nostra foto, ma l'idea di fondo è uguale: ergersi al di sopra di ogni struttura tradizionale, configurandosi come dispositivo autonomo, che si presuppone legittimo perché usato e condiviso da tutti. In pratica, il conformismo sociale elevato a stile di vita.
Le tecnologie delle piattaforme digitali stanno andando in una direzione sempre più stringente nei confronti degli utenti: la profilazione a fini di marketing di Amazon è uno dei tanti esempi, ma stiamo parlando di una scelta che il consumatore esegue, si spera, in propria coscienza, mentre Facebook sta di fatto imponendo un recinto digitale, enorme ma pur sempre circoscritto, nel quale gli iscritti trovano sempre nuove cose con cui interagire – prima le relazioni umane, poi le notizie, i contenuti multimediali, il mercatino, domani magari anche il lavoro e la moneta – e fortunatamente la sua governance non sembra distopica come quella cinese.
Fortunatamente, ancora non viviamo esattamente in Black Mirror.