Le camere dell'eco minacciano la democrazia liberale?
Internet ha reso disponibile una quantità sterminata di informazioni e punti di vista differenti. Nondimeno, la polarizzazione rende difficilissimo un dibattito che porti gli estremi a una posizione mediana

La democrazia non è in pericolo per colpa dei social network, ma dobbiamo stare attenti a non cadere nelle trappole della polarizzazione, dove fake news, shit storms e disintermediazione, rischiano di mettere seriamente in discussione i presupposti della liberal-democrazia.
È questo quello che, insieme a Gianmarco Pondrano Altavilla, ricercatore e presidente del Centro Gaetano Salvemini, siamo riusciti a verificare in una ricerca che abbiamo appena pubblicato sulla rivista MicroMega. Si tratta di un lavoro molto particolare. Intanto perché raramente succede che due ricercatori con il profilo tanto diverso tra loro si mettano al lavoro per lavorare su un argomento di questo genere. Gianmarco Pondrano Altavilla è infatti uno storico, di tradizione liberale ed insegna storia delle dottrine politiche. Un profilo molto lontano dal mio. Io infatti sono un fisico, mi occupo di complessità e con Walter Quattrociocchi, ho lavorato molto sul tema delle fake news e della misinformation. Proprio questo è stato il campo su cui abbiamo inteso lavorare. In particolare abbiamo voluto mettere alla prova gli assiomi della teoria liberale alla luce dei risultati conseguiti nel corso delle nostre ricerche su fake news e misinformation e anche sulla base di esperienze concrete maturate sul campo.
Internet e pensiero liberale
Il pensiero liberale è alla base delle democrazie occidentali. In particolare, uno dei suoi assiomi stabilisce la necessità di avere un pluralismo di opinioni, pluralismo che va protetto con meccanismi di tutela delle minoranze e delle diversità. Da qui l'assunto che il confronto fra idee diverse sia in grado di modificare le convinzioni delle persone, facendo circolare la conoscenza. E' quindi facile capire perché l'avvento di internet sia stato salutato come un evento epocale che, abbattendo le barriere spazio-temporali alla comunicazione, avrebbe fatto nascere l'intelligenza collettiva attraverso il confronto delle idee e la collaborazione delle persone.
Tuttavia questo principio è stato messo in discussione dalla scoperta di un fenomeno noto come camere dell’eco. Gli studi empirici indicano anche che il fenomeno, sebbene inasprito dai filtri algoritmici dei social media e dalla presenza dei bot, sia squisitamente dovuto ai bias cognitivi umani, stimolati dalle modalità di interazione in rete. I contrasti ideologici - sale della democrazia - portati in rete senza le dovute cautele rischiano quindi di fratturare il sistema invece che di arricchirlo con una varietà di opinioni, con la conseguenza di separare le persone in comunità reciprocamente in guerra.
Inoltre, nel corso delle nostre ricerche, abbiamo anche avuto modo di verificare che queste camere sono quasi del tutto impenetrabili: i due gruppi rimangono piuttosto fermi nelle loro opinioni anche quando si dimostra loro che le informazioni su cui stanno basando le loro decisioni, sono false. Questo comportamento implica l’impossibilità di una evoluzione del dibattito verso posizioni mediane più costruttive.
Come favorire il dialogo?
Non tutto però, viene ingoiato dalle camere dell’eco ed è interessante capire cosa succede quando i meccanismi della polarizzazione non riescono a portarci nei loro abissi, perché innestati in contesti (al di là, e al di fuori dei social) “sani”, vale a dire con elementi che possono favorire il dialogo una volta portati online. In tale direzione è utile l’analisi che è stata effettuata sulla fruizione delle testate giornalistiche “mainstream” in lingua inglese (con un campione di circa 360 milioni di utenti).
In questo particolare caso, si osservava che applicando vari algoritmi di clustering risultava sempre una divisione delle testate in comunità, ma che a differenza del caso delle camere dell’eco “pure” una frazione “non nulla” di utenti si distribuiva a cavallo di due o anche tre comunità, ovvero si informava su più fonti, avendo presumibilmente posizioni intermedie rispetto alle tesi delle “camere dell’eco” cui faceva riferimento. La presenza di tali utenti, pur non essendo prova diretta della presenza di un dialogo, ne costituisce condizione necessaria. Soprattutto, offre la possibilità di cominciare a ragionare intorno ad approcci che permettano di superare il problema.
In primo luogo occorre sforzarsi di evitare i fenomeni di polarizzazione. Buona parte della comunicazione politica ha già scoperto tali meccanismi e li sta usando pesantemente, con vantaggi sul breve termine (polarizzare è più semplice ed efficace che discutere). Di conseguenza, tutti i difetti dell’uso del medium informatico (mancanza di empatia, difficoltà di valutazione a causa della velocità di trasmissione delle informazioni, aggregazione solo con chi la pensa come noi) stanno subendo un processo di radicalizzazione, con il rischio che i processi democratici vengano profondamente distorti.
La soluzione che appare maggiormente praticabile al momento (ma che naturalmente va messa alla prova in maniera sistematica), è quella di rendere gli utenti consapevoli di tali meccanismi e manipolazioni, operando “al di fuori delle camere d’eco”, dal vivo.
Cosa ha insegnato il progetto Bracciano Smart Lake
Questo è, almeno in parte quanto abbiamo cercato di fare nel corso della realizzazione del progetto Bracciano Smart Lake. Il progetto, nato in occasione della crisi idrica del 2017, è stato anche la palestra nella quale, insieme a giornalisti e ad esperti di comunicazione, abbiamo potuto verificare “sul campo” alcuni dei processi che avevamo precedentemente analizzato nel corso delle nostre ricerche. In quella occasione, siamo riusciti implementare una piattaforma informativa che è stata in grado di raccogliere un pubblico molto ampio intorno a tematiche puramente tecniche (il livello idrometrico del lago) al punto che anche le istituzioni locali hanno scelto di utilizzarla per la loro comunicazione ufficiale in merito alla crisi. La scelta ha permesso di amplificare la voce degli enti locali e ha favorito una “istituzionalizzazione” del conflitto e la sua sottrazione ad ulteriori dinamiche di polarizzazione.
Nel corso della crisi inoltre la piattaforma ha attivato un canale bidirezionale che ha coinvolto gli utenti dei social (fino a 90 mila persone al giorno raggiunte nelle settimane più critiche) e li ha coinvolti nella fase di acquisizione delle informazioni in un contesto che può essere definito di Citizen Science. I risultati così ottenuti sono stati utilizzati da diversi ricercatori e gli studi effettuati sono confluiti in un poster che è stato premiato dall'Accademia dei Lincei. Si tratta chiaramente solo di una esperienza singola. Ma estremamente significativa nel segnalare quanto una ben condotta opera di approccio dal vivo e la costruzione del confronto su temi ristretti e tecnici online, possano essere le due strade da seguire per riportare il sistema ad un assetto “sano”, nel quale la diversità non sia fattore di chiusura ma di arricchimento e di generazione di dubbi e di approfondimento.
Soprattutto è un singolo esempio che indica una possibile necessità di cambiare paradigma. Insomma, sforzarsi sempre di trovare nuove strategie di comunicazione ed essere pronti a riconsiderare le proprie convinzioni. Come dice Giorgio Nardone in un suo bellissimo intervento al festival del giornalismo ("La nobile arte della persuasione"), il vero persuasore cambia non solo l'altro, ma anche se stesso nel processo di convincere: in tale processo non si può – tramite l’empatia – non finire per diventare entrambi un pò più simili.
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