I rischi per la salute psicofisica dei bambini derivanti da un uso troppo precoce e troppo esteso delle tecnologie digitali nei primi anni di vita non sono né pochi né banali. E non vanno sottovalutati. Nonostante il fenomeno sia recente, la letteratura sul tema non manca: si sa che l’esposizione a smartphone, tablet, pc e videogiochi può produrre danni sia fisici che cognitivi, per non parlare degli effetti sull’equilibrio personale. Quello che finora mancava era un’adeguata conoscenza sul loro utilizzo da parte dei piccoli al di sotto dei 6 anni e sulle attitudini e le pratiche dei genitori in proposito.
A colmare almeno in parte questa lacuna ci ha pensato il Centro per la Salute del Bambino di Trieste, che in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri tra maggio e agosto 2016 ha condotto un’indagine su tutto il territorio nazionale per approfondire questi aspetti.
La ricerca
La ricerca, che è la prima in Italia e una delle poche a livello internazionale, si è svolta tramite la raccolta di questionari rivolti ai genitori, che li hanno compilati online attraverso i siti e i social o in forma cartacea durante le visite pediatriche di controllo: in tutto sono stati ritenuti validi 1.349 questionari, 745 raccolti in Rete e 604 dai pediatri. Le domande miravano a scoprire le caratteristiche delle due popolazioni di genitori — nella quasi totalità si è trattato di mamme — che hanno partecipato all’indagine
- età
- livello d’istruzione
- lingue parlate
- età del bambino
- l’idea che si sono fatti sull’utilizzo delle tecnologie digitali
- il tipo di dispositivi presenti in casa
- il modo in cui vengono utilizzate
- il tempo concesso
- le motivazioni per cui si decide di non impedirne l’uso.
A rischio il rapporto con la lettura
Ma c’è stato lo spazio anche per sondare il rapporto con la lettura: una domanda non casuale dal momento che è ormai risaputo che i nuovi media riducono la capacità di attenzione e aumentano la difficoltà di concentrazione e di comprensione (oggi si sa di più, ma si comprende meno) e secondo alcuni esperti, tra cui la neuroscienziata Maryanne Wolf, allontanano i bambini dalla “lettura profonda”, quella più lenta, in cui si fanno collegamenti e si riportano alla mente le esperienze. Non casuale anche se si pensa all’importanza che il Centro per la Salute del Bambino attribuisce da sempre alla lettura condivisa, esperienza che promuove attraverso “Nati per leggere” come una delle buone pratiche per garantire una crescita sana e una relazione adulto-bambino di qualità.
I risultati fanno riflettere. O almeno dovrebbero. Perché ciò che emerge è innanzitutto il fatto che già a bambini con meno di un anno il 30,7% dei genitori raggiunti dai medici di famiglia lascia qualche volta o spesso il cellulare in mano, percentuale che scende al 17,2% nel gruppo che ha risposto online, ma che poi sale con differenze molto meno marcate con l’aumentare dell’età, fino a raggiungere quasi l’80% nella fascia dai 3 ai 5 anni .
Un tablet per "tenerli buoni"
Un altro dato interessante riguarda la percentuale di bambini che utilizza il dispositivo preferito (smartphone e tablet, quest’ultimo in particolare dai 3 anni in su) per più di un’ora al giorno: supera il 5% nella fascia 0-12 mesi, mentre rimane di poco al di sotto del 30% nella fascia 3-5 anni della popolazione interpellata dai pediatri, una popolazione con un livello d’istruzione più basso ma certamente più rappresentativa della popolazione generale.
Fa pensare anche ciò che induce i genitori a non impedire ai figli pur piccolissimi di avvicinarsi a questi strumenti: in entrambi i gruppi almeno un terzo delle mamme e dei papà usa il cellulare o il tablet per “tenerlo buono”, percentuale che aumenta rapidamente con l’età del bambino.
L’unica notizia positiva è che la maggior parte lo fa in modo condiviso, utilizzando le tecnologie (tutte, compresa la tv) prevalentemente insieme ai bambini.
Dall'insonnia all'obesità, i rischi per i più piccoli
Di fronte a questo scenario secondo i curatori della ricerca, che si richiamano alle recenti raccomandazioni dell’Accademia Americana di Pediatria, del Social Sciences and Humanities Research Council del Canada e di un documento del progetto europeo Elinet, serve un maggior impegno da parte di tutti coloro che si occupano a vario titolo d’infanzia nel ribadire i rischi associati a un uso precoce ed eccessivo delle tecnologie digitali e nel dare qualche indicazione per un impiego appropriato.
C’è una consapevolezza sempre più diffusa delle conseguenze che quest’esposizione produce sulla salute mentale, provocando ansia, insonnia, aggressività e una ridotta capacità di empatia, mentre non c’è altrettanta coscienza dei pericoli fisici dovuti all’immobilità prolungata, che può causare obesità, diabete tipo 2, disturbi ostearticolari e disturbi visivi per non parlare degli effetti delle onde elettromagnetiche, che possono generare tumori cerebrali e problemi riproduttivi.
Al tempo stesso non c’è sufficiente evidenza del fatto che al di sotto dei due anni, età in cui le interazioni dirette dei più piccoli con i genitori e il mondo che li circonda sono fondamentali e indispensabili per garantire un sano sviluppo del bambino nella sua globalità, i benefici legati all’uso di questi strumenti sono assai limitati.
La limitazione all'uso delle tecnologie digitali parte dal buon esempio
Che fare, dunque, partendo dal presupposto che appare improbabile bandire dalla nostra quotidianità smartphone e tablet e che limiti e proibizioni raramente originano comportamenti virtuosi? Innanzitutto dare il buon esempio, usandoli meno possibile quando si è in compagnia dei bambini,
- eliminarli a tavola
- non concederli prima dei 2 anni
- limitarne il tempo di utilizzo
- utilizzarli insieme accompagnando il bambino nella scoperta del mezzo e nella visione delle immagini
- scegliere programmi, videogiochi e app di qualità (ce ne sono!) e adatti all’età.
"L'uso esteso sottrae tempo e spazio alla relazione genitori-figli"
Perché come dice Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la Salute del Bambino, "noi non siamo contrari alla tecnologia: siamo contrari all’uso autistico della tecnologia". E un uso delle tecnologie digitali troppo precoce, esteso e non condiviso, prima e oltre i rischi evidenziati, "sottrae tempo e spazio alla relazione genitori-figli e compete con altre modalità di interazione molto più costruttive per la relazione e lo sviluppo del bambino" come leggere, ascoltare musica, giocare, passeggiare.
Un papà sempre connesso, come quello raccontato nel bellissimo libro di Philippe de Kemmeter (Emme Edizioni), rischia di essere un papà virtuale, mentre i bambini e le bambine per crescere hanno bisogno di relazioni in carne e ossa, di contatto fisico, di baci, di sguardi, di fare le cose insieme, di ricordi da condividere: quello che fanno un papà (reale) e sua figlia nella storia narrata in “Chiedimi cosa mi piace” (Terre di mezzo editore). Che poi vale anche per noi grandi, non vi sembra?
Per approfondire:
- “Tecnologie digitali e bambini: un'indagine sul loro utilizzo nei primi anni di vita” - Medico e Bambino - Balbinot V., Toffol G., Tambulini G.