Cyberspazio, quali minacce per la disinformazione
Come evitare che le echo-camber uccidano il dibattito della democrazia? Con sinergie e "complessità"

Il cyberspazio rappresenta un'opportunità ma introduce anche nuove minacce; per diffondere la conoscenza delle minacce e delle opportunità del cyberspazio, il consorzio CINI aveva pubblicato nel 2015 il primo Libro Bianco della Cybersecutity. A distanza di tre anni, esce la versione 2018 del Libro Bianco, con l’obiettivo di delineare un insieme di ambiti progettuali e di azioni possibili a supporto (ma anche a complemento) di quelli previsti nel DPCM Gentiloni in materia di sicurezza cibernetica. Fra le novità più importanti, il riconoscimento della necessità di attivare azione abilitanti atte ad anticipare la risposta ad attacchi sociali.
Un rischio per il sistema-paese
Le tecniche della disinformazione nell’era digitale hanno fatto sì che la disinformazione rappresenti una minaccia per la sicurezza e la stabilità del sistema-paese, in cui anche l’intelligence si trova a dover assumere un nuovo ruolo nel contrasto alle nuove forme di manipolazione. Per avere nuove chiavi di lettura che ci aiutino a comprendere come, grazie ai social media, la disinformazione possa essere utilizzata da Stati e attori non-statuali per raggiungere i propri scopi influenzando e sfruttando uno o più settori della società, bisogna analizzare l’uso di nuovi e potenti strumenti di manipolazione delle percezioni basati su internet e social media.
La complessità dei fenomeni della realtà è apparentemente accessibile a tutti, ma non sempre in modo comprensibile: il nostro sistema cognitivo fatica ad adeguarsi a nuovi concetti come incertezza, complessità, probabilità, tendendo a favorire sintesi e narrazioni più semplici (o semplificate) e quindi rassicuranti. In questo contesto cambiato va affrontato il problema antico della diffusione delle notizie false e delle sue conseguenze. Per garantire una migliore comprensione del problema nel contesto attuale e mettere a punto risposte efficaci, è quindi necessario mettere in atto una serie di iniziative e sinergie su più piani.

La sfida principe consiste nell’evitare che le echo-chamber legate alle diverse visioni del mondo si “polarizzino” sino al punto in cui venga a morire il dibattito necessario all’essere in atto di una democrazia compiuta. Dobbiamo pertanto creare sinergie per progettare e implementare strumenti ad hoc per il monitoraggio e il sensing dell’opinione pubblica online che permettano di capire gli argomenti polarizzanti del momento, al fine di poter intervenire in maniera tempestiva o ancor meglio preventiva prima che il dibattito degeneri in uno scontro fra due fazioni senza contatti. Da questo punto di vista, la necessità di abbassare le barriere disciplinari indica la complexity science come un possibile framework interdisciplinare per aggregare dati e modelli, mantenendo una componente fortemente quantitativa che eviti l’eccesso di speculazioni.
Tale visione non rimane però confinata sul piano astratto: vengono indicati infatti i punti salienti ed i tool della strategia di contrasto alla disinformazione online:
- Monitoraggio e sensing dello spazio informativo sui social media
- Misura del grado di polarizzazione
- Early Warning dei potenziali argomenti che possano essere veicolo di informazioni false/fuorvianti/strumentali
- Benchmarking dell’efficacia dei vari tipi di comunicazione
Una volta raggiunti tali obiettivi, si potranno integrare i mezzi e le tecniche sviluppate per tutelare la biodiversità degli ecosistemi dell’informazione online, dove per biodiversità si intende la coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali che raggiunge un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni. Anche per l’informazione, la diversità è ricchezza (John Stuart Mill, “Saggio sulla libertà”, Capitolo III).
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