Il capomafia di Vittoria è tornato in libertà
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Il capomafia di Vittoria è tornato in libertà
Ti faccio vedere come si ammazza un uomo con un colpo solo”.
Aveva avuto paura di sparare, il killer (poi pentitosi) che nel Milanese avrebbe dovuto ammazzare un uomo, Francesco Trainito, e che invece lasciò il compito al proprio complice.
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Fu così che Filippo Ventura iniziò la sua carriera delittuosa e di sangue, confermando la “freddezza” imputatagli dalla Dna: guardò il mancato killer, e subito dopo aver pronunziato quella frase fece fuoco.
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Da quella drammatica giornata del gennaio 1989 sono passati 28 anni. Da allora, “u marmararu” (ingiuria assegnata al Ventura) ha trascorso molti anni in galera continuando a comandare dalla gattabuia estorsioni ed intimidazioni per conto dei figli e del fratello Titta.
Non sono bastate né le diverse condanne, né i fiumi di parole della Direzione Nazionale Antimafia o della Direzione Investigativa Antimafia: il capomafia di Vittoria, con alle spalle carcerazioni oltre che per associazione mafiosa per omicidio, estorsioni, rapine, armi, spaccio di sostanze stupefacenti è ritornato ieri in libertà.
A Vittoria, in un territorio così drammaticamente segnato dalle stragi di mafia, dai morti ammazzati, dalle infiltrazioni fra economia legale ed illegale, il segnale è devastante. Lo sarebbe ovunque, in qualsiasi territorio, ma a maggior ragione in un Terra dove i simboli sono tutto. In un lembo di Sicilia che vanta il mercato ortofrutticolo più importante del sud Italia e la sua filiera, purtroppo, anche la più colpita da episodi intimidatori di stampo mafioso.
Non si capisce come sia possibile che la Corte di Cassazione confermi la carcerazione preventiva per il genero (Marco Di Martino) ed i figli (Angelo e Jerry) del capomafia Ventura, affermando che: “Jerry Ventura ed Angelo Ventura facevano parte del clan fondato e diretto dal padre Filippo e ne costituivano un imprescindibile snodo, perché, potendo andare a colloquio con il padre detenuto, ne trasmettevano poi gli ordini agli altri sodali”.
No, non si capisce come sia possibile che i figli, accusati di portare gli ordini fuori, siano dentro e chi inviava gli ordini, cioè Filippo, sia tranquillamente ritornato in libertà.
Assurdo, inoltre, che il fratello di Filippo, Giombattista (detto Titta), mettesse in atto le estorsioni ordinate dal germano e nulla sia (ancora) accaduto per dare giustizia a chi ha subito la forza dell’intimidazione.
Neanche il “41-bis”, cioè il carcere duro per i mafiosi, è riuscito a contenere la furia delittuosa dal capomafia Ventura, cosa accadrà adesso che ritorna in libertà?
E’ possibile che chi deve intervenire, non delegando sempre tutto alle Forze dell’Ordine o alla magistratura inquirente, rimanga in silenzio?
Sono questi gli effetti degli sconti di pena o dei diversi decreti “svuota carcere”?
E’ davvero arrivato il momento di dimostrare che “delinquere non conviene”, perché se questo segnale non verrà dato sarà difficile convincere la gente a denunciare. Molto difficile. E questa battaglia, fosse anche soltanto simbolica, lo Stato non la può perdere, perchè avremmo perso tutti, accontentandoci di urlare che “la mafia ci fa schifo” e favorendone poi gli interessi.
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